Qualche settimana fa il National Organic Standards Board ha respinto le istanze di attivisti, agricoltori e aziende, che chiedevano di “considerare, nel biologico, solo il terreno”, votando invece per consentire ai coltivatori di ortaggi idroponici di etichettare i loro prodotti come “biologici”.

orto sul terrazzo

Gli ortaggi idroponici. Voglio dire. Secondo voi, una pianta cresciuta in acqua, dove li prende i minerali, i nutrienti necessari per star bene, e come fanno le sue radici a comunicare con quelle delle altre piante, senza essere ben piantata nella terra, insieme a tutte le sue amiche che si chiamano piante spontanee?

È come pretendere che un bambino nasca e si sviluppi in un’ampolla di plastica invece che nel ventre di sua madre. Prima o poi a quanto pare ci si riuscirà lo stesso, ma non voglio neanche immaginare che tipo di persona/animale possa nascere da un’operazione del genere.

Andiamo oltre, ché voglio parlarvi di cose belle. Come avrete capito, anche negli Stati Uniti come da noi, la certificazione sta progressivamente perdendo significato; adesso che il bio è un grandissimo affare, le maglie che accolgono i prodotti “organici” si fanno via via più larghe. È successo così che il Rodale Institute, una grande associazione americana non profit fondata nel 1947 per supportare la ricerca nel campo dell’agricoltura naturale, e dell’ecologia in genere, ha deciso di concentrarsi sulla finalizzazione di una nuova certificazione per la salute del suolo, molto più concentrata sulla terra che sui suoi frutti rispetto a quella “organica”, e che anzi supera di molto gli standard di quest’ultima.

Questo nuovo modo di intendere la coltivazione della terra è stato definito “agricoltura rigenerativa”. Oltre che al pensiero, appunto, del dottor Jerome Irving Rodale, si rifà anche a quello di Rudolf Steiner: l’obiettivo è incrementare l’humus della terra e quindi la sua fertilità, perseguire il benessere degli animali allevati, la stabilità economica e la tranquillità in genere dei contadini, e più in generale il creare comunità ed ecosistemi resilienti.

Tutto ciò, insomma di cui blatero qui sul pasto nudo (e dovunque mi sia concesso di blaterare) ormai da anni. Mi sembra pure troppo bello per essere vero. Non siamo soli nel mondo!! E la parte buona di noi, quella che ci spinge a evolverci nella giusta direzione, che si contrappone alle nubi nere che spesso ci sembra ci sovrastino, circola ovunque, si diffonde e cresce a grande velocità. Ce la possiamo fare.

orto sul terrazzo

Se ben ricordate, con questo modo di fare agricoltura — ancora senza la definizione — cominciammo ad averci a che fare già nel lontano 2010, quando seguimmo gli esperimenti del mitico Giancarlo Cappello, ai tempi della Civiltà dell’orto di Sacrofano. In seguito abbiamo ritrovato lo stesso orientamento (coltivare la terra, non le piante) quando abbiamo conosciuto Roberto Carboni e la sua Tenuta Le More, di cui vi ho parlato qui e qui, e naturalmente nei discorsi di Alex Podolinski, di cui vi ho parlato qui e qui.

peperoni napoletani

Ne segue che è da quando ho deciso di impiantare un orto sul terrazzo di casa che sto provando, con alterne vicende, a traslare tutto questo sapere anche sulle piante in vaso, e non quelle qualsiasi, come fiori ed erbe aromatiche, che molto volentieri si adeguano alla situazione. Inseguo la gioia di vedere nascere e svilupparsi ortaggi e frutti veri e propri, rigogliosi come in piena terra :-D

Con il tempo mi sto rendendo conto di quanto la cosa sia complicata; una situazione nella quale il terreno a disposizione è molto limitato, la pianta è racchiusa in un guscio (di legno o terracotta quando va bene, di plastica quando va male) dal quale non può esulare, e quindi l’apparato radicale non è immerso nella terra se non per uno spessore molto limitato, esposto alle intemperie, dipendente dall’apporto idrico che noi le offriamo, non è esattamente il massimo perché le cose procedano bene, e applicare il no tillage in un vaso è una sfida non da poco.

calendula

Secondo voi mi sono arresa? Ma non esiste proprio. Ho piantato tutto quello che avevo a disposizione di non ibrido, facendo vari esperimenti, mi sono messa in osservazione e man mano che passano i mesi e gli anni sto imparando da loro, dalle piante, talmente tante cose che non so nemmeno se è possibile trasmetterle per iscritto. Oltretutto l’orto in vaso sul terrazzo presenta anche qualche piccolo vantaggio: niente talpe, cinghiali e altri mammiferi a distruggere il lavoro fatto (gatti di casa scavatori e uccelli però sì!), ed essendo in alto, è più lontano dall’inquinamento cittadino (anche se siamo in campagna le macchine, i trattamenti antizanzare, la pulizia delle strade e compagnia bella ci sono lo stesso!).

