Prima o dopo nella vita capita inevitabilmente che qualcuno vi porti a casa, inatteso ospite, un vasetto pieno di qualcosa che a prima vista può sembrare pop corn gelatinoso; che questo qualcuno poco carinamente si ostini a chiamare il qualcosa “vermetti” (bleaaaah), e che vi spieghi che con quei *cosi* potete fare lo yogurt per tutta la vita, semplicemente aggiungendo un po’ di latte (freddo!) e dimenticandovelo per 24 ore.
kefir home made
Avevo sentito parlare e riparlare dei cosi (mica vorremo chiamarli vermetti, vero?), e quasi quasi sarei anche stata curiosa; ma quando me li sono trovati in cucina ho cominciato a guardarli con sospetto crescente, principalmente perché dopo l’esperienza dell’estate scorsa sapevo molto bene che lo yogurt ha bisogno di temperature ben diverse per proliferare, e di altrettanto ben diverse attenzioni e strumenti, ma anche perché, come potete immaginare, la domanda che mi attanagliava era sopra tutto: “con che tipo di latte siete stati nutriti fino ad ora, e quanto latte tedesco biodinamico dovrò sprecare prima che diventiate biologici?”.
Così, tanto per rimanere fedele al mio istinto napolo-scettico (lungi da me fomentare orrendi luoghi comuni decrescenziani che contesterò fino alla morte, ma la crudaverità è che, nata e vissuta a napoli per diciott’anni, ho imparato in culla a non fidarmi dei sentito dire), mi sono immersa nella rete per cercare lumi. Cercando lo yogurt ho trovato tutt’altro, qualcosa che avevo solo intravisto qualche volta sui banchi del naturasì, e che avevo assaggiato, classificato tra i “posso anche farne a meno” e messo da parte in favore del latticello: il Kefir.
Oltretutto più scavavo e più venivano fuori pagine e pagine e pagine di opinioni contrastanti sulla stessa esistenza dei “vermetti dello yogurt”, con tanto di confronto fotografico tra vermetti dello yogurt e vermetti del kefir (oh, a me sembrano uguali nella loro presunta diversità, e non che non abbia un occhio allenato dopo quindici anni di ritocco fotografico professionale) o immagini esplicative di tracce “a delta di fiume”; inoltre qualcuno ha anche osservato che “i grani del kefir, se sottoposti a stress da caldo, possono assumere una forma oblunga”; in questa pagina c’è addirittura un metodo empirico (anche detto “pifffff”) per capire se possedete fermenti per il kefir o per lo yogurt.
Ad un certo punto nel forum di cookaround mi sono imbattuta in un certo “micheleciro” che sosteneva (nel lontanissimo 2007… sigh, ma come ho fatto a non saperne nulla) che le colonie batteriche che formano i famigerati aggregati (che sembra si chiamino “kefiran”) non generano affatto lo yogurt che noi conosciamo, bensì il suo fratello maggiore, che a suo confronto è il re dei re di tutti i tipi di latte fermentato, e cioè, finalmente, il kefir (suono di trombe festanti).
Questa rivelazione mi ha convinta che tutta la confusione tra vermetti dello yogurt e vermetti del kefir sia semplicemente un furto di identità: i grani dello yogurt semplicemente non sono mai esistiti (mi rimane il dubbio però da cosa venga generato lo yogurt), e *tutti* quelli che da noi vengono chiamati vermetti non sono altro che i grani del kefir.

Ho immaginato questa anziana signora russa primordiale che, poverina, ignara del fatto che in Italia per yogurt si intende uno e un solo tipo di latte bi-fermentato (da noi si può chiamare così per legge unicamente il latte inoculato con il lactobacillus bulgaricus e lo streptococcus thermophilus), ha portato per la prima volta in italia i… cosi, dicendo che producevano yogurt, perché nel suo paese yogurt era sinonimo di *qualsiasi tipo* di latte fermentato, o forse semplicemente negli altri paesi esistono parole diverse per diversi tipi di yogurt… ci vorrebbe un linguista yogurtofilo :-/

