Avevo letto da qualche parte che via di Santa Cornelia era tutta diserbata sui lati della strada, vale a dire erba bruciata con diserbanti e tutto ciò che ne consegue, ma non volevo credere che ancora stessimo a questo punto. Anche perché quella strada, che porta da Roma a Formello avvolgendo progressivamente chi la percorre in un dedalo di natura inaspettata, mi sta particolarmente a cuore.

pollo al curry

Fu percorrendo quella meraviglia alberata che sei anni e mezzo fa mi innamorai di Formello, dopo aver girato tanti altri paesi dei dintorni. Così, visto che la percorriamo spesso, mi sono ripromessa di farci caso, e purtroppo le cose stanno esattamente come le avevo lette.

Guardate voi stessi la foto qui sotto; anche se ne avevo sentito parlare spesso, mi vergogno a dire che non avevo mai fatto caso a questo metro e mezzo di erba… morta. Lo spettacolo è desolante, ma come potete immaginare non si tratta solo di un fatto estetico.

via di santa cornelia diserbo

A parte la pericolosità delle erbe che magari sono appena state “irrorate” di diserbante, che ci mettono un paio di giorni a seccarsi e magari nel frattempo possono venire raccolte da persone sprovvedute (non si raccolgono mai erbe sul ciglio delle strade, ma questo non vuol dire che meriti di avvelenarti), la stupidità della cosa è nel fatto che questo veleno (quasi sempre glifosato) può accumularsi e persistere nel terreno per anni.

Leggevo su questa pagina che distrugge i microrganismi utili nel terreno essenziali per la vita delle piante, e in questo modo promuove la proliferazione dei patogeni che causano le malattie delle piante (poi uno si meraviglia che gli alberi che bordano le strade si ammalano).

via di santa cornelia

Non sono un’esperta, ma mi sono bastati un paio di click per trovare un articolo nel quale si legge: “Mentre invece oggi, nonostante l’assoluta inutilità tecnica, in quanto sostituibili con altre pratiche come il taglio o il pirodiserbo, i disseccanti vengono impiegati lungo le strade e addirittura nei giardini pubblici e privati. Soprattutto l’uso agricolo su vaste aree per disseccare l’erba prima della semina delle coltivazioni, o sotto i filari di viti, olivi e frutteri, inquina vaste aree, esponendo i terreni all’erosione, riducendo la fotosintesi, la biodiversità e l’humus, in contrasto al protocollo di Kyoto, quando la preparazione dei terreni per la semina, in ogni caso va fatta con erpici e l’erba nelle coltivazioni arboree e lungo le strade e i fossi dovrebbe essere semplicemente tagliata con semplici attrezzature.”

strade formello

Quindi a quanto pare l’erba che cresce ai margini delle strade può essere semplicemente… tagliata. Certo, è più complicato. Soprattutto se uno i soldi del comune li deve usare per comprare il glifosato dalle multinazionali agrochimiche. A onor del vero, appena entrati nel territorio di Formello niente diserbo, come potete vedere nelle ultime due foto.

Vabbeh. Solo per farvelo notare. Perché come sapete credo che la conoscenza ci renda liberi, e che sia l’unica strada per uscire dalla situazione politica nella quale siamo impantanati. Ma tanto lo sapete come la penso. Deve venire da noi.

Passiamo alla ricetta, e a una notizia così, en passant (ihihih). Che si ricollega allo zac e a quando abbiamo deciso di venire a vivere qui a Formello. Questo pollo al curry è demodé, ma è la prima cosa che lo zac mi cucinò, e mi ricordo che nonostante non fosse consapevolissimo era già molto buono. Così la mia memoria storica ha cancellato il pollo al curry dai piatti della mia travagliata adolescenza (già il fatto che si è svolta negli anni ’80 dice tutto) e lo ha inserito tra quelli benedetti della mia nuova vita, un po’ più matura e saggia.

E oggi ve lo beccate non tanto perché ho una botta di nostalgia, ma perché mi è sembrata una bella scusa per annunciarvi che il primo venerdì di giugno io e lo zac convoleremo a giuste nozze (in effetti è più un matrimonio riparatore, che mi renderà una donna rispettabile). Non ve l’ho detto prima perché lo abbiamo deciso tipo dieci giorni fa.

Sarà una cosa piccola, sottotono e riservata, e dopo ci trasferiremo da Dama D’erbe (se conoscete il non-luogo di Isabella potete rendervi conto di quanti saremo… pochissimi!). La pulcina non sta nella pelle, quasi sono contenta di non averlo fatto prima, quando non avrebbe potuto ricordare nulla.

E quindi pollo al curry sia (magari la ricetta tenetevela per quando torna il freddo), insieme alla promessa che non vi proporrò mai più ricette anni ’80 (il prossimo post pennette alla vodka eheh). Comunque buono è buono. Un po’ poco km 0, ma buono :-)

Ingredienti:
un petto di pollo felice
200 grammi di yogurt bianco intero
4 cipolle ramate piccole (circa 400 grammi)
200 grammi di latte di cocco
2 cucchiaini di curry (dolce o piccante)
olio extravergine d’oliva
qualche cucchiaio di farina di frumento (o di riso)
1/2 centimetro di radice fresca di zenzero
un mazzetto di prezzemolo o di coriandolo fresco
un peperoncino piccante (facoltativo)

Per prima cosa affettate le cipolle (in autunno potete sostituire una delle cipolle con una mela, sempre affettata sottilissima) e mettetele a stufare in padella a fuoco molto basso con qualche cucchiaio d’olio. Coprite con il coperchio in modo che si crei un po’ di vapore e non si attacchino al fondo.

Intanto tagliate il petto di pollo a dadini di un centimetro di lato (anche due se preferite) e passateli nella farina (di frumento o di riso), scuotendoli bene per eliminare l’eccesso (devono essere solo ricoperti come da un velo).

Quando saranno completamente appassite e trasparenti alzate la fiamma e metteteci il pollo a rosolare, mescolandolo bene con le cipolle; aggiungete il curry e amalgamatelo al tutto, poi lo yogurt, che dovrà addensarsi leggermente, e infine il latte di cocco, che dovrà formare una crema insieme allo yogurt. Tenete conto che il pollo dovrà cuocere solo pochi minuti, altrimenti diventerà secco invece che morbido e succoso.

Impiattate immediatamente, aggiungete un po’ di prezzemolo (o di coriandolo) tritato sul momento e se vi piace un po’ di peperoncino tritato, e servite con un piattino di riso basmati cotto per assorbimento (a mo’ di pane) e una bella insalata verde.