Questa sera festeggeremo l’ingresso nel 2013 con una cena estremamente parca, non solo per questioni etiche ma anche perché da quando mangiamo consapevolmente se esageriamo anche un pochino ci sentiamo subito sgradevolmente gonfi; in compenso saremo in ottima compagnia! E voi?

canditura

Sono stati mesi pazzeschi sotto tanti punti di vista, ma non dimenticherò mai che il 2012 è stato anche l’anno nel quale il mio primo figliolibro è nato, e il fatto che voi siete stati lì con me ad aiutarmi, sia moralmente che economicamente, e a seguire passo passo la sua gestazione e la sua venuta al mondo. Grazie, ancora una volta, per il vostro sostegno e per aver creduto in me :-)

Prima di Natale ho ordinato una bella cassetta di arance da 17 chili direttamente da Agricortese, un’azienda di Ribera, in Sicilia. Quindi qui in casa zac ci sarà un bel via vai di agrumi, che ho tutte le intenzioni di smaltire in modo creativo, saporito e profumato :-)

Un po’ di canditi potrebbero esservi utili per la calza della Befana consapevole (magari racchiusi in una crosticina di cioccolata), e siccome ci vuole qualche giorno per farli, vi scrivo subito il procedimento, sperando che sia chiaro e perfetto. Sto imparando così tante cose ultimamente che se potessi e avesse un senso riscriverei le ricette che ho pubblicato in questi anni una per una, mi sembrano tutte estremamente migliorabili.

Per quanto riguarda lo sciroppo di zucchero, potete prepararlo in molti modi. In questo caso ho usato un litro d’acqua e mezzo chilo di zucchero. Ho optato per queste dosi, perché ho usato una padella bella larga, dalla quale l’acqua tende a evaporare velocemente, per cui il doppio di acqua rispetto allo zucchero era proprio quello che ci voleva.

Ho visto però in un topic sul forum di gennarino che si può fare lo sciroppo pesando le bucce, mettendo lo stesso peso in zucchero e la metà del peso in acqua (ad esempio se le bucce poniamo il caso pesano 250 grammi, lo sciroppo viene fatto con 250 grammi di zucchero e 125 di acqua). Se volete provare trovate tutto il procedimento qui; è sensibilmente diverso da quello che vi descrivo in questo post, perché lo sciroppo viene portato a temperatura “filo” (cioè 110°C) e poi versato sulle fette.

La decisione “quanta acqua rispetto allo zucchero” (e rispetto a ciò che si vuole candire), oltre dalla pentola che utilizzerete, dipende anche da quanta acqua contiene l’alimento. Ad esempio se volete candire le mele, dovete tenere presente che contengono già dell’acqua, le bucce di arancia invece no, quindi più acqua (come in questo caso, che è il doppio dello zucchero).

Al posto del glucosio, che molti indicano di aggiungere allo sciroppo per far sì che le scorzette rimangano morbide, ma che la bisnonna non avrebbe capito cos’è (prof. Giannattasio docet :-D), ho usato un po’ di miele di acacia, e devo dire che ha funzionato alla grande. Purtroppo portato ad alta temperatura il miele perde le sue proprietà nutritive, ma in questo caso lo sacrifichiamo per una buona causa.

Alcuni usano destrosio, altri acido citrico (che immagino possa essere sostituito da succo di limone), perché quest’ultimo ha la proprietà di convertire lo zucchero in glucosio e fruttosio. pare però che perchè questo succeda bisogni avere particolari accorgimenti trovate spiegati a grandi linee in questo post). Non sembra facilissimo, e lo stesso Bressanini spiega che il miele è un ottimo sostituto del cosiddetto “zucchero invertito”.

Per la bollitura iniziale, che consiste nel mettere su una pentola di acqua, portarla a ebollizione, scottare le bucce per un minuto, scolarle, aspettare che si freddino e poi ripetere l’operazione altre due volte, per togliere l’amaro dall’albedo (la parte bianca) che si fa per togliere l’amaro alle scorzette, alcuni non la fanno, per mantenere la consistenza delle scorzette e perché non trovano fastidioso il sapore amaro.

