Roba seria, signori miei. Nonostante il diluvio. Non ne avevo neanche lontanamente sentito parlare, poi giovedì stavo buttando uno sguardo al sito di Repubblica in uno dei rarissimissimi momenti di semi-pace, e che ti vedo?
peonie
Un banner molto indovinato graficamente (da un grafico con stellium in vergine che si sente investita dal sacro fuoco di trovare il pelo nell’uovo in ogni dove è quanto dire) che pubblicizzava una fiera di quelle serie, argomento topico per me: fiori e piante rare (tra cui *aromatiche* mai viste), lezioni di giardinaggio biologico, esperti in coltivazioni biodinamiche.
Vabbeh, mi dico, si svolgerà come minimo in alto Adige. E invece, meraviglia delle meraviglie, mi mac-trasporto sul sito (altra sorpresa: ben fatto, ben diviso, chiaro e semplice) e leggo che Floracult si svolge a dieci minuti da casa mia, non lontano dalla Cassia.
Apprendo di Ilaria Venturini Fendi, che dopo aver lavorato a lungo nella moda ha sentito il bisogno di rivoluzionare il ritmo della sua vita, ha acquistato un’azienda agricola di 174 ettari all’interno del Parco di Veio, e l’ha convertita al biologico (mi sembra una scelta estremamente coraggiosa, visto il punto di partenza). E di Antonella Fornai, che le ha proposto di utilizzare l’azienda per qualche giorno per creare un punto di incontro tra le persone che hanno la passione del giardinaggio e dell’orticoltura.
floracult
Gaudio e giubilo, se non fosse che abbiamo appena vissuto la primavera più piovosa degli ultimi trent’anni, e che il bollettino meteo prometteva tre giorni di cateratte del cielo proprio i fatidici venerdì, sabato e domenica della fiera.

Infatti venerdì ero dietro la finestra con la faccia quella dei cagnolini in gabbia, e sabato consumavo il pavimento del salotto camminando avanti e indietro con aria disperata; alla fine domenica ho detto a zac che sarei andata anche a nuoto, così il mio povero quasimarito si è rassegnato a seguirmi nell’avventura (cosa che comporta – tra le altre – badare a Emma mentre fotografo, rompo le scatole a tutti e giro come una trottola, quindi è stato praticamente un eroe); abbiamo approfittato di una schiarita e siamo approdati ai Casali del pino.
Vi rimando alle foto sul sito perché la bellezza del posto è veramente indescrivibile, nonostante il cielo plumbeo che ci sovrastava al momento.

Insomma, tra la folla festosa nonostante la fanghiglia inclemente (ho visto una signora, poverina, che aveva caricato una pianta bellissima – e altissima – in una specie di grossa carriola da giardino, e che ha promesso metà delle sue fortune a un inserviente del parcheggio perché la aiutasse ad arrivare alla macchina senza essere inghiottita dalla melma) riesco addirittura ad ottenere un accredito (organizzazione praticamente impeccabile, in italia cose così ne ho viste poche), e mi metto a cercare qualcosa di interessante a livello consapevole-culinario.
libreria arte e fiori
Faccio appena in tempo ad ascoltare per qualche minuto un tipo che con l’ausilio di diapositive e microfono spiega ad un piccolo pubblico come *non* potare le piante da frutto, a svolazzare tra i banchi della libreria OOLP (mai sentita ma debitamente annotata) come una farfalla impazzita in un insperato campo di fiori colorati, e a scambiare due chiacchiere con una professoressa (Antonella Canini se non sbaglio) del dipartimento di Biologia dell’Università di Tor Vergata, che è lì per diffondere un bellissimo progetto che prevede l’adozione delle specie botaniche della macchia mediterranea, (tutto questo nell’arco di venti minuti scarsi), che all’improvviso gli elementi si scatenano, il cielo si apre e decide di rovesciare sulla testa di tutti i presenti l’acquazzone definitivo, quello che non puoi ignorare neanche se sei Amundsen.
floracult rose
Non c’è bisogno che vi dica quanto hanno gradito fiori delicati (e antichi, e rari, e introvabili) come peonie e rose la cosiddetta “incasata d’acqua” (espressione napoletana che indica acqua che cade dal cielo come se venisse giù da un secchio ciclopico). Avevano un po’ tutti un’aria indignata: “petalati come noi, in cotali ambasce, umpf”.
E per fortuna che Emma aveva le mini-galosce, perché il fango ulteriore che ne è derivato l’ha divertita moltissimo; ha deciso che affondarci dentro fino alle ginocchia era un gioco del tutto apprezzabile.
A quel punto abbiamo ripiegato dove si sono riparati praticamente tutti: il ristorante (che è filo-biologico ma non ancora convertito al 100%), che però ovviamente era impraticabile: solo posti in piedi e camerieri (tutti giovani, carini ed eleganti) devastati dalla folla, peraltro devo dire molto composta e tranquilla.