papaccelle

Osservare è fondamentale. Ad esempio, avendo un terrazzo in pieno sole ero convinta che le piante prendessero luce e calore in qualunque posizione le mettessi; non avevo pensato però che il mio terrazzo ha dei muri alti circa un metro e mezzo. Quando il sole è alto e perpendicolare, nella bella stagione, tutto ok; in autunno e in inverno invece, il sole passa nel cielo mantenendosi molto basso, e quindi le piante che si trovano vicino al muro esposto a sud passano tutto il giorno al buio o.O

salvia in vaso

Quando me ne sono accorta ho dovuto fare vari spostamenti, mettendo le piante che necessitano di tanta luce come gli ortaggi, nella parte più luminosa, e quelle meno esigenti, o più alte, che quindi superano il muro, nella parte quasi sempre all’ombra. Cosa abbastanza delicata, perché le piante sono pesanti, soprattutto quando vengono innaffiate, e quindi non si possono spostare tutte sul lato “migliore”, se non vuoi farti cadere in testa il soffitto.

broccolo siciliano

Dopo l’osservazione, c’è l’applicazione delle esperienze imparate in questi anni, tutte molto vicine all’agricoltura rigenerativa di cui parlavo poc’anzi. In primis, l’attenzione nel coltivare va sempre al suolo, prima che alle piante. La terra nella quale gli amati virgulti devono affondare gioiosi le loro radici deve essere piena di nutrienti, brulicante di lombrichi e morbida come una mousse (per questo gli orti non andrebbero mai calpestati). Oltretutto questo la renderà anche una vera e propria cura per noi umani, come potete leggere qui.

ferocactus recurvus

Questo risultato è molto molto più difficile ottenerlo in vaso che in pieno campo: convincere i lombrichi ad abitare in un vaso di coccio, o al meglio in una mezza botte di legno (di quel tipo di appartamento per adesso ne ho solo uno) non è facilissimo. L’obiettivo non può essere ottenuto con la terra appena comprata; deve passare del tempo durante il quale le piante ci vivono dentro in condizioni non ottimali.

papaccelle

Poi con il tempo, se i vasi sono abbastanza grandi (ve lo dico per esperienza, più sono grandi meglio è) a forza di nutrire amorevolmente la terra con compost casalingo ben maturo e fermentato, incoraggiare in ogni modo la presenza di insetti e animaletti vari, e proteggerla con copertina di pacciamature di fieno o di foglie e resti di piante preferibilmente cresciuti sul posto, la terra assume un aspetto e una consistenza colloidale, plastica; non si tratta più di un semplice supporto farinoso, come la sabbia, ma di una roba viva, profumata e vibrante; solo tenendola in mano e avendoci a che fare potete capire cosa intendo.

olivo itrana

Parliamo adesso delle annaffiature, argomento che quest’anno è particolarmente scottante. In un mondo perfetto alle piante basterebbe la pioggia, che arriva sempre in condizioni di umidità perfetta per la salute delle piante. Come vi ho già detto infatti precedentemente, se annaffiando in un giorno secco bagnate le foglie le mettete a dura prova.

Rispetto alla piena terra, in vaso l’acqua evapora molto più velocemente, e quindi bisogna sempre fare una grande attenzione, principalmente nei periodi caldi, a mantenerla sempre umida. Uno degli accorgimenti perché la terra si mantenga umida più a lungo possibile è innaffiare al tramonto, quando l’aria diventa più fresca. Per lo stesso motivo, quando invece fa molto freddo e tende a gelare, è meglio annaffiare poco, solo se è proprio necessario, e al mattino, quando il sole è appena sorto e ha tutto il giorno per dare alla terra un po’ di tepore.

rosmarino strisciante

L’acqua del rubinetto di casa di solito (almeno da queste parti) è molto sbilanciata verso il calcareo, e ovviamente clorata, come tutta l’acqua comunale; quello che faccio io è usare acqua osmotica per quelle (ancora pochissime) piante che tengo all’interno di casa e, quando posso, per i fiori sui balconi. Per l’orto invece ho posizionato due grandi contenitori riciclati, uno di rame e uno di vetro, che nei mesi piovosi raccolgono l’acqua piovana.

Nei mesi siccitosi li riempio con acqua di rubinetto, aspetto qualche ora per far evaporare il cloro e poi annaffio con quella. Non è il massimo, ma per adesso il meglio che sono riuscita a fare. In attesa di provare a vedere se posso risolvere la cosa con i microrganismi effettivi (di cui vi parlerò in seguito) o con un depuratore a monte della casa che abbatta il calcare (e salvi così anche gli elettrodomestici tutti, poracci).

ferocactus recurvus in fiore

Bene! credo di avervi offerto anche stavolta diversi input. Se avete domande (o, ancora meglio, risposte) io quando non sono sul terrazzo (che devo andare a controllare se il ferocactus ha aperto i fiori che vedete qui sopra, non mi posso perdere l’evento!) sono qui. Non mollo! :-D