Ho trovato però una discussione molto interessante sul forum di profumi dal forno nella quale si spiega un metodo alternativo per togliere l’amaro. Invece di bollirle, si mettono a mollo le scorzette in un recipiente pieno di acqua fresca, cambiando l’acqua tre o quattro volte al giorno per tre o quattro giorni. In questo modo i preziosi oli essenziali delle scorzette non vengono volatilizzati dal calore, e la cosa ha tanto più senso se leggete le righe successive.

Esiste infatti anche un altro tipo di canditura rispetto a quella che vi descrivo nel mio procedimento, che si chiama “canditura a freddo” ed è descritta in una discussione imperdibile nello stesso topic che vi ho linkato sopra. È molto interessante, perché le scorzette non vengono bollite e quindi mantengono molto di più i loro preziosi oli essenziali. Si prepara lo sciroppo di acqua e zucchero a freddo, lo si mescola con ciò che si vuole candire e si lascia riposare 24 ore.

Trascorso questo tempo si separa l’alimento dallo sciroppo (ed è a questo punto che credo si possa aggiungere il miele) lo si porta a 110°C (se non avete il termometro potete fare la prova mettendo una goccina di sciroppo in acqua fredda, se si trasforma in una sferetta morbida ci siete), e lo si fa concentrare un pochino (dovrebbe ridursi del 5/10%). Si aspetta poi che si intiepidisca e si riaggiunge l’alimento. Dopo 12/24 ore si ripete l’operazione, per tre o quattro volte, e l’ultima volta si scalda invece tutto insieme a bassa temperatura (50-60°C) per dare consistenza.

Questo metodo di canditura si basa sul fatto che l’acqua viene estratta dalla frutta per la pressione osmotica dovuta allo zucchero. Se infatti mescolate solo frutta e zucchero e lasciate il tutto alcune ore a riposare, il giorno dopo troverete la frutta immersa in uno sciroppo, tanto più acquoso quanta più acqua contiene la frutta (a me succede continuamente con le marmellate, che lascio riposare una notte in frigo prima di cuocere).

Insomma, eccovi il procedimento che ho seguito io, che mi ha dato un risultato secondo me molto buono; voi però sperimentate, come sempre! Se avete dubbi su qualsiasi passaggio chiedetemi; se non saprò rispondervi io proverò a chiedere aiuto ai saggi che aleggiano sempre da queste parti.

Ingredienti:
un chilo di arance a buccia spessa
500 grammi di zucchero grezzo
1 litro d’acqua pura
un cucchiaione di miele di acacia

Per prima cosa lavate le arance, asciugatele, tagliate via i cocuzzoli e togliete delicatamente la buccia. Potete tagliare la buccia a strisce come in queste foto oppure lasciarla a spicchi, come quando si pela l’arancia.

Alcuni tolgono una parte dell’albedo (che pare sia molto ricca di pectina), diciamo la metà, dalle scorzette. Io le ho lasciate com’erano, ma la prossima volta proverò a farlo.

Tra le varie opzioni che vi ho descritto ho scelto una via di mezzo, scottando le scorzette una volta sola, per un minuto scarso. Dopo aver scolato le bucce mettetele da parte in un colino e preparate lo sciroppo di zucchero. Versate quindi l’acqua, lo zucchero e il miele in una casseruola e portate il tutto a ebollizione, mescolando per far sciogliere bene lo zucchero.

Intanto posizionate le bucce, meglio con l’albedo verso l’alto, in un solo strato in una padella dai bordi alti (non di alluminio, in questo caso meglio l’acciaio) e quando lo sciroppo sarà pronto versatecelo sopra, facendo in modo che tutte le bucce siano immerse. Metteteci qualcosa sopra che tenga giù le bucce (io ho usato un setaccio tutto di acciaio), coprite con uno strofinaccio pulito e lasciate riposare in un posto dove non vi dà fastidio tutto l’ambaradàn.

Da questo momento in poi non dovrete fare altro che ricordarvi durante la giornata di prendere la padella, metterla sulla fiamma media (Prima togliete lo strofinaccio e il setaccio!), aspettare che arrivi a ebollizione, lasciar bollire un minuto o due, spegnere e rimettere a raffreddare. Almeno tre o quattro volte al giorno. Per almeno cinque o sei giorni, o comunque fino a quando le scorzette non sono belle trasparenti e… candite! Lo so. Lo so. Per questo ho scritto “la canditura e la pazienza”. Non mi mandate a quel paese. Prendetelo come un esercizio zen.

