In fatto di alimentazione stiamo diventando un po’ tutti masochisti. Le prove ve le sto dando un poco alla volta su questo valoroso sito: l’insignificante Philadelphia invece di una deliziosa Robiola; le fette biscottate, che tali non sono, invece di una bella fetta di pane a fermentazione naturale; la margarina finto burro al posto del burro vero; il latte magro o arricchito di omega-3 con l’aggiunta di olio di pesce invece di un gustoso latte intero bio o biodinamico; le bevande colorate e dolcificate con edulcoranti invece di un autentico succo di frutta, ecc. ecc. ecc.

L’eziologia di questa “sindrome da masochismo alimentare” è, per usare il medichese, multifattoriale, cioè sono diverse le cause che la provocano, ma la madre di tutte è il terrore, che ormai ci attanaglia, delle calorie e del grasso che fanno ingrassare (e pensare che il grasso, se è di qualità e nella giusta dose, nutre e dà sapore), del glutine e del lievito che danno intolleranza e difficoltà digestive, e di tant’altro ancora di commestibile che attenterebbe alla nostra linea e/o salute.

E l’industria alimentare cavalca questa psicosi collettiva. Come? Producendo alimenti di scarsa qualità che, come il lupo sotto le mentite spoglie della nonna di cappuccetto rosso, si fingono leggeri, delicati e salutari, mentre in realtà sanno di poco, non nutrono affatto e talora possono anche essere nocivi.

Lo slogan che Scotti s’è inventato per le sue gallette di riso (battezzate vezzosamente dal medesimo “risette”) è emblematico: “sono per chi cerca la leggerezza senza rinunciare al gusto”. Parole senza senso per i consumatori attenti ma che hanno facile presa su quelli sprovveduti.

Ed è proprio delle gallette di riso che voglio parlarvi oggi. D’acchito vi dico che ogni volta che qualcuno mi confessa che è solito consumare prodotti del genere al posto del pane, mi appare davanti agli occhi l’immagine di Totò in un film, di cui non ricordo più il titolo, che per la fame addentava una spugnetta di plastica divisa in due a mo’ di sandwich e spalmata di sapone. Poi dalla bocca dell’affamato Totò non potevano che uscire bollicine di sapone.

Il nome stesso, galletta, dà tristezza perché così si chiamava quel pane secco e a lunga conservazione che si dava ai soldati che andavano in guerra o ai marinai che partivano per lunghi viaggi negli oceani. Ma noi, che ormai spilluzzichiamo gallette tutto il santo giorno, contro chi siamo in guerra? Contro noi stessi ovviamente e contro la fame che ci divora per il succitato masochismo alimentare.

Mi dicono: “sì le mangio perché penso mi facciano bene, però sanno di polistirolo”. Che le gallette facciano bene è discutibile ma che sappiano di polistirolo è una sacrosanta verità.

E non potrebbe essere diversamente visto che la tecnica per produrle è la stessa che si usa per produrre la plastica. Incredibile! La tecnica si chiama estrusione, solo che cambia la materia prima, invece dei composti chimici da plastificare, s’impiegano chicchi di riso (o altri tipi di cereali e semi).

Questi vanno in una macchina, l’estrusore appunto, dentro la quale sono sottoposti ad un’elevata temperatura (sui 200 gradi) e ad un’enorme pressione, pari a 10 volte quella atmosfera (tradotta in peso, sono tonnellate/metro quadrato!).

Il passaggio nella macchina è rapido, poi il cereale, stritolato per bene, viene spinto fuori attraverso minuscoli fori. La differenza di pressione tra l’interno e l’esterno della macchina fa gonfiare il cereale. La galletta è pronta. Con lo stesso processo si fabbricano i vari prodotti espansi per la prima colazione tra cui i tanto amati corn flakes.

Qual è il valore nutrizionale di queste gallette? Sorpresa: a parità di peso hanno quasi il doppio delle calorie di un buon pane integrale. Poi le analisi hanno appurato che il trattamento ad alta temperatura fa perdere quel poco di lisina che c’è nei cereali (perché questo amminoacido, uno di quegli essenziali per il nostro organismo, va a legarsi al glucosio che si origina dall’amido per effetto della reazione di Maillard), e che distrugge anche buona parte delle vitamine.

Un aspetto ancora poco chiaro riguarda l’amido. Ci sono indizi che fanno pensare che, dopo il trattamento di estrusione, esso sia più digeribile perché gelatinizza. Il rovescio della medaglia è che un amido che si digerisce rapidamente può avere un alto indice glicemico, quindi è da consumare con parsimonia. Aleggia anche il sospetto che, per le condizioni estreme di temperatura e pressione all’interno dell’estrusore, si formi acrilamide, una sostanza riconosciuta come cancerogena.

Insomma, se state rinunciando al pane in favore delle gallette di riso perché pensate che queste siano più dietetiche e salutari, state probabilmente facendo un sacrificio inutile e forse addirittura dannoso.

Se invece siete davvero intolleranti o allergici al lievito (ma per la mia esperienza pazienti del genere sono rari come le mosche bianche), perché non farvi in casa delle saporitissime focaccine con farina di grano o di altri cereali? Chi ha la bontà di seguire questo mio consiglio, poi mi ringrazia.

Infine se siete allergici o intolleranti al glutine (evenienza quest’ultima, ahimé, piuttosto frequente) potete farvi focaccine mescolando farine di cereali diversi dal grano, come riso, mais, miglio, di falsi cereali come grano saraceno e amaranto o di castagna.

Provare per credere. In casa ne facciamo di sottili sottili e senza nemmeno il lievitante chimico. Ci vogliono pochi minuti, quindi niente scuse, il tempo si trova. Possono sostituire il pane e farcite con della buona marmellata o, perché no, con una crema di nocciola o cioccolata (di quelle buone ovviamente che potete trovare in un negozio bio), mi ricordano le meravigliose crepes che consumavo a Parigi al tempo in cui ero un giovane ricercatore, squattrinato sì, ma ricco di speranze ed entusiasmo.

Anche volendo sorvolare su quanto di negativo ho detto finora sulle gallette, vero o presunto che sia, c’è comunque da riflettere su due aspetti molto concreti.

Primo, questi prodotti costano circa 10 euro al chilo, vale a dire molto di più di una pagnotta di buon pane. