Al tavolino della cucina di mio fratello, immersa nella mia amata/odiata Napoli, vi racconto (durante le feste di Natale, e pure di domenica!!!) un dolce antico e molto partenopeo, immancabile durante le feste di Natale della mia infanzia — farcite di nonni, zii e cugini — e indizio inequivocabile della festa che noi teneri (più o meno) virgulti preferivamo.
roccocò napoletani ricetta
Se c’erano i roccocò c’era il Natale, si andava a letto quasi all’alba e distrutti, e si stava a tavola tantissimissimo tempo. Quest’ultima usanza l’ho un po’ abbandonata: non ce la faccio proprio a star ferma più di una mezz’oretta. Però il cibo no, quello è rimasto nelle mie radici.
Semplice, possibilmente, e in questo caso anche povero: duro sotto i denti, in modo da restare buono per tanti giorni, e senza uova, senza grassi a parte quelli delle mandorle, senza latte. Ma con una meravigliosa e invernale cascata di spezie!

Come per ogni ricetta tradizionale che si rispetti, anche questa ha una variante per ogni famiglia; tutte sono di solito accomunate però dalle spezie e dalla… durezza :-D Questi che vedete li ho fatti con farina antica e zucchero grezzo chiaro; Ho provato anche una versione con lo zucchero integrale, buona, per carità, ma in questo caso secondo me, visto che è una cosa che si mangia una volta l’anno, meglio andare sul classico (o quasi :-D)

Ho seguìto, con qualche piccola variazione sul tema,la ricetta che ha ripreso Teresa sul suo storico forum, Gennarino, che è una fonte estremamente affidabile delle varie preparazioni tradizionali, in particolare di quelle napoletane.
roccocò ricetta
Nell’elenco degli ingredienti noterete che compare anche il carbonato d’ammonio, che nella cucina di una volta si chiamava semplicemente ammoniaca: una polverina bianca e molto puzzolente (non provate nemmeno a pensare di annusarla, mi raccomando) che finora avevo guardata sempre con sospetto. Si compra in farmacia in boccette piccolissime (da 5/10 grammi), e va tenuta ben chiusa, magari infilando il vasetto in un altro vasetto, perché perde molto velocemente le sue proprietà lievitanti. Costa una sciocchezza ma serve una bilancia precisa perché di solito si usa in dosaggi di 1/2 grammi per mezzo chilo di farina.
roccocò crudi
Ho deciso di sdoganarla – dopo aver debitamente consultato il mitico manuale del prof, che la indica come approvata nel bio – perché è insostituibile per alcuni tipi di biscotti e dolcetti che devono essere croccanti e friabili. Se i roccocò sono preparati nel modo giusto non resta alcuna traccia di ammoniaca. Quando l’ammonio bicarbonato viene riscaldato infatti si decompone in CO2 (anidride carbonica) e ammoniaca. L’ammoniaca evapora e non altera il sapore dei biscotti e lo sviluppo dell’anidride carbonica rende l’impasto meno compatto e molto croccante. Questo a condizione che l’impasto non sia molto umido, perché l’acqua potrebbe trattenere l’ammoniaca rendendo il dolce immangiabile.
roccocò natale ricetta
Come da indicazioni ne ho usata solo un grammo, ho aggiunto pochissima acqua, e anche voi aggiungetene il meno possibile. All’inizio l’impasto sembra chiederne altra, ma voi resistete e mettetene solo quel poco che serve per tenere insieme le briciole; regolatevi un po’ come con la pasta frolla, ma senza uova e senza burro :-P

Ingredienti:
250 grammi di farina di grano gentilrosso semintegrale
180 grammi di zucchero grezzo chiaro
120 grammi di mandorle leggermente tostate
5 o 6 chiodi di garofano
1/4 di cucchiaino di cannella
mezzo cucchiaino di noce moscata
1 bacca di anice stellato
1/2 cucchiaino di semi di coriandolo
la buccia grattugiata di un’arancia e di un limone
1/2 cucchiaino di pepe nero
1/2 bicchiere d’acqua
1 grammo di carbonato di ammonio
sale marino integrale
1 tuorlo d’uovo
1 tazzina di latte

Le dosi sono per circa 12 roccocò.
Per prima cosa tostate le mandorle in forno per una decina di minuti in modalità statica a 170°C. Trascorso questo tempo tiratele fuori e lasciatele raffreddare completamente (dovranno essere leggermente dorate); poi tritatele molto grossolanamente.
Macinate (io di solito un macinino per il pepe di legno di cedro, comprato anni fa su una bancarella stupenda!) i chiodi di garofano, l’anice stellato, i semi di coriandolo e il pepe e grattugiate la noce moscata.
Mettete la farina, lo zucchero e una presa di sale in una ciotola bella grande, unite la cannella e le altre spezie appena macinate, grattugiateci la buccia del limone e dell’arancia e mescolate per bene con le mani.
Unite poco alla volta l’acqua; non dovete metterla tutta, solo fino a quando l’impasto non si tiene appena insieme, come si fa con la frolla; io ne ho messa la metà della dose.
Aggiungete il carbonato di ammonio, facendo attenzione a non assaggiare l’impasto dopo che lo avrete aggiunto (in forno evapora completamente, emanando un odore non proprio attraente). Cercate di spargerlo più possibile e alla fine unite le mandorle tostate e tritate.
Preriscaldate il forno a 190°C.
Aiutandovi con un po’ di farina, tagliate un pezzo di impasto e formate dei bastoncini spessi un paio di centimetri e lunghi circa 16 centimetri; uniteli alle estremità formando dei cerchi e posizionateli su una teglia da forno larga e bassa (io ho usato la mia solita teglia di ferro da pizza). Spennellate con il tuorlo dell’uovo diluito con il latte.
Infornate per una ventina di minuti, controllando che non si scuriscano troppo. Quando avranno un bell’aspetto dorato tirateli fuori e lasciateli raffreddare bene. Appena usciti dal forno saranno ancora morbidi, ma appena freddi diventeranno croccanti.
Potete mangiarli entro un paio di giorni, oppure, se volete farli durare molto più tempo, è possibile biscottarli in forno a 50°C per qualche ora (ma diventeranno decisamente duri!!).