Nel dicembre del 2013 scrissi questo post, sulla preoccupante situazione degli ulivi che si andava delineando nel Salento. Vi raccontai che girava la notizia che moltissimi ulivi della zona Salentina si stavano “inspiegabilmente” ammalando, disseccandosi e morendo. L’accusato era un batterio chiamato Xylella fastidiosa.

ulivi pugliesi
(Olivi pugliesi — archivio fotografico dell’Azienda Pia Serrilli)

Pareva che gli ulivi fossero stati “contaminati”, per qualche ragione inspiegabile, da questo batterio (che prima d’allora non aveva mai attaccato questo tipo di pianta), e si parlava di eradicare *centinaia di migliaia* di alberi secolari, o di irrorare tutta la zona con veleni per via aerea (!!!).

I coltivatori più informati e gli ecologisti si mossero subito per cercare di capire cosa diavolo stesse accadendo e come fermare lo scempio, e si sperava di riuscire, tramite vie politiche, il dialogo, la diffusione della notizia e altro, a ragionare con le istituzioni europee, ministeriali, regionali, locali e sanitarie e trovare una soluzione al problema, più morbida e razionale.

A distanza di più di un anno la questione si è arroventata, la pazienza dei coltivatori è terminata (è partita anche una diffida) e la situazione è diventata esplosiva, in vista delle decisioni imminenti che stanno per essere prese. Non riesco a esprimere lo sdegno che provo leggendo i fatti che si susseguono. Mi limito a riassumervi un articolo interessante uscito due giorni fa, e a fare qualche considerazione personale.

Il suddetto post riassume in breve l’infinita serie di eventi che si sono susseguiti in questi mesi; lo scorso Novembre ne ha parlato persino il National geographic, scrivendo, tra l’altro: “Le piante colpite erano probabilmente indebolite da tecniche colturali errate o scarse, con potature estreme che favoriscono l’ingresso di patogeni e altri fattori antropici che avevano precedentemente colpito l’agroecosistema”.

La questione è così scottante che è stata addirittura inserita in un rapporto dell’Eurispes sui crimini agroalimentari in Italia (anche detti “Agromafie”). Nel rapporto c’è scritto che la Xylella fastidiosa venne introdotta ufficialmente in Italia per la prima volta all’Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari, per fini di sperimentazione.

L’antefatto

Nell’ottobre 2010, un anno prima che inizino i problemi, si svolge nel suddetto istituto un workshop sulla Xylella, batterio *non presente in Europa*, ma che secondo gli esperti può arrivare da noi facilmente attraverso le importazioni di legname extraeuropeo.

Il fatto

Nel 2011 cominciano ad arrivare segnalazioni di ulivi che seccano all’improvviso; nel 2013 gli ulivi che si seccano diventano tantissimi, e si inizia a indagare sulle possibili cause, che vengono ristrette in tre possibilità (un fungo, un lepidottero e la Xylella); quasi subito ci si concentra su quest’ultima; stranamente però la Xylella è conosciuta per attaccare agrumeti e vigne (soprattutto in Brasile e California) e non ulivi.

Cito l’articolo: “Come mai, pur essendo noto per decimare viti e agrumi, nel Salento Xylella si è concentrato sugli ulivi e non ha attaccato agrumeti e vigneti? Il fenomeno del disseccamento si è diffuso a macchia di leopardo, come mai? Chi sta facendo da vettore, visto che l’insetto (un tipo di cicala) che veicola questo batterio non vola neanche per 100 metri? E come mai Xylella avrebbe colpito il Salento, in aree a 200 chilometri di distanza rispetto a Bari, dove il batterio è stato introdotto in via ufficialmente sperimentale?”

Fatto sta che quello stesso anno arrivano *2 milioni di euro* dalla Regione e *3 milioni di euro* dal Governo per fronteggiare l’emergenza (e si attende una decisione dall’Europa per un ulteriore cospicuo stanziamento di fondi). Non voglio nemmeno prendere in considerazione gli interessi che potrebbero essersi sviluppati. Si parla di nuovo, come vi raccontai, di eradicazione degli alberi, di pesticidi spruzzati dagli elicotteri, di radere al suolo tutta la macchia mediterranea del posto, e così via.

Per fortuna volontari, ambientalisti e agricoltori non accettano la logica del gettare i bambini con l’acqua sporca (oltre al fatto che l’analisi è palesemente frettolosa, superficiale e con tutta probabilità interessata), e si rivolgono ad alcuni consulenti privati, che delineano un quadro della situazione piuttosto diverso.

Nell’articolo si legge: “Il rapporto menziona e riporta una dichiarazione di Ivano Gioffreda, dell’Associazione Spazi Popolari, (il quale è noto peraltro in quanto sostiene di avere curato e di poter curare gli ulivi malati con dei rimedi semplici e biologici): sebbene vengano individuate varie concause al disseccamento degli ulivi è assurdo che venga attribuita la patologia ad un solo agente indicato come patogeno; a tutt’oggi mancano ancora in letteratura studi che individuino la patogenicità del batterio per l’olivo; non è stato ancora individuato il ceppo di appartenenza del batterio né la famiglia di appartenenza dell’insetto vettore”.
Alla luce di queste conclusioni, si prende la decisione di sottoporre la questione alla magistratura.

Sulla rete

A metà novembre fondazioneterradotranto.it dedica un post molto interessante al “Bluff del mal affaire Xylella”.

Il giorno immediatamente successivo salviamoilpaesaggio.it, riprendendo stralci dell’articolo di cui sopra, pubblica il post: Salento: gli ulivi risorgono, smascherando la bufala del “batterio killer. Nell’articolo c’è scritto che recandosi nell’area cosiddetta “infetta” molti alberi sono “in pieno vigore rigenerativo”, senza aver subìto alcun tipo di trattamento.

Il “terribile batterio” viene descritto come “presente ovunque e da sempre nel Salento in maniera del tutto asintomatica”, le parassitosi come “fenomeni naturalissimi e transitori, e al più effetti di squilibri in cui intervenire ricostruendo gli ecosistemi, ripiantando di più, anche proprio le piante colpite, e favorendo così anche il ritorno dei predatori naturali, quanto più autoctoni possibile, dei parassiti, per ripristinare equilibri alterati a volte dallo stesso uomo”.

Nel post si parla anche di “legàmi di accordi e convegni di diversi enti ed associazioni di categorie, scese in scena in questi giorni, con le ditte delle industrie che speculano sulle biomasse; il finanziamento delle ricerche di università d’oltre oceano, oggi coinvolte nella questione Xylella in Puglia, da parte di multinazionali della agrochimica e degli OGM (guardate questo video), il progetto Alellyx (che è impressionantemente l’anagramma del nome Xylella, con cui i colossi mondiali delle multinazionali degli OGM e dei brevetti sulle sementi “sono entrate ad egemonizzare le economie dei paesi del sud America, utilizzando la Xylella, come cavallo di Troia, per imporre varietà brevettate, presentate come ad essa resistenti, al posto della tradizione agricola delle locali genti, per la produzione in prevalenza di bioetanolo”.

Una decina di giorni fa Teatro Naturale pubblica il terrificante elenco delle sostanze che andrebbero utilizzate per combattere il “pericolosissimo” batterio: “si dovranno utilizzare sostanze come il Buprofezin irritante degli occhi e della pelle, tossico per l’ambiente acquatico, il Dimetoato già utilizzato per il controllo della mosca dell’olivo, neurotossico anche se inalato, l’Etofenprox che non percola in falda ed ha una persistenza al suolo abbastanza bassa ma uccide anche altri insetti utili come le api.

Anche la Deltametrina è tra le sostanze previste per i trattamenti, è neurotossica, non è selettiva, e negli anni passati è stata la causa di ritiro dal mercato di alcuni prodotti che la contenevano; la Lambda cialotrina, tossica per gli organismi acquatici e nociva per inalazione. Di grande preoccupazione la possibilità di utilizzare il Clorpirifos metile, ad elevata tossicità anche per inalazione, tossico per gli organismi acquatici e gli insetti utili, e l’Imidacloprid, un neonicotinoide sistemico già responsabile di una vasta moria di api e di uccelli insettivori, dalla persistenza che ricorda quella del DDT.

