Pronto, mamma? Presto, allungami la ricetta degli struffoli che la confronto con quella che ho trovato in rete e… Ricetta? Quale ricetta? Tesoro, gli struffoli li abbiamo sempre comprati, anche quando eri piccola piccola… Vabbeh, ma la nonna li faceva, no? Ehm, beh, no, anche la nonna li comprava, amore mio…

Uffa! Ma com’è possibile? La mia nonna, che purtroppo ho avuto la fortuna di conoscere solo per un arco brevissimo della mia vita, era una sarta, sì, ma lavorava in casa, nella Napoli del… boh… 1930?

Certo, mia madre è del 1945, quindi presupponendo che i suoi ricordi partano più o meno da quando aveva tipo cinque anni; forse ci siamo con quello che il Prof ci dice spesso, e cioè che l’industrializzazione, e il conseguente (tragico!) abbandono delle abitudini culinarie sane hanno avuto inizio più o meno negli anni ’50. Sigh. Sob.

Rivendico il diritto a poter conversare con una delle mie bisnonne. E meno male che ci sono i libri, ma la tragedia è che le vere custodi della tradizione erano soprattutto meravigliose popolane illetterate. E così mi tocca sperimentare, imparare dai miei errori, e sospirare ogni dieci minuti pensando a quanta conoscenza meravigliosa è andata perduta per sempre.

Fortunatamente esiste Gennarino, vale a dire lo stato dell’arte delle ricette tradizionali napoletane (oltre a tutto il – molto – resto), e così non ho fatto altro che seguire le loro indicazioni, compresa quella di non utilizzare lievito, ché per me gli struffoli sono delle palline croccanti, non ariose e non gonfie, solo palline di pasta imbevute di miele e cosparse di confettini colorati all’anice e alla cannella (eh… colorati. Tra poco vi dico).

Caso ha voluto che il mio amico chef di Re Desiderio (che, ve l’ho già nominato? nooooooo…) mi ha fatto dono di un meraviglioso vasetto di strutto felice, fatto con le sue manone cheffose partendo da un maiale di cinta senese dello Spicchio (non so se mi spiego). E gli struffoli, diciamocelo, andrebbero fatti con lo strutto; certo, può essere sostituito con il burro, ma la consistenza e l’aroma sono molto diversi. Consiglio caldamente ai non vegetariani di utilizzare strutto, a vegetariani e vegani invece di provare lo stesso l’impasto con le dovute sostituzioni per non perdere l’occasione di gustare questo piatto semplice, antico e meraviglioso.

Chissà se qualcuno (Claudiaaaaa??? Mi senti anche da laggiù, anzi lassù, insomma dalla culla dell’insediamento umano sulla terra?) ci può spiegare il significato storico-culturale e simbolico di questo piatto, sarei molto curiosa :-)
Ma andiamo per ordine, che la ricetta non è complicata, ma io come vedrete riesco a complicare qualsiasi cosa; ho seguito pedissequamente la ricetta, tranne come al solito la sostituzione della farina 00 con una semintegrale (Floriddia, che ve lo dico a fare), brandy al posto del liquore all’anice, che non avevo home made, e frittura in olio d’oliva (lo so, non si fa, ma mica potevo intaccare la riserva di strutto felice… ho altri programmi per quel vasetto).
Ho usato solo arancia candita perché purtroppo non avevo il cedro e la cocozzata (ho provato a candire la zucca, ma ho fatto un disastro; proverò alla luce di nuovi suggerimenti che ho accolto).
Per il miele ho usato quello di acacia, ma se ne avessi avuto avrei provato sicuramente con qualcos’altro, anche un millefiori. Anche perché l’acacia è quello che ha più potere dolcificante di tutti, e qui, vista la quantità, non serve.

