Non mi sono mai piaciute le cose finte, e per cose finte non intendo solo la gente che finge o le bugie, ma anche proprio roba come i bottoni finti, che non aprono nulla, le finte tasche che in realtà sono cucite, e insomma tutti i finto qualcosa perché io poi sono una boccalona e ci casco e i bottoni cerco sempre di aprirli.

Credo sia questo il motivo per cui anche se — come Pollan racconta nell’introduzione al suo bellissimo libro “Cotto” — in tanti guardano programmi di cucina invece di cucinare (alla quale operazione l’americano medio dedica ventisette minuti al giorno o.O), personalmente non riesco a guardare qualcuno che cucina senza sentire una spinta irresistibile a farlo in prima persona.
Non mi basta guardare, non mi è mai piaciuto; sono più un tipo da tatto e olfatto che da vista :-) Anche quando scelgo una ricetta da provare mi lascio rapire dalla fotografia (che spesso è fuorviante!!) molto più che dal procedimento: quasi ne sento il profumo, le diverse consistenze, immagino i sapori.

Da buon grafico sono totalmente divorata da una deformazione professionale portata a limiti estremi (ce l’avevo molto ma molto prima di entrare allo IED), ed è difficilissimo per me prendere in considerazione uno scatto fotografico privo di grazia, poco luminoso, o, all’opposto, troppo costruito o pretenzioso (il cibo è semplice, è bello com’è, è l’apoteosi della perfetta nudità).

Beh, la prima cosa che mi ha colpito, anni fa, del lavoro di Valentina è stata proprio l’eleganza delle sue foto e il garbo con cui presenta le sue ricette; quando ho scoperto che è stata a lungo una danzatrice mi sono spiegata tante cose. Se non la conoscete, andate a fare un giro sul suo bel blog, Sweet Kabocha; oltre alla sezione che riguarda il cibo ce n’è anche una sulla vita sostenibile in generale, nella quale trovate anche ricette per cosmetici fatti in casa (come questa meravigliosa crema per il corpo alla camomilla), progetti di moda etica, una guida ai ristoranti vegan di San Francisco (dove adesso vive con il marito), tisane curative per digerire e per il mal di gola, e molto altro.

Sì lo so che sono qui per parlarvi del libro, ma volevo prima farvi conoscere la sua autrice, perché le pagine di questa bellezza trasudano la stessa delicatezza e attenzione della sua persona e del suo blog. Innazitutto devo precisarvi che anche se il libro tratta specificamente di cucina vegan, Valentina non segue una dieta completamente vegana, anche se fino a qualche tempo fa lo è stata in parte (mai al 100%: miele e polline ad esempio erano compresi nella sua dieta).
Lo scorso settembre ha scritto un post nel quale racconta lucidamente e molto apertamente il suo percorso alimentare, partendo dall’anoressia, passando dalla macrobiotica e poi eliminando per motivi etici anche il pesce, che era l’ultima proteina animale che ancora occasionalmente mangiava.

Dopo più di tre anni, la sua salute non era migliorata, anzi era forse peggiore rispetto agli anni precedenti; decise così di rivolgersi a una nutrizionista che le consigliò di reintrodurre il pesce; adesso ha ricominciato a mangiare anche latticini di capra e uova. Ho ammirato moltissimo la capacità che ha avuto di rivedere in gran parte le sue idee, nonostante la sua sensibilità verso gli animali sia sempre ben ferma, e il coraggio di scrivere di tutto questo e regalare la sua esperienza alla rete e a tante persone che come lei hanno avuto lo stesso problema.

La conclusione alla quale Valentina è giunta è la stessa che ho sempre intuito anch’io: ben venga la dieta vegana, se ti fa sentire meglio e migliora la tua salute, e se la senti adatta a te, in un determinato momento della tua vita. Ma è possibile che non tutti abbiano un organismo che riesce a vivere bene anche senza proteine animali, o che in determinati periodi alcune persone riescano ad avere una dieta che non preveda alcuna proteina animale, e poi il metabolismo cambi e se ne senta invece il bisogno.
Insomma, parola d’ordine libertà: di mangiare ciò che che ognuno di noi sente che gli fa bene, e di cambiare idea e dieta quando e come pensa (e sente) sia meglio, certo sempre consapevolmente, sia dal punto di vista della salute che da quello etico.

Veniamo al libro. Le ricette che ci troverete dentro sono tutte vegane, quasi tutte senza glutine se si usa avena gluten free. Il libro ha quattro sezioni: colazione, pranzo, cena e snack, e ognuna delle ricette è presentata in ciotole, invece che nei piatti, perché Valentina ama l’idea di un cibo coccola già tagliato e pronto da inforchettare, che quando si mangia da soli (c’è qualcosa di più triste di mangiare da soli a tavola?) si può portare in giro per casa, in giardino, o addirittura, con un coperchio ermetico, al parco. Oltre al fatto che le scodelle mantengono il cibo caldo più a lungo e sono perfette custodi di confortevoli zuppe invernali <3

Oltre alle ricette ci sono molti consigli nutrizionali non solo per chi è alle prese con una dieta vegana – come i modi per integrare la vitamina B12, che si trova solo nei cibi di origine animale – ma per chiunque voglia mangiare in modo più sano o comunque conoscere le proprietà nutrizionali dei vari alimenti, e come combinarli tra loro nel mondo più vantaggioso e saporito possibile. Io ho trovato molto interessante anche la sezione dedicata agli zuccheri e all’indice glicemico, visto che sono una golosastra (come forse qualcuno avrà notato).

Inutile dirvi che il mio capitolo preferito è quello delle colazioni, il pasto della giornata che in assoluto adoro di più. C’è un bel po’ da spaziare, tra granole alla carota (e di lenticchie!), porridge di miglio, cuscus di riso, quinoa alla mela e budini di riso glutinoso; spero presto di provarne qualcuna e farvela vedere qui sul blog <3 Tutte le ricette sono molto originali e particolari e si vede chiaramente che c’è dietro ricerca e passione.

Last but not least, il libro in questione (oltre ad avere un meraviglioso profumo di terra umida), è stampato su carta ecologica, ha delle splendide foto ed è proprio bello graficamente, cosa, come vi dicevo poc’anzi, affatto trascurabile per la sottoscritta. Che dire. Per me un libro da avere assolutamente in libreria (o in bella vista in salotto), ottimo per chi sta cominciando a muovere i primi passi nel mondo vegan, per chi ci vive già da tempo, ma anche per gli onnivori curiosi come me (che oltretutto hanno tantissimi amici vegani!!).
Solo un’ultima considerazione: vorrei tanto saper scrivere in inglese come Valentina! E un consiglio per acquistarlo: ricordatevi che trovate questo librone (quasi 300 pagine!) anche qui, sulla nostra bellissima Ammuìna (con un cospicuo sconto per chi è socio!) <3