Vi stavate per caso chiedendo se avessi ficcato l’estrattore in una scatola in soffitta? Vi avevo promesso meraviglie, certa che tra la primavera e l’estate lo avrei stra-usato, e invece sapete che è successo? In luglio e agosto quando trovavo la frutta fresca me la mangiavo così com’era, e anche le verdurine primaverili non mi veniva di metterle nell’estrattore.
latte di mandorla home made
Quindi con il mio infinito tempismo che faccio? Ve lo piazzo qui a tradimento a un paio di giorni dal Natale, in mezzo alla cascata di ricette di panettoni e pandori e tutti gli altri dolci natalizi, che io ovviamente vi proporrò tipo il 7 gennaio, quando deciderete di disintossicarvi dai pranzi e dalle cene luculliane di questi giorni. Per quanto riguarda noi credo che andremo di una sola portata sia a Natale che a Capodanno, che ormai più di quello lo stomaco non accetta; magari un dolcetto… quello sì… e i biscotti da lasciare a Babbo Natale, quelli se mi riesce l’esperimento ve li faccio vedere (appetitosi e gluten free).

Torniamo all’estrattore, gioia e delizia di casa zac. Mai attrezzo fu più utilizzato e amato di questo aggeggio rotante. In questi mesi ci ho giocato parecchio, ma nulla di particolarmente eccitante (non è che vi faccio vedere il succo di mela e carota, quello mi sa che già ve lo sapete fare da soli); ci ho fatto una gelatina di more (che vi racconterò in tempi estivi), e ci sono finiti dentro finocchi, sedano, uva fragola, melograni (con i melograni è una mano santa!), zenzero, e varie altre cose buone.
Ho anche studiato un po’, e da quello che ho letto in giro ho capìto che il motivo per cui nelle cure tipo Gerson, di cui vi ho parlato nel primo post di questa rubrica, i succhi sono meglio della frutta e della verdura tal quale. Secondo questa cura infatti un malato dovrebbe assumere dagli 8 ai 12 chili di verdure al giorno, e tutta quella cellulosa sarebbe quasi impossibile da digerire per una persona che oltretutto è anche debilitata e inappetente: bere un succo costa molta meno fatica. I succhi vengono assimilati molto più facilmente e velocemente dei frutti e delle verdure intere e l’organismo non deve spendere energie per la digestione. Ma tutto questo deve avvenire sotto il controllo di un medico.
In questo articolo su Foodmatters, che analizza la differenza tra succhi e smoothies (=frullati) potete leggere alcuni motivi per cui è importante sapere ciò che si fa anche quando si usa un estrattore. È vero che i succhi sono particolarmente utili quando si ha un sistema digestivo che magari fatica un po’ ad assimilare e digerire una grande quantità di fibre (per costituzione o a causa di qualche malattia), ma quando la fibra viene rimossa gli zuccheri vengono assorbiti dal sangue molto velocemente, e possono portare anche forti picchi glicemici. Alcuni tipi di frutti sono molto zuccherini, quindi bisogna saperli miscelare correttamente e soprattutto non esagerare (o affidarsi a un medico veramente esperto).
I frullati, o smoothies, invece mantengono tutta la fibra (anche se questa viene assunta già “masticata”), quindi il picco glicemico è scongiurato; in questo caso però la quantità di frutta e verdura che si riesce ad assumere è molto minore rispetto al succo. Nell’articolo ci sono anche un paio di regole piuttosto utili sia per i succhi che per i frullati; ve le riporto tradotte per chi avesse difficoltà con l’inglese.
Per prima cosa, meglio non mescolare le verdure con la frutta (fatta eccezione per le mele, ma non spiega perché); ad esempio carote, barbabietole, broccoli e zucchine non si combinano bene con la frutta perché hanno un’alta percentuale di amido. Questi ortaggi andrebbero a quanto pare mangiati da soli perché gli amidi hanno bisogno di enzimi digestivi differenti rispetto a quelli che servono per la frutta, e mescolati causerebbero fermentazioni e gas intestinali. Gli ortaggi a foglia invece sembra si combinino bene con qualsiasi cosa.
Secondo consiglio, molto meglio bere i succhi e i frullati freschi e appena fatti, e comunque entro una quindicina di minuti; trascorso questo tempo la maggior parte dei nutrienti vengono inattivati da luce e ossigeno.
Terza dritta, non acquistate un estrattore o un frullatore di scarsa qualità; se le verdure e la frutta si scaldano o vengono a contatto con l’ossigeno (come nel caso delle centrifughe normali o dei frullatori più economici) gli enzimi e i nutrienti vengono distrutti.
Bene. Noi in questo caso il juicer lo utilizziamo per fare una cosa innocente e assolutamente tradizionale e radicata nella nostra cultura come il latte di mandorle, quindi possiamo stare tranquilli! Non mi resta che trascrivervi il procedimento da seguire con l’estrattore, che vi semplificherà decisamente la vita culinaria, e raccomandarvi di non gettare lo scarto “secco” che ricaverete dal latte, perché vi servirà come ingrediente per una cosuccia che devo farvi vedere per sedurre Babbo Natale la notte più eccitante dell’anno (almeno per una certa minizac che non fa altro che saltellare in casa contando le ore che mancano al mattino del 25).
Se ben ricordate, un procedimento per fare il latte di mandorle ce lo fece vedere tempo fa un certo chef di nostra conoscenza, che adesso ci sta un po’ trascurando perché è impegnato su un sacco di fronti importantissimi, tra cui un negozio strepitoso che si chiama “le cose buone di Nannina” che ha appena aperto a San Gennaro Vesuviano.