Ingredienti:
400 grammi di farina 1
4 uova
2 cucchiai di zucchero grezzo chiaro
25 grammi di strutto di provenienza supersicura
un cucchiaio di brandy
la scorza grattugiata di mezzo limone
la scorza grattugiata di mezza arancia
una presa di sale
olio extravergine d’oliva
400 grammi di miele di acacia
200 grammi di arancia candita fatta in casa
una manciata di semi di anice verde
mezzo cucchiaino di cannella in polvere
15 grammi di albume
75 grammi di zucchero a velo
un pezzo di cavolo cappuccio rosso

Il giorno prima (se ce li volete mettere) preparate i confettini. Sì, preparate, perché dopo il post del prof sui coloranti non me lo sogno nemmeno di comprare i “diavolilli”; Sara in un commento al post del prof ha segnalato dei confettini di biovegan, colorati naturalmente (carota, barbabietola, clorofilla etc.), ma non so se esistano anche in italia visto che è un prodotto appena uscito; in rete non li ho trovati :-(
Eccovi quindi un tutorial per preparare i confettini in casa. È una cosa molto semplice da fare se si sa come farla; richiede solo un pochino di manualità, e un sacco di pazienza. Prendetelo come un esercizio zen: io mentre li facevo ridevo da sola come una scema pensando a quanto mi avreste flagellato quando ve li avrei fatti vedere :-D
Per primi preparate i confettini all’anice, che sono fondamentali per accompagnare gli struffoli. Preparate la ghiaccia reale (dal nome sembra una cosa pazzesca, ma è solo albume e zucchero a velo) montando a neve i 15 grammi di albume (sembra impossibile, ma si può fare, come vedete dalla foto, con un frustino piccolo), e incorporate poi lo zucchero a velo setacciato un po’ alla volta, mescolando bene. Se non lo utilizzate immediatamente coprite la ciotolina con un po’ di pellicola, altrimenti la superficie potrebbe seccarsi all’aria (molto lentamente comunque).
In realtà ho avuto il dubbio che bastasse una semplice glassa all’acqua (che per chi non ama mangiare uova crude sarebbe l’optimum) ma poi non ho provato perché non ne ho avuto il tempo; se qualcuna di voi prova mi fa sapere? 8-)

Prendete dei profumatissimi semini di anice verde, scegliete dal mucchietto quelli con il peduncolo (non so se si chiama così anche quello dei semi), prendeteli con una pinzetta dal peduncolo e immergeteli nella glassa. Poggiateli poi su un foglio di carta forno e lasciateli asciugare all’aria. Io dopo ho tagliato i peduncoli con una forbicina, perché ho una bambina più sc… ehm rompina di me, però non è assolutamente necessario.

Passiamo ai confettini colorati. Non dovete fare altro che crearvi un colorante naturale (io ho usato un pezzo di cavolo rosso, ma potete utilizzare barbabietola, carote rosse o tutto quello che vi viene in mente di sperimentare) e poi sono andata a leggere un bellissimo post di Dario (uno interessante, non come quelli pro-ogm, eheheh) per imparare come fare ad estrarre il colore.
In sostanza è molto semplice: basta tritare o grattugiare l’ortaggio-colorante, bollirlo in poca acqua per una decina di minuti o poco più, filtrare e lasciar raffreddare. Con il cavolo rosso si ottiene un colore viola rosso molto scuro; aggiungendo qualcosa di acido, tipo limone o aceto, diventa rosso-rosso; mescolandolo invece con qualcosa di basico (ad esempio bicarbonato) diventa un blu-verde. C’è sicuramente da divertirsi usando quello che vi capita a tiro… io almeno mi sono divertita un sacco.
Ricordate però che il colore deve essere molto concentrato, perché se è acquoso diluisce troppo la glassa, e non si solidifica più o ci mette troppo tempo; forse provando a fare la glassa all’acqua direttamente con il colorante, chissà… :-)
Altro suggerimento: *non* usate il liquido della marmellata (senza zucchero) di mirtilli. I confettini non si asciugheranno mai. Come potete vedere dall’assenza di confettini viola nella prima foto, che però sono presenti sulla carta forno ;-)
Insomma, una volta ottenuta la glassa colorata che desiderate, non vi resta che colarla a goccioline sul solito foglio di carta forno e poi lasciarla asciugare (possibilmente all’aria: mi sembra che il termosifone renda il colore più scuro).
Potete anche aromatizzare le goccioline al sapore che volete, facendole colare ad esempio su qualche granellino di cannella tritata.