Se nel corso delle bolliture lo sciroppo tendesse ad asciugarsi troppo, non aggiungete altra acqua, ma preparate un’altra dose di sciroppo a parte, portatelo a ebollizione e versatelo sulle bucce in aggiunta. Tutto qui. Quando le bucce avranno un aspetto convincente dovrete decidere come conservarle. Avete varie opzioni: potete scolarle dallo sciroppo, lasciarle asciugare un paio di giorni su una gratella, rotolarle nello zucchero e poi riporle in un vasetto che conserverete in frigo (ma in questo caso sarà meglio consumarle in due o tre mesi), oppure stiparle in qualche vasetto, immerse nel loro sciroppo.

Se invece volete conservare le scorzette più a lungo c’è il metodo (da me rivisitato) che mi ha insegnato la sempiternamente mitica Loretta: stendetele in ordine maniacale su un panno di cotone sottile (nelle foto vedete il metodo Loretta, su pellicola senza pvc), metteteci sopra un secondo panno, avvolgeteli su se stessi e mettete in freezer. Risultato, scorzette sempre pronte (i canditi in freezer non gelano per via dell’alta percentuale di zucchero) e durata lunghissima.

In ultimo vi lascio un paio di dritte per candire altre cose che non siano le scorze degli agrumi. Se ho ben capito qualsiasi cosa può essere candito se tenuto nello sciroppo per abbastanza giorni e portato a bollitura brevissima per almeno tre o quattro volte al giorno (lo dimostra molto bene Teresa – se non conoscete il suo blog, conoscetelo! in questo post, nel quale ha candìto addirittura delle melanzane rosse. Sperimentare in questo caso è d’obbligo, e pure divertente.

Per quanto riguarda ad esempio i cedri, per candire i quali ho trovato notizie qui su gennarino, le fette vanno prima tenute sotto sale grosso 24 ore per disidratarle, poi sciacquate benissimo, bollite e poi candite.

I kumquat invece (i bellissimi e buonissimi mandarini cinesi che spesso vengono venduti come pianta ornamentale), dopo averli lavati e asciugati vanno incisi, bolliti e gli vanno asportati i semini con uno stecchino (guardate qui, sempre da Teresa, per approfondire).

Man mano che troverò altri consigli interessanti o sperimenterò cose nuove (tipo vorrei veramente provare a candire la zucca) aggiornerò questo post, così avremo tutto su una sola pagina :-)

Aggiornamenti:

gennaio 2013:
Vedi i casi della vita, l’ultimo giorno dell’anno eravamo a casa di Castadiva e le raccontavo di questo post e della canditura in generale, e lei mi ha allungato un libretto molto interessante, “I canditi” di Elio Casati e Giorgio Ortona. Leggendolo qua e là ho annotato un paio cose interessanti utili la prossima volta che proverò a candire qualsiasi cosa.

C’era un piccolo schema che spiegava che la percentuale di zucchero nello sciroppo dovrebbe aumentare man mano che si va avanti con la canditura (cosa che comunque accade con il procedimento che vi ho descritto, perché l’acqua evapora). Però mi ha fatto pensare che il secondo sciroppo che preparate (se il primo si dovesse asciugare troppo, cosa che capita quasi sempre) debba avere una concentrazione di zucchero più alta.

Il libro dice che la percentuale di zucchero va aumentata progressivamente in modo da far raggiungere all’alimento il massimo imbibimento di zucchero, e la conseguente espulsione del massimo dell’umidità (se rimane acqua negli alimenti che conserviamo è molto più facile che le conserve vadano a male, muffiscano, si formino organismi patogeni etc).

In particolare, le percentuali secondo il libretto erano queste:

prima cottura: 30%
seconda cottura: 40%
terza cottura: 50%
quarta cottura: 60%
quinta cottura: 66%
sesta cottura: 72%

C’è scritto anche che “se tempo e circostanze lo permettono” si può arrivare alla concentrazione ottimale del 72% di zucchero attraverso uno o due passaggi in più, regolando naturalmente la temperatura delle varie cotture, un grado o due più basso” (giuro :-D). Ad ogni modo alla fine della canditura la frutta, coperta e tenuta sotto lo sciroppo da un peso, viene lasciata insieme allo sciroppo in “conche di stabulazione” per 20/25 giorni, perché assorba la maggiore quantità possibile di zucchero.