Oggi vi presento un altro formaggio dell’azienda di Loreto Pacitti, un po’ più amichevole del Caso Peruto e decisamente più “aromatizzato” della Ricotta Moscia. Parente alla lontana del Conciato Romano delle Campestre che abbiamo assaggiato (virtualmente) la volta precedente, ma con una personalità totalmente diversa, forse meno originale, ma sicuramente più versatile.

pacitti conciato di san vittore

Questo tipo di Conciato ha radici antichissime. Origina dai Sanniti, gente che, come tanti popoli antichi, tradizionalmente conservava le proprie produzioni in modo che durassero un anno intero, per avere scorte in caso di carestie. Le erbe aromatiche con le quali il formaggio è “conciato” (origano di montagna, salvia, timo serpillo, coriandolo, ginepro, rosmarino e finocchietto selvatico) servono appunto a proteggere il formaggio dalla formazione di batteri patogeni, e al tempo stesso lo “conciano”, assicurandogli un carattere particolarissimo.

Viene stagionato al massimo 90 giorni (a differenza del conciato romano, che arriva anche a due anni di stagionatura) e le forme sono un po’ più grandi del suo parente campano, perché l’invecchiamento non avviene nelle anfore come il conciato romano. Anche il sapore, come vi accennavo sopra, è molto più delicato del Conciato Romano.

In questa declinazione il Conciato è prodotto esclusivamente nella bassa ciociaria, nei comuni di Picinisco e di San Vittore. Naturalmente è prodotto con il latte di pecore al pascolo, che in inverno sono alimentate prevalentemente con fieno prodotto in situ. Può sembrarvi puntiglioso, ma sono proprio i dettagli, badate bene, che legano strettamente il prodotto al territorio, caratterizzano il suo gusto e lo rendono superiore ai formaggi “normali”, sia per sapore che per proprietà nutrizionali.

In questo articolo, su Qualeformaggio, che qualche mese fa ha scatenato un po’ di polemiche, Stefano ci mette in guardia sulle differenze tra i vari conciati.

pacitti conciato san vittore

Dal pezzo ho capito che c’è una grossa differenza se un formaggio viene prodotto da un pastore o da un caseificio: nel secondo caso il latte non viene prodotto necessariamente sul posto, ma il caseificio lo acquista da uno o più pastori, a seconda di quanto formaggio richiede il mercato in quel momento. Altro paio di maniche quando il pastore e il casaro coincidono nella stessa persona, quando il latte arriva dalle pecore che si conoscono una ad una, e quando viene trasformato appena munto!

Cercando di saperne di più, per me stessa e per raccontarvelo, ho trovato anche il link ad un bel video (dura solo un paio di minuti) da guardare nel caso foste (legittimamente) curiosi di guardare in faccia il nostro Loreto, dopo tutte le volte che ve ne ho parlato! Ci sono anche vari altri video che riguardano la sua bella dimora, Casa Lawrence.

Bene! Passiamo alla ricetta che ho preparato per i lettori di Qualeformaggio. O meglio, ehm, che *zac* ha preparato (e senza essere stato minimamente minacciato!). Dovete sapere che ultimamente lo zacco si è appassionato e specializzato nel fare i risotti. Nessuno mi toglie dalla testa che uno dei motivi più importanti che lo ha spinto a farlo è che *secondo lui* io scarto troppa verdura quando cucino (tipo lui le foglie esterne dei carciofi le mangerebbe tal quali, tanto gli dà fastidio eliminarle).

risotto al formaggio conciato romano

Ad esempio in questo caso i finocchi spesso hanno quelle foglie esterne dure e fibrose che nel caso si possono riutilizzare per un brodo o per… darle alla tartaruga (li mangeranno i finocchi quegli esseri meravigliosissimi?). Di solito comunque gli scarti (tranne le foglie dei carciofi, che non so se sono adatte) li tagliuzzo per bene (a proposito, qualcuno mi regali una cippatrice casalinga! Per la festa della mamma no?) e li metto sulla terra dei vasi delle aromatiche sul balcone o nell’aiuola del patio. Non sarà bellissimo a vedersi, ma è molto permaculturale.

Beh insomma quando ci sono i finocchi zac mi caccia dalla cucina, perché ne utilizza ogni singola foglia, e non parliamo delle barbe!! Le barbe sono nostre amiche (soprattutto di zac!!). Infatti le vedrete vantaggiosamente utilizzate nella ricetta, e devo dire che in effetti il suo risotto ha quel non so che in più che vale veramente la pena di assaggiare. Quel diavolo di un Gemelli. Ascendente Leone, eh. Mica uno qualsiasi.

Ingredienti:
210 grammi di riso vialone nano
3 finocchi medio piccoli
2 spicchi d’aglio
1 noce di burro
3 fettine alte 5 mm di conciato di San Vittore
1 bicchiere di vino bianco
olio extravergine d’oliva
sale marino integrale
pepe nero in grani

per il brodo:
due o tre gambi di sedano
una carota
una cipolla
gambi di prezzemolo
due foglie di alloro

Per prima cosa mondate e lavate le verdure e mettetele in acqua fredda, a fuoco molto basso. Se avete poco tempo potete sciogliere un cucchiaio di dado da brodo biologico senza lievito (o di dado fatto in casa) in un litro d’acqua bollente.

Tagliate le fettine di conciato a dadini piccoli e mettetelo da parte. Lavate, asciugate e tagliate a fettine sottilissime i finocchi senza gettare le barbe. Coprite il fondo di una padella con un velo d’olio e metteteci i due spicchi d’aglio schiacciati insieme alle barbe dei finocchi tritate finemente con il coltello.

Lasciate soffriggere a fuoco basso finché l’aglio e le barbe non avranno rilasciato nell’olio gli olii essenziali. Quando il soffritto avrà un bell’aspetto e un buon profumo versate in padella le fettine di finocchio; alzate la fiamma e mescolate continuamente con un cucchiaio di legno per farle rosolare uniformemente.

Quando i finocchi saranno ben rosolati toglieteli dalla padella con una schiumarola e metteteli da parte in una ciotola coperta, lasciando sul fondo della padella il sughetto che scola quando li tirate su.

Versate il riso nella padella e fatelo tostare a fiamma alta, mescolando continuamente con delicatezza fino a quando non farà quel rumore caratteristico che somiglia a un fischio, e sarà diventato traslucido.

Sfumate con il vino bianco (vale a dire versatelo in padella e aspettate che si asciughi) poi aggiungete qualche mestolo di brodo fino a coprire appena il riso, e infine il finocchio che avevate tolto precedentemente. Appena il brodo si scalda e arriva a bollore abbassate la fiamma e lasciate cuocere a fuoco dolce. Ogni volta che il brodo si asciuga versatene un altro mestolo, mescolando continuamente, e continuate così fino a quando il riso sarà cotto.

Aggiungete una noce di burro e mantecate il riso; subito dopo aggiungete il formaggio e mantecate ancora fino a quando non sarà sciolto. Se vedete che il riso si asciuga troppo aggiungete ancora un pochino di brodo. L’aspetto dev’essere “all’onda”, vale a dire il riso dovrebbe essere abbastanza morbido da stendersi sul piatto facilmente, ma non deve colare. Spolverate con il pepe e adagiate su ogni piatto qualche filo di erba cipollina per guarnire. Servite ben caldo.