Lo studio pubblicato recentemente su Nature, dall’olandese Institute of Water and Wetland Research riguardante questa classe di insetticidi, aveva già svelato la tossicità e la persistenza dei neonicotinoidi che vengono assorbiti dalla pianta solo per un 5%, rimanendo invece attivi nell’acqua e nel suolo per ben 1000 giorni, studio poi rinforzato dalle indicazioni dell’EFSA che aveva portato la Commissione Europea a decidere per due anni la sospensione di alcuni composti di questa classe di insetticidi.”

Le istituzioni

Anche la Commissione Agricoltura alla Camera dei Deputati nel dicembre 2013 sostiene che “il batterio xylella fastidiosa è stato immesso in piante di ulivo sane in ambiente protetto e non si sono riprodotti i sintomi del disseccamento rapido e bruciatura”. E ipotizza che “il disseccamento che colpisce gli ulivi possa essere stato favorito dall’uso di pesticidi, in particolare il Roundup (contenente glifosate), e di fungicidi. La Puglia, secondo i dati ARPA, è al quarto posto in Italia nell’uso di fitofarmaci ed è in crescita nella provincia di Lecce.” (ipotesi ventilata anche dal sito dei Georgofili)

Colpo di scena

Incredibilmente viene fuori che la Magistratura, nella persona del PM Elsa Mignone, *non può indagare* sull’Istituto Agronomico di Bari perché quest’ultimo “gode di immunità totale” (caso unico nello scenario mondiale!!) e dichiara “di non poter estendere le indagini su questi aspetti, cioè su quella che potrebbe essere la fonte del fenomeno, salvo che lo stesso Istituto decida volontariamente di rinunciare all’immunità e collaborare con la magistratura”.

È di qualche giorno fa un articolo su trnews.it, che titola: “Xylella, un milione di ulivi infetti, ma per i test scientifici sono solo 234”. Il post annuncia, dolorosamente: “Ormai la linea pare tracciata, irreversibile: nel giorno in cui il commissario straordinario Giuseppe Silletti presenta a Roma la bozza del suo piano d’azione, si sa che la fascia di eradicazione degli ulivi aumenterà da 1 a 15 chilometri (…) Si comincia con 20-30 mila piante, ha annunciato Silletti a Racale, la scorsa settimana”.

E adesso?!!

Intanto domani la questione verrà presentata alla Commissione agricoltura del Senato. Io, per non saper né leggere né scrivere, ho un sacco di domande da parte dei cinque pianeti in vergine. Ad esempio, leggevo qualche giorno fa che nel Salento alcuni coltivatori aspettano che le olive cadano al suolo per raccoglierle, e che spesso dànno una bella spruzzata abbondante di diserbante sotto gli olivi, larga quanto la loro chioma, in modo che le olive non si nascondano nell’erba.

E mi chiedo se al patibolo non stia andando un batterio (geneticamente mutato?), che anche se cattivone, nella fattispecie è innocente, al posto di un diserbante che meriterebbe di sparire per sempre dalla faccia della terra (e che oltretutto alla luce delle ultime notizie è anche inutile… avete letto?).

La Domenica delle Palme a Lecce, in Piazza Sant’Oronzo, ci sarà una manifestazione di disobbedienza civile (pare che la Coldiretti abbia proibito la benedizione dei ramoscelli della settimana Santa quest’anno), durante la quale tutti porteranno un rametto di olivo in simbolo di resistenza.

Voi che ne pensate? Confortatemi, ditemi che anche voi sembra che ci sia qualcosa che non quadra in tutta questa storia, che non sono la sola a rimanere a bocca aperta e con le braccia cadute per terra. E se è così anche per voi, scandalizziamoci insieme. Meglio così che questo silenzio, assordante.