Alla prima tregua ho rifatto capolino come un fringuello, ma ormai il tempo rimasto a disposizione era veramente esiguo (improrogabili impegni familiari). Nonostante questo posso ritenermi soddisfatta, poiché, pur arrancando su un tappeto di paglia, lungimirantemente sparsa a tonnellate sul prato fangoso, sono riuscita a conoscere alcune persone che mi sono piaciute tantissimo, ed eccovele qua.
Cominciamo con Alberto della Senta, che era lì, accanto alle sue fragole biodinamiche (uau). In questo sito potete leggere alcune informazioni su di lui (e spiegazioni *estremamente* interessanti sui preparati biodinamici per l’agricoltura: io me lo sono girato tutto – guardate qui, merita, davvero).
Questo signore non ha bisogno di grosse presentazioni, perché è già piuttosto conosciuto nell’ambito dell’agricoltura biodinamica; è stato spesso ospite di trasmissioni divulgative in televisione (grazie al cielo ogni tanto fanno vedere anche qualcosa di interessante in tv) e dei suoi frutti biodinamici ne ha parlato addirittura la stampa internazionale.
floracult fragole
Come potete vedere dalle foto (lui troppo carino mi ha mostrato tutta la documentazione, una di quelle persone semplici e schiette, e orgogliose delle scelte difficili che hanno deciso di fare) l’INRAN (l’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione) ha svolto una ricerca sulle *sue* fragole e l’ha inserita in una pubblicazione che tratta proprio di prodotti biologici e biodinamici.
I fortunati che riescono ad avere le sue fragole in genere le *prenotano*, nonostante i prezzi siano un po’ più alti; provengono da piantine felici, non hanno bisogno di zucchero per essere buone e rimangono fresche molto più tempo di quelle alle quali siamo abituati.
Gironzolo ancora un po’ e adocchio da lontano un signore, stivalato e munito di cesoie, in mezzo a quello che sembrava un piccolo giardino di meravigliosi alberi di limoni (e aranci, e mandarini cinesi, e cedri)… gli agrumi sono la mia passione, e il tipo di limoni che vedete nella foto li adoro particolarmente: ce li avete presenti, lunghi e stretti, con la buccia nè troppo grossa nè troppo sottile, e il profumo migliore del mondo?
Alberto Della Senta
Mi appropinquo con l’aria che deve avere la volpe quando si accosta al pollaio e gli chiedo notizie su un albero di limoni stupendo, carico di frutti, con un bel tronco spesso che testimoniava il superamento dei vent’anni di età; Giuseppe Messina, il titolare di Hortus Hesperidis (non è un nome meraviglioso?) mi spiega che l’albero è coltivato biologicamente, e che quindi i frutti che vedo non sono (come quasi sempre si trovano nei vivai) dovuti ad un bombardamento di ormoni, ma del tutto naturali; che gli agrumi vanno tenuti “stretti” cioè in vasi non troppo grandi.
Floracult
Solo dopo, girando sul suo sito, mi rendo conto che le piante erano tutte nane (un limone *nano*? Due passioni in una… ma questa è un’altra storia), in modo da essere adatte alla coltivazione amatoriale; i frutti però erano a grandezza naturale, naturalissima.
Lo lascio con il proposito di cercarlo di nuovo a Roma, al Parco dei Daini a Villa Borghese, a metà settembre, dove lui mi ha detto che parteciperà a una fiera che si chiama “la Conserva della neve“.
Ultima tappa, e questa me la sono proprio cercata, anzi era il motivo primo per il quale mi sono mossa verso l’ignoto, è stato lo stand dei fratelli Gramaglia di Torino, meglio conosciuti come “i conservatori delle erbe”. Questi signori hanno un vivaio dedicato alle piante aromatiche e medicinali ormai da più di vent’anni, e se avessi avuto il tempo mi sarei seduta lì, avrei scelto una piantina di ogni tipo, chiedendo lumi su ognuna di esse e annusandole una per una. Purtroppo il tempo era agli sgoccioli, e quindi ho potuto solo scambiare due chiacchiere con Solange Palenca Tabulazzi, che è stata gentilissima, e comprare al volo la piantina di coriandolo biologico che stavo cercando da un secolo, insieme ad un altra di finocchio selvatico che ho afferrato al volo.
floracult
Sono riuscita a scattare solo una foto striminzita (non so quanti tipi di basilico c’erano, questi erano solo una piccola parte), ma ho portato con me anche una notizia molto interessante: Solange sta aprendo un punto vendita a Fiano Romano, proprio da queste parti; sarà pronto probabilmente per settembre, e appena sarà possibile spero di farci un salto per mostrarvi dove e come si sarà sistemata, e tutte le piantine meravigliose che ci saranno.
Spero tanto di vedere altre iniziative come questa, nella campagna romana; se lo merita perché è in grado di lasciare senza fiato. Però la prossima volta all’asciutto, ché con quell’umido mi sono beccata la ventesima influenza dell’anno (coff).