Come vi avevo preannunciato, ecco il post sulle farine, che ho potuto scrivere grazie a Sonia Floriddia che mi ha rimproverato più volte di utilizzare (e consigliare!) negli impasti la farina manitoba. A quanto pare usare questa farina non è affatto una scelta consapevole, anzi non va bene proprio per niente e adesso vi spiegherò perché.
glutine intolleranza
Ciò che leggerete in questo post è per la massima parte tratto da un testo di Matteo Giannattasio, medico, agronomo, professore di biochimica vegetale, e molte altre cose che potete vedere ad esempio qui; e che ha scritto tra gli altri questo libro e questo.
Per prima cosa bisogna sapere che il chicco di frumento non è un seme ma un frutto secco (i botanici lo chiamano cariosside). Il primo strato esterno è la crusca, poi troviamo l’amido e il glutine (la farina), e all’interno il germe. Più la farina viene raffinata, più rimangono solamente l’amido e il glutine. Molto tempo fa nel frumento il glutine era presente per il 10%; oggi il grano ha subito moltissime modificazioni ed è arrivato ad avere fino al 18% di glutine; questo è uno dei motivi delle allergie al glutine e della celiachia che stanno diventando sempre più frequenti.

È da non credere quali e quante sono state le modifiche alle quali il grano è stato sottoposto. Anticamente gli agricoltori si limitavano a fare la “selezione massale”, cioè semplicemente sceglievano le piante che producevano di più e che davano il grano più buono.
Negli ultimi cent’anni si cominciò a pensare di far diventare il grano molto più produttivo, cospargendolo con dei concimi a base di nitrati di sintesi. Essendo il grano una pianta forte e combattiva non accettava di buon grado questa procedura: si cominciarono allora a selezionare i tipi di grano che assorbivano il veleno senza morire, abbandonando le piante che non accettavano i nitrati (ad esempio il farro piccolo e le varietà antiche di grano), anche se resistevano meglio alle malattie e davano un grano di qualità superiore.

Purtroppo i nitrati, oltre a peggiorare la qualità del grano, rendevano le piante più suscettibili ad ammalarsi; nacque così la necessità di creare piante più resistenti alle malattie. Un certo Strampelli cominciò a incrociare varietà e specie diverse per avere piante che resistessero meglio ai nitrati e che quindi rendessero di più quantitativamente. Dopo Strampelli, negli anni ’70, si cominciò a modificare il grano prima con agenti chimici, poi con le radiazioni nucleari.
storia del grano
Irradiando con raggi gamma frumento della varietà “Cappelli”, alcune piante mutarono geneticamente. Queste piante mutate furono poi incrociate con una varietà di frumento tenero di origine messicana, e ne nacque il grano “Creso”, che fu poi a sua volta incrociato con altre varietà fino ad ottenere molti dei tipi di frumento che si coltivano oggi (Simeto, Colosseo, Adamello, etc.). E non finisce qui.
In questo momento si sta cercando di modificare ulteriormente il frumento con l’ingegneria genetica, per ottenere piante ancora più resistenti ai pesticidi. Ovviamente questi veleni finiranno poi nel grano che arriverà sulle nostre tavole, nella paglia che mangeranno le mucche, nel terreno.
Tutte le modifiche di cui sopra sono state operate anche per ottenere piante con una sempre maggiore quantità di glutine, perché le farine più glutiniche sono più elastiche, e quindi è più facile ottenere prodotti molto lievitati come panettoni, pandori etc; ed ecco che arriviamo alla manitoba, una varietà di grano canadese, ad altissimo tenore di glutine. Ecco perché Sonia mi ha rimproverato, ed ecco perché in tutta coscienza e con mio sommo dispiacere cercherò delle alternative per fare lo stesso le cose che mi piacciono nel modo più sano possibile.
Per quanto riguarda dolci come il pan di spagna o altre torte dove viene utilizzata la farina molto fine, come la 00, sembra sia possibile utilizzare la farina di tipo 1 (semintegrale) mescolata con una piccola percentuale di fecola di patate. Per il pane invece ho già fatto qualche prova con la farina 1; il procedimento è un po’ diverso, lo spiegherò meglio in un prossimo post dedicato a questo argomento; ha bisogno di sperimentare con tempi diversi per la lievitazione; apparentemente l’impasto crudo lievita meno, ma poi in forno si gonfia quanto quello fatto con la farina 0, inoltre devo ammettere che il sapore è sensibilmente migliore, nonostante io non sia mai stata una fan del pane integrale, anzi.
Sto considerando l’ipotesi di acquistare un mulino casalingo per farmi la farina fresca in casa; comprare e stoccare il grano dovrebbe essere più semplice e meno dispendioso di farsi arrivare la farina giusta. Concludendo, mi rendo conto che devo sempre essere pronta a cambiare le mie abitudini, e non mi riesce facile per niente accettarlo. Ma quando scopro qualcosa di nuovo, non riesco più a regolarmi come prima. Adesso che so tutte queste cose sul grano, so già che non riuscirò più a fare il pane serenamente se non trovo una farina antica e non troppo raffinata. Uff. Che fatica.