Ad ogni modo sembra che le discriminanti per distinguere i due fratellini siano tre: il kefir genera un latte fermentato leggerissimamente alcoolico e per questo ha un gusto lontanamente frizzante (mentre lo yogurt che noi conosciamo ha un sapore “fermo”); e a differenza del kefir lo yogurt comincia a cagliare dal basso; inoltre lo yogurt vela il vasetto, mentre il kefir lascia delle tracce disordinate.
kefir ricetta
Ma la vera differenza è che il kefir (che in lingua armena pare voglia dire “benessere”) quando vede lo yogurt con i suoi due miseri fermentucci lo guarda con una certa commiserazione, vista la sua dotazione inarrivabile; ve la specifico? sì ve la specifico:
66% lattobacilli:
acidophilus, brevis, casei (subsp. rhamnosus e pseudoplantarum), paracasei (subsp. paracasei), cellobiosus, delbrueckii (subsp. bulgaricus e lactis), fructivorans, helveticus (subsp. lactis), hilgardii, kefiri, kefiranofaciens, kefirgranum (sp. nov), parakefir (sp. nov), lactis e plantarum;
12% tra lactococchi e streptococchi:
Lactococci lactis (subsp. lactis, cremoris, e var. diacetylactis), Lactococci mesenteroide, Streptococci salivarius subsp. thermophilus, Streptococci lactis, Enterococcus durans, Leuconostoc cremoris e Leuconostoc mesenteroides;
18% lieviti:
Candida kefir, pseudotropicalis, rancens e tenuis, Debaryomyces hansenii, Kluyveromyces lactis, Kluyveromyces marxianus (var. marxianus), Kluyveromyces bulgaricus, Kluyveromyces fragilis/marxianus, Saccharomyces (subsp. torulopsis holmii), Saccharomyces carlsbergensis
e unisporus e Zygosaccharomyces rouxii;

4% acetobatteri:
Acetobacter aceti e rasens.
Come al solito non voglio dire con questo che il kefir sia in assoluto *migliore* rispetto allo yogurt (mi prenda un colpo se so cosa sono tutti questi batteri e lieviti nello specifico), perché ovviamente questo dipende dal metabolismo personale (immagino che magari ad esempio per qualcuno lo yogurt potrebbe essere molto più digeribile visto che la sua composizione è, diciamo, più semplice), ma solo che la lista è impressionante.
Se avete dieci minuti liberi provate a fare un salto sul blog di Maria Letizia Agazzi, da cui ho attinto queste notizie, che tra l’altro confronta con il kefir i vari frescobuffi probiotici che tentano di sbolognarci in tv, che ci fanno una figura miserrima :-P
E non è mica tutto… fino adesso avete visto solo la punta dell’iceberg :-O
Questo incredibile elisir vanta origini leggendarie e antichissime; sembra che addirittura Maometto in persona donasse i primi grani di kefir ai montanari del Caucaso, che per questo motivo lo chiamarono “il miglio del profeta”.
Che i suddetti grani venissero conservati in otri di pelle, e che l’uomo non abbia la capacità di riprodurli (ah, ve l’ho detto che si moltiplicano da soli, semplicemente annaffiandoli di latte? non vi ricordano un po’ i gremlins? brrr…), e che quindi, se dovessero per qualche motivo estinguersi il mondo li perderebbe per sempre (AAAAAAHHH! E io che siccome mi sembravano troppi ne ho buttati più di tre quarti nell’organico… *mai* avrei pensato di contribuire nel mio piccolo allo sterminio di una specie).
L’unico modo di averli sembra quindi sia farseli dare da chi li ha, che in genere è ben contento di liberarsene, visto che si moltiplicano; cioè, a dire il vero ho letto che si possono anche mangiare, ma neanche zac, che è l’uomo meno schizzinoso che abbia mai conosciuto, finora ha avuto lo stomaco di provarci – non escludendo la possibilità in futuro, visto il possibilismo dei gemelli.
Altre fonti narrano invece di scienziati che sarebbero riusciti a riprodurli riempiendo di latte pastorizzato una sacca di cuoio di capra lavata con acqua sterile, inoculando flora batterica dell’intestino di una pecora, mantenendo una temperatura costante di 24-26 gradi e agitando il tutto ogni ora per 48 ore, poi rimuovendo il 75% del latte fermentato, sostituendolo con altro latte pastorizzato e ripetendo il procedimento per 12 settimane; alla fine dell’esperimento pare affiorassero dalla sacca i granuli di kefir.
Beh, come vedete, alla fine li potete comodamente generare in casa, ‘sti granelli; voglio dire, ma chi è che non si trova sottomano una sacca di cuoio di capra e un familiare accondiscendente che gliela agita ogni ora per 12 settimane? E che sarà mai?
Pare che in epoca moderna i fintoinvertebrati siano stati anche oggetto di studi da parte di un premio nobel per la medicina, perché sospettati di contribuire in larga parte alla longevità delle popolazioni caucasiche, che li usavano tradizionalmente per supportare la cura di enteriti e tubercolosi, grazie anche al loro contenuto di minerali, aminoacidi essenziali, triptofano, calcio, magnesio, treonina, prolina, lisina, fosforo, acido folico, vitamina K, biotina; e che essendo poveri di lattosio, risultino adatti anche a chi ha leggere intolleranze. E non finisce qui.
Non sarebbe sembrato anche a voi di aver varcato la porta di un mondo culinario parallelo se aveste letto che i grani di kefir sono persino in grado di far lievitare il pane, senza il supporto di nessun altro tipo di lievito, naturale o di birra?
Stupite: su Cookaround esiste un gruppo che si chiama “sperimentando col kefir” dove potete trovare abbondanti prove fotografiche di questo miracolo :-)
Altro utilizzo possibile, per chi magari non ama il latte e lo yogurt, però vorrebbe usufruire ugualmente dei benefici dei grani di kefir: si lavano bene (cosa da non fare assolutamente quando li si utilizzano con il latte), si mettono in acqua insieme ad un po’ di limone e frutta secca e si ottiene il kefir d’acqua, bevanda non solo dissetante ma anch’essa incredibilmente virtuosa – attenzione però, una volta trasformati i grani di latte in grani d’acqua (diventano trasparenti come dei grumi di gel) non si può più tornare indietro e ricominciare con il latte fermentato.
Insomma, il kefir, signori miei, è uno di quei giochi versatili con i quali si può sperimentare tanto senza annoiarsi, c’è solo da studiare e… assaggiare. L’unica rottura è che dovete nutrirlo al massimo ogni 48 ore :-/
A dire il vero esisterebbero anche dei modi per conservarlo fino a un paio di settimane, uno dei quali è tenerli in frigorifero nella solita quantità di latte o poco più, o addirittura disidratarli, cosa che li renderebbe inerti ma potenzialmente utilizzabili per circa un anno, e che li renderebbero molto più interessanti agli occhi di chi (come me!?) odia le scadenze improrogabili; a questo proposito trovate alcune dritte molto interessanti qui.
Io intanto vi lascio le dosi per farvelo in casa e… ah, dimenticavo: se qualcuno ne volesse un po’ (si accettano baratti interessanti) i miei grani ormai sono bio izn-certificati, quindi veniteveli a prendere prima che zac decida di superare l’incertezza e… :-9

