Torino è veramente una città con tante facce; multietnica, tollerante, sorridente e precisa. La gente apparentemente è sulle sue, poi quando rivolgi la parola a qualcuno inaspettatamente ti racconta di quando in quella strada che stiamo percorrendo con l’autobus l’acqua della Dora arrivava ai primi piani delle case, e non si poteva passare.

Questo giro-libro per me è stato un po’ un banco di prova; il primo vero bagno di folla. Ho dovuto confrontarmi direttamente con la gente, de visu, cosa difficilissima per me visto che sono sempre la bambina che da piccola non aveva neanche il coraggio di guardare negli occhi le persone quando le parlavano. Non so se sono stata brava, so solo che bene o male sono riuscita a rispondere alle domande, a spiegare le mie posizioni senza essere aggressiva, a fronteggiare gli odiati microfoni e a non impappinarmi troppo (non sempre).
Ho potuto abbracciare alcune persone che conoscevo solo virtualmente e ne ho incontrate altre che mi hanno profondamente commossa. Che sono venute a Torino solo per vedermi, per parlare con me, per allungarmi di nascosto biglietti meravigliosi che porterò per sempre nel cuore.

Vi descrivo a volo radente quello che abbiamo fatto: giovedì siamo stati prima al caffè letterario del Salone del gusto, dove una bellissima libreria che si chiama L’ibrida bottega raccoglieva i libri che venivano presentati. Sono arrivata con mezz’ora di ritardo (ehm – sul mio programma c’era scritto le 16, giuro) e dove sono stata intervistata dalla giornalista Silvia Ceriani insieme a Sara, di pentolapvessione, che sta provando a rifare tutti i piatti del talismano di Ada Boni(!), e a una carinissima giornalista che si chiama Raethia Corsini che presentava un suo libro sugli chef che si chiama “Spiriti bollenti“.
Subito dopo, sempre nel salone, siamo state intervistate da una tipa carinissima di radio flash.

In serata siamo stati in un locale troppo carino che si chiama Papille (se capitate a Torino andateci assolutamente, e salite a vedere anche il piano di sopra, è stu-pen-do!).

Venerdì siamo state prima da Eataly, che ci aveva contattato per vendere il libro (e infatti adesso lo trovate anche lì), poi abbiamo mangiato un boccone e siamo scappati alla Libreria Coop, al centro di Torino, dove ho visto un sacco di bellissimi artisti di strada (credo ci fosse una specie di convegno, erano meravigliosamente dappertutto e la pulcina li ha adorati), dove abbiamo chiacchierato – in tandem con Karl Kraehmer del Movimento di decrescita felice – di cibo e consapevolezza, con alcune persone che erano intervenute nella loro saletta conferenze; c’era anche una signora molto dolce di Roma che già avevo conosciuto qualche mese fa e un giovanissimo studente fuori sede che abbiamo amato follemente, perché era il più curioso e illuminato di tutti.
Sabato abbiamo dovuto risolvere un po’ di casini perché il corriere (TNT) non ci ha recapitato dei libri che ci servivano, e quindi abbiamo dovuto distribuire le poche copie che avevamo tra un posto e l’altro; in serata siamo stati in un posto strepitoso, sulle colline di Pino Torinese, e abbiamo conosciuto gente indimenticabile, come Carol, Marta e Maurizio dei Fratelli Carpione (per non parlare dei loro fichissimi genitori) e un tipo veramente pazzesco, tale Mauro Musso, che mi ha portato tre pacchetti mooolto interessanti, e che merita tutto un discorso a parte (un discorso con un sacco di farina e uova dentro) e che forse forse avrò modo di presentarvi molto presto su queste pagine (vi prego andate a vedere il suo sito, merita veramente la visita).
Abbiamo mangiato meravigliosamente – non ve lo posso descrivere, dovete tassativamente andarci – e abbiamo fatto tardiiiiii (povera la mia pulcina).

Domenica faceva un freddo terribile. Le Alpi erano tutte spolverate di bianco e avevamo in programma una dimostrazione all’interno di Agricoultura, un mercato animato (animato nel senso che si fanno anche teatro, laboratori e un sacco di altre cose) che si svolge ogni quarta domenica del mese al Foro Boario di Moncalieri.
Abbiamo chiacchierato con le signore che si trovavano lì su come utilizzare gli scarti della pasta madre, in un capannone praticamente all’aperto!!! Nelle foto io sono vestita praticamente come un pupazzo di neve, ma è stato bellissimo; c’erano tante signore interessate e due pastonudiste splendide venute apposta per conoscere *me*(!).
Era presente anche Walter Sorrenti, che è uno dei pusher di pasta madre sul territorio di Torino (vedete l’icona del vasetto alla vostra destra? Provate a cliccare…).
È arrivato anche Andrea Trenta che ovviamente non ha perduto occasione per vessarmi, e ci siamo divertiti un sacco anche se l’unica stufetta presente ha esalato l’ultimo respiro dopo dieci minuti dall’inizio.
Quando siamo partiti ho scelto di non portare la macchina fotografica; avevo bisogno di concentrarmi su ciò che dovevo dire e fare e sapevo che avrei dovuto essere più davanti all’obiettivo che dietro (sigh). Per fortuna però a Torino abbiamo trovato una donna splendida, Chiara Ulivi, che ci ha seguiti con la macchina fotografica e ci ha regalato alcune delle immagini che vi inserisco in questo post (oltre alla bella foto di Torino che avete visto un paio di post fa).
Non fate caso per favore alla foto di apertura e all’ultima (io sono quella di spalle e non voglio sentire commenti sul mio abbigliamento!!!) perché le ho recuperate dal cellulare, la prima dal finestrino della macchina (in movimento oltretutto) e l’ultima l’ha scattata zac nel capannone, dove la luce era scarsissima.
A tutto questo po po’ di organizzazione ci ha pensato la mitica Marlena (è quella donna bellissima che vedete nell’ultima foto), che ha un’associazione che si chiama “PePa – Palati educati Palati appagati”, e mi sa che il nome non ha bisogno di presentazioni (la trovate anche su facebook).
Insomma, il primo pastonudolibro sta conquistando il nord; adesso preparerò anche una pagina con la mappa di tutti i posti dove potrete trovarlo. Per quanto mi riguarda adoro viaggiare e spostarmi… adesso però metterei uno stop e vorrei al limite muovermi solo nelle immediate vicinanze.
Sento moltissimo quello che la Claudia che ben conoscete spiegava tempo fa quando ci introduceva nei mesi freddi che stavamo per percorrere: “Per me, in novembre, ci dovrebbe essere almeno una settimana di riposo legalizzato. Chi vuole se ne sta a casa, in ferie, e riprende un attimo fiato (…) un qualcosa tipo tirare le somme, fermarsi un poco a pensare a come era andata la stagione. Mettere in ordine. Rilassarsi un attimo. Lasciarsi andare all’introspezione, più che all’attività frenetica. Che è poi quello che succede fuori.”
Al momento ho voglia solo di cucinare e scrivere, di esservi un po’ più vicina, sia pur virtualmente, e di chiacchierare con voi seduta alla tastiera, tra una pausa accanto al caminetto (avete notato che fa freddoooooo!!?) e una tisana bollente. Datemi qualche giorno che mi riorganizzo, e cominciamo :-)