Questa ricetta è un vecchio suggerimento del cavoletto. L’ho notata anni fa e ho sempre pensato che prima o poi avrei dovuto provare a farla, ed eccola qui, un po’ cambiata, ma non nella sostanza :-) La pasta all’olio era tanto che volevo farla, ne ho vista una versione interessante anche qui dallo Spazio di Staximo.
tortini di agnello
Le due versioni sono molto simili, ma variando pochissimo gli ingredienti a volte il risultato cambia completamente, quindi la proverò quanto prima. È un tipo di impasto che mi piace molto, perché è neutro e sano nella sua semplicità; è fatto solo con un po’ di farina, acqua, olio e sale; io in questi tortini l’ho semolizzato, come direbbe Lo (grazie per avermi insegnato questa cosa stupenda!) :-)
Anche per quanto riguarda il ripieno ho cambiato un po’ di cose, perché volevo che i vari ingredienti legassero un po’ di più; così invece di cucinare ogni cosa a parte ho cotto insieme i carciofi con le patate, soffriggendoli con un po’ d’aglio, e ho aggiunto l’agnello alla fine, saltandolo solo un paio di minuti.

Da quando vado in giro a cercare carne biologica, e quindi chiedo, rompo le scatole e mi informo, ho cominciato a domandarmi come mai prima la mia scelta era quasi sempre orientata verso la carne bovina. Forse era la cosa più semplice, forse ero stata abituata fin da piccola a scegliere tra l’hamburger e la bistecca; è anche vero che il banco del macellaio classico espone principalmente tagli di manzo e vitello, e quando sei lì sei portata a comprare quello che vedi, magari per la fretta, magari stai pensando ad altro, che ne so.

La realtà è che quelle poche volte che flexitarianamente decidiamo di mangiare la carne, la cosa giusta sarebbe variare il più possibile, sia come tipo di animale, sia anche scegliendo i tagli più “poveri” che spesso, vi sembrerà assurdo ma è verissimo, vanno gettati, perché la gente vuole il filetto e la fettina (che poi è un termine generico che indica quasi tutta la carne dei quarti posteriori), che oltre ad essere i più costosi a causa del fatto che sono molto richiesti, non sempre sono i più ricchi di principi nutritivi.
Buttare via carne assolutamente commestibile e oltretutto ottima da mangiare mi sembra una bestemmia, sia nei riguardi dell’animale sacrificato sia nei riguardi di chi cibo a disposizione non ne ha. Oltretutto, potendo farlo, spaziare tra tipi di carne diversa è sicuramente anche una scelta intelligente per la nostra salute.
La bioterapia nutrizionale insegna che il potere nutrizionale della carne varia non solo a seconda del tipo di animale da cui proviene, ma anche dalla parte anatomica che viene consumata.
Ad esempio le carni rosse, principalmente le frattaglie, hanno un grande contenuto di ferro (in forma molto assorbibile dall’organismo); sono più facilmente digeribili rispetto alle carni bianche, che contenendo una quota maggiore di gelatine rispetto alle albumine comportano un’assimilazione più lenta ed elaborata. Di contro le frattaglie hanno un’elevata percentuale di colesterolo e di grassi, quindi non sono adatte a chiunque.
torta salata carne
La carne suina è caratterizzata da un’elevata concentrazione di ferro e selenio, di vitamine idrosolubili, e di nucleotidi, che svolgono un ruolo essenziale nell’attività immunitaria; inoltre ha la proprietà di stabilizzare la glicemia e stimolare il fegato. La carne ovina non ha differenze sostanziali rispetto a quella ad esempio del vitello; però pecore, agnelli e capretti hanno il plus di non essere allevati intensivamente, con tutti i vantaggi che già conoscete.
La selvaggina ha un elevato contenuto di purine, per cui non è molto adatta alle persone che hanno problemi con i reni o ipertiroidee; però ad esempio può essere utile per chi tende all’ipotiroidismo.
La carne equina è ricca di proteine e povera di grasso; ha molti acidi grassi insaturi, poco sodio e molto ferro. Le carni bianche (pollo, gallina, coniglio, oca, tacchino) hanno una ridotta percentuale di purine. Tutto questo per dirvi che non esistono carni buone o cattive, ma carne adatta al momento, alla persona, al bisogno. Per non sbagliare vale sempre la solita regola: variare il più possibile.
Il risultato è stato molto apprezzato da tutti, devo dire che la menta ci sta divinamente; l’unico accorgimento è cercare di mangiare i tortini caldi perché l’agnello freddo non dà il suo meglio.

Ingredienti:
per la pasta all’olio:
300 grammi di semola rimacinata di grano duro
4 cucchiai di olio extra vergine d’oliva
120 grammi d’acqua
1 cucchiaino di sale

per il ripieno:
200 grammi di carne d’agnello
2 carciofi
1 patata media
2 cucchiai di pecorino semi stagionato
2 rametti di mentuccia
olio extra vergine d’oliva
sale e pepe

Mescolate la semola con l’olio, l’acqua e il sale, prima in una terrina e poi a mano. L’impasto è piacevolissimo da maneggiare e non si appiccica assolutamente.
Formate una palla, avvolgetela nella pellicola e lasciatela riposare un’oretta a temperatura ambiente.
Trascorso questo tempo, stendete la pasta piuttosto sottile con il matterello, oliate bene quattro stampi da crostatina (di quelli profondi) e rivestiteli con uno strato di sfoglia, che dovrete far sbordare di un paio di centimetri (attenzione perché questo tipo di sfoglia è molto elastico e tende a ritirarsi).
Preparate anche quattro coperchietti, sempre un po’ più grandi rispetto alla larghezza degli stampini.
Tagliate la carne d’agnello, i carciofi e la patata a dadini molto piccoli; fate dorare uno spicchio d’aglio in un po’ d’olio in una padella bella larga e versate per prima cosa i dadini di patata; quando saranno dorati e croccanti allungate con un pochino d’acqua e versate i carciofi, coprite e lasciate cuocere fino a che saranno morbidi ma ancora croccanti. A questo punto alzate la fiamma, fate asciugare l’acqua se ne è rimasta e versate i dadini di agnello, facendoli cuocere solo due o tre minuti; dovranno risultare appena rosolati.
Versate tutto in una terrina, lasciate intiepidire, aggiungete il pecorino grattugiato e le foglioline di menta spezzandole con le mani.
Preriscaldate il forno a 180°C.
Dividete il ripieno nei quattro stampini. Prima di coprire con i coperchietti di pasta passate sui bordi un dito (o un pennellino) bagnato in un po’ d’acqua; questo accorgimento è molto importante perché farà sì che i due pezzi separati di pasta si attacchino tra di loro, altrimenti si staccheranno facilmente quando li tirerete fuori dagli stampini.
Stringete bene i bordi della pasta inferiore e superiore e tagliate via la parte superflua. Se vi sentite creative e avete una bella manualità in alternativa potete anche provare a pizzicare la pasta lungo i bordi come i culurgiones… io non lo so fare (ah, ma imparerò, eh!).
Spennellate la pasta con un tuorlo diluito con un cucchiaio d’acqua e infornate gli stampini poggiandoli sulla leccarda ricoperta di carta forno per una ventina di minuti; a questo punto togliete velocemente le tortine dal forno, liberatele degli stampini e rimettetele subito a cuocere per un’altra decina di minuti, o fio a che non vedrete che anche la pasta laterale sarà bella cotta.
Servite i tortini caldi, appoggiati su un bel letto di misticanza (io avevo solo una fogliona di insalata e ci ho messo quella) e guarniti con un rametto di mentuccia profumata :-)