Ingredienti:
250 grammi di latte fresco intero*
25 grammi di grani di kefir

*ma c’è chi giura che venga ancora meglio con il latte scremato
Il procedimento è ridicolmente semplice: prendete i vostri grani di kefir, metteteli in un vasetto da circa mezzo litro, aggiungete il latte, anche freddo di frigorifero, mescolate con un cucchiaio di legno, chiudete (io ho usato un vasetto di quelli a chiusura ermetica, ma con la guarnizione molto sottile, tipo quelle dell’Ikea per capirci), posizionate il vasetto al buio in un luogo riparato (io lo tengo in un armadietto) e dimenticatevelo per 24 ore.
Non dovete mescolarlo, non dovete agitarlo, non dovete muoverlo e neanche guardarlo: i grani sono timidi e vogliono la loro privacy (anche su questo ci sono versioni discordanti: alcuni ritengono che mescolandolo un paio di volte migliori, se avete voglia di andarvi a leggere le 49 pagine del topic di cookaround “fermenti vivi per yogurt” o le 84 pagine sempre su cookaround di “sperimentando col kefir” fatemi sapere che avete deciso, ché io per adesso sono arrivata solo a pagina 35, e non mi ricordo di quale dei due).
Il giorno dopo dovreste quindi trovare un composto budinoso-gelatinoso; mescolatelo delicatamente (per non rompere i grani) con un cucchiaio di legno, dopo di che versatelo in un colino posizionato sopra un vaso di vetro (guardate le foto) e mescolate fino a quando tutto il liquido non sarà colato e saranno rimasti solo i grani.
A questo punto prendete i vostri grani (che saranno già cresciuti di qualche grammo, tenete conto che i miei raddoppiano in una settimana circa) e ricominciate da capo con il procedimento che ho già descritto.
Il rapporto 1/10 (25 grammi di grani per 250 di latte) è stata una mia interpretazione di tutti i vari pareri che ho letto (finora); pare infatti che aumentare la percentuale di grani rispetto al latte alla lunga li indebolisca (hanno meno da mangiare?), invece diminuirne la quantità faccia ottenere un kefir “acerbo” (a meno di non lasciarlo 48 ore invece che 24… che potrebbe essere un’ottima soluzione per avere un giorno in più di respiro, se magari in quel periodo ne consumate meno – ma dopo questa operazione bisognerebbe farlo però almeno un paio di volte con il rapporto corretto; inoltre può esservi utile sapere che più tempo passa più la bevanda diventa acida e densa).
Un ultima cosa; anche con il kefir si può fare il labna (e anzi, vista la provenienza mi viene il dubbio che il vero Labna sia fatto proprio con il kefir invece che con lo yogurt); stesso procedimento di quello che già conoscete; poi se preferite potete anche evitare di aggiungere il sale (anche se immagino che salarlo lo aiuti a disidratarsi più velocemente).