Il giorno dopo impastate la farina con lo zucchero, le uova, lo strutto, la scorza grattugiata del limone e dell’arancia, il sale e il brandy. Mettete l’impasto in una ciotola, coprite con uno strofinaccio pulito e lasciatelo riposare qualche ora.
Mettete poi il miele in una pentola (abbastanza grande da contenere in un secondo momento anche tutti gli struffoli) e preparate vicino i confettini e i canditi.
Trascorso il tempo di riposo impastate ancora un pochino l’impasto e formate dei cordoncini; tagliateli a tocchetti di un paio di centimetri di grandezza: dovete ottenere delle palline della dimensione di piccole nocciole (le mie erano un po’ grandine; quello nella prima foto è un cucchiaino piuttosto piccolo, tenete conto che le palline dovrebbero essere anche la metà rispetto alle mie – la prossima volta le fotografo vicino a una moneta, eheh).

Voglio autolesionarmi raccontandovi che ho provato ad arrotolare *ognuna* delle palline su se stessa per due volte (come si fa per i panini al latte), e che solo alla fine ho scoperto che questo procedimento serve solo a farle aprire leggermente in cottura (infatti i panini al latte e le brioche lievitano molto meglio se li si arrotola in questo modo prima di fargli fare l’ultima lievitazione).
Nella foto sopra potete vedere a sinistra le palline formate con il sistema folle e a destra quelle normali (e perfette nella loro semplicità).
A testimonianza imperitura di questa sfacchinata assurda (ma molto congeniale a me stessa) che ho fatto, le foto che potete visionare qui sotto, e che potranno nondimeno esservi utili quando un giorno proverete a fare i panini al latte.

Quando avrete davanti a voi una serie infinita di bei pallini equidistanti tra di loro e adagiati morbidamente su un velo di farina (si attaccano che è una bellezza) mettete la quantità giusta di olio d’oliva (o, se siete tra i fortunati a possederne abbastanza, di strutto felice) in una padella di ferro (io ne ho usata una piccola per sprecare meno olio, friggendo pochi struffoli alla volta – calcolatene abbastanza da coprire tutta la superficie della padella senza sovrapporsi), aspettate che arrivi alla temperatura giusta (infilate la solita coda del solito cucchiaio di legno nell’olio – sarà pronto quando una serie di bollicine correranno dalla coda del cucchiai a raggiera verso l’esterno).
Man mano che preparate la dose di struffoli da friggere scuoteteli in un setaccio per togliere l’eccesso di farina, altrimenti l’olio formerà troppa schiuma, che tenderà ad uscire dalla padella mentre friggete, facendo un disastro dappertutto, incendiando potenzialmente suppellettili e cucina, e costringendovi in ogni caso a ricominciare.

Ecco qui sotto la foto degli struffoli (i due tipi, assurdo a destra e giusto a sinistra) dopo la frittura, che come vedete, se fatta nel modo giusto, è asciuttissima (la macchia che vedete sotto non proviene dagli struffoli ma dall’olio che scolava dalla schiumarola). Fate attenzione a non farli scurire troppo, guardate le immagini per farvi un’idea del colore che devono avere.

Appena avrete tutti gli struffoli, magari ancora caldi, scaldate leggermente il miele nella pentola grande (se ricordo bene non deve superare i 40°C se volete che mantenga le proprietà nutritive), spegnete la fiamma e versateli subito dentro, mescolando molto bene (e molto delicatamente per non romperli) per fargli assorbire quanto più miele sia possibile. Aggiungete un terzo dei confetti e dei canditi.
Prendete la seconda metà del limone dal quale avete grattato via la scorza e strofinatelo bene sul piatto dove sistemerete i vostri struffoli. Quando avrete finito posizionatelo al centro del piatto: servirà ad aiutarvi a fare la forma a ciambella che vedete nella foto e conferirà ai dolcetti un profumo splendido (ho preso l’idea su questo sito molto interessante; se volete andate a vedere, ma *fate attenzione alla musica*!!).
Strofinate molto bene le mani con l’altro mezzo limone (quello “spogliato”) e ciambellate (neologismo) gli struffoli sul piatto, comprimendoli un po’ in modo che mantengano la forma una volta raffreddati.
Quando il tutto si sarà raffreddato togliete il limone cercando di evitare crolli (ma il miele dovrebbe tenere insieme molto bene la composizione)e lasciate riposare per un giorno prima di servire (sono moooolto più buoni il giorno dopo).
Lo zac sostiene che somigliano molto alle acciulleddas sarde; vedremo, ché pure loro sono in programma, mica stiamo a pettinare le papere qui :-P