Rispetto al suo procedimento (che aveva il vantaggio di utilizzare meno mandorle) il latte di mandorle fatto con l’estrattore ha di buono che intanto non è zuccherato (per molti, e anche per me, questo è un plus decisivo); le mandorle vengono ammollate per tipo ventiquattr’ore (quindi i fitati vengono in parte inattivati) e c’è meno fatica da fare, perché potete lasciare le pellicine (io le ho tolte, ma io… lo sapete no?); poi non bisogna spremere il panetto, tranne quel poco che magari rimane nel juicer e quindi è più umido. Inoltre vi trovate bell’e pronta la materia prima per giocare a fare i piccoli chimici del cibo senza glutine… ma questo ve lo farò vedere in seguito (come vi minacciai poc’anzi) 3:->

La ricetta decisiva l’ho trovata su uno dei blog che mi ha segnalato la mitica Arianna del mio cuore, che quando si tratta di innovazione e ricerca è sempre in prima linea, e che saccheggerò abbondantemente nei prossimi mesi. Voi rimanete nei dintorni, che qua l’anno nuovo si prospetta pieno di risorse!
Dimenticavo: se non avete l’estrattore, Danielle ha anche un procedimento suo per fare il latte di mandorle a mano, pure questo con ammollo leva-fitati e sugar-free; è semplicissimo, lo trovate qui e vi serve solo un blender un po’ potente (ma secondo me ci si fa pure con un buon frullatore a immersione).

Ingredienti:
450 grammi di mandorle sgusciate
una presa abbondante di sale marino integrale
2 litri e 750 grammi d’acqua pura
1 cucchiaio di sciroppo d’acero o di miele, o un dattero (opzionale)

Sciacquate le mandorle e poi mettetele in una ciotola di vetro con circa un litro d’acqua e una presa di sale. Coprite con la pellicola e lasciatele in ammollo in frigorifero per almeno 24 ore (e al massimo 36). Dopo dieci o dodici ore cambiate l’acqua: scolate le mandorle, risciacquatele e aggiungetene un altro litro.
Trascorso questo tempo scolatele bene, dovrebbero essere quasi raddoppiate di volume. Se siete degli psicopatici spellatele una per una come ho fatto io, altrimenti saltate questo step e passate al successivo :-)
Rimettete le mandorle in una ciotola e aggiungete altro mezzo litro d’acqua, mettete in funzione l’estrattore e cominciate a versarci dentro qualche mestolata di acqua mista alle mandorle. Se dovesse incepparsi fermatelo un attimo, usate la funzione che lo fa girare al contrario per qualche secondo, e ricominciate con quella normale.
Raccogliete la polpa che è uscita dalla macchina, aggiungete ancora un 250 grammi d’acqua, mescolate e ripassatela nell’estrattore (prendiamo ancora un po’ di latte dallo scarto). Mescolate al latte ottenuto un’altra presa di sale,
A questo punto non dovete fare altro che versare il latte ottenuto (dovrebbe essere circa un litro) in una bottiglia sterilizzata facendolo passare attraverso un colino fine (ci sarà ancora un po’ di residuo), chiudere e conservare in frigo.
Se lo preferite un po’ dolce (ma davvero ha un gusto così stupendo che non ce n’è proprio bisogno) aggiungete lo sciroppo d’acero o il miele.
Tenete conto che quando andrete ad aprire l’estrattore per lavarlo ci sarà ancora un po’ di polpa di mandorle (a seconda del tipo di estrattore che avete usato); se volete (io l’ho fatto) potete raccoglierla, aggiungerla al residuo rimasto nel colino, mettere tutto in un tovagliolo di cotone pulito e lavato senza ammorbidenti e detersivi profumati e spremerlo ulteriormente, uscirà ancora un bel po’ di latte.
In questo caso, avendolo toccato con le mani, sarà meglio consumare un po’ prima il latte di mandorla, che di solito dura in frigo 4 o 5 giorni. Ma il problema non vi si porrà neanche perché il meraviglioso liquido bianco sparirà in quattro e quattr’otto.
Se ci riesco ci rivediamo domani con il dolcetto babbonatalizio!