Questa ve la dovevo proprio ma proprio far vedere. L’adocchiai la prima volta dalla mitica smittenkitchen, nel lontano 2009 (urgh!). Dopo qualche mese la ritrovai qui da Sigrid (a proposito, ve l’ho detto quanto mi ha fatto piacere averla rivista sul monitor, e oltretutto bi-bambinata!?) e capii che lei, la perfida torta di mandarini, mi stava provocando.

torta di mandarini e mandorle01

L’anno scorso decisi di provare a rifarla partendo dalla ricetta cavolettosa (che prevedeva arance al posto dei mandarini), ma feci un disastro epico: dopo più di un’ora e mezza di forno era rimasta cruda e mi si spatasciò tragicamente. Voi ce l’avete la depressione da “dolce non riuscito”? È inferiore solo a quella da “lievitato non riuscito” (che dura almeno tre giorni). Insomma non mi sono più azzardata a rifarla, fino a quando non l’ho incontrata di nuovo su questo blog, con un procedimento leggermente diverso, e ho capito dove avevo sbagliato :-P

In quella di Sigrid, mutuata da Donna Hay, (che tra parentesi prevedeva 65 grammi di burro, che in questa non ci sono), usava due arance, mentre questa quattro o cinque clementine, oltretutto lasciate bollire fino a caramellarsi leggermente. Quindi il problema era sicuramente nella quantità di liquido, oltre al fatto che con tutta probabilità all’epoca usai arance troppo grandi. Mi era sembrata anche troppo dolce (la quantità di zucchero nelle due ricette è la stessa), così l’ho diminuito a 200 grammi, ma se vi piacciono i dolci poco dolci secondo me potete tranquillamente scendere ancora, anche a 150 grammi o meno.

Il bello di questa torta (oltre al fatto divertente di frullare i mandarini interi, con la buccia e tutto) è che è senza burro, senza latte e derivati, senza farina di cereali (e con molte uova, gulp!), e nonostante questo è strepitosa, e non ha nulla da invidiare ai dolci più soffici che avete mai mangiato.

Oltretutto avevo giustappunto sottomano una cassetta di meravigliosi mandarini; i miei erano con i semi (anche se pochi), quindi ho dovuto toglierli prima di frullare il tutto (vedi ricetta); se avete mandarini senza semi ancora meglio :-P

Per quanto riguarda le mandorle, se avete la farina già pronta buon per voi (ma è costosa e difficilmente ha lo stesso aroma di quella appena fatta in casa); se invece volete risparmiare un po’ potete fare come me e partire da quelle sgusciate, ma ancora con la pellicina. Vi basterà lasciar bollire le mandorle un paio di minuti, poi scolarle e pelarle (la pellicina sguscerà via molto facilmente se fate questa operazione a mandorle ancora calde); io poi le ho passate cinque minuti in forno ventilato a 170°C per farle asciugare e tostare leggerissimamente (nel caso mettetele in un solo strato su una teglia larga e agitatele in modo che si asciughino e tostino uniformemente).

Poi vi basterà frullare le mandorle insieme a un paio di cucchiai tolti dallo zucchero totale (lo zucchero serve a fare in modo che le mandorle non si trasformino in una crema prima di passare per lo stadio farinoso).

Prima di lasciarvi alla ricetta vi segnalo un evento molto bello, un vero e proprio corso di antroposofia, che si svolgerà dal 23 al 26 gennaio alla Zelata (vicino Pavia) nella bellissima azienda agricola biodinamica di Giulia Maria Crespi, Cascine Orsine. Si parlerà di cambiamenti, pratici e spirituali, di economia, di gestione del territorio e dei beni che tutti abbiamo in comune. E di arte, di bellezza, di collaborazione, di democrazia diretta, di nuove politiche per la scuola.

Ingredienti:
5 mandarini piccoli
1 litro di acqua pura
380 grammi di zucchero
1 presa di sale marino integrale
250 grammi di farina di mandorle
6 uova felici
1 cucchiaino di polvere lievitante

Il procedimento è facilissimo. Per prima cosa imburrate (oppure oliate) e infarinate con la farina di mandorle una teglia di una ventina di centimetri di diametro (la mia misura 21 centimetri sotto e 25 sopra, perché è leggermente svasata, ed è alta tipo 5 centimetri).

Versate l’acqua e 180 grammi dello zucchero in una pentola non troppo grande; mescolate con un cucchiaio di legno per far sciogliere lo zucchero, aggiungete i mandarini interi ben lavati e mettete tutto sul fuoco medio per un paio d’ore. Il liquido dovrà ridursi parecchio, ma attenzione a non farlo caramellare altrimenti i mandarini appassiscono (la prima volta che ho provato me li sono dimenticati sul fuoco e ho mangiato mandarini semicaramellati — non molto buoni, per la verità — per due giorni).

Lasciate raffreddare i mandarini nel quasi-sciroppo, poi scolateli (non gettate lo sciroppo, mettetelo un attimo da parte), tagliateli a pezzi per togliere i semi (questa operazione non è necessaria se avete quelli senza semi) e frullateli con il frullatore a immersione.
Preriscaldate il forno a 180°C in modalità statica.

Mettete il frullato di mandarini in una ciotola grande insieme alla farina di mandorle, i restanti 200 grammi (ma anche 150) di zucchero, il sale, le uova e la polvere lievitante, e mescolate bene incorporando un po’ d’aria (io ho fatto un passaggio nel KA con la frusta, l’impasto si è gonfiato un po’).

Versate tutto nella teglia, livellate agitando leggermente la teglia su un tavolo e infornate per una mezz’oretta, poi abbassate la temperatura a 160°C e lasciate cuocere ancora un quarto d’ora.

Quando sfornate la torta non fatele prendere un colpo d’aria o tenderà ad abbassarsi. Io l’ho mangiata così com’era, ma se preferite potete mettere di nuovo sul fuoco il quasi-sciroppo fino a farlo diventare uno sciroppo serio e poi usarlo (da freddo) per bagnare la torta come nelle belle foto di fotogrammi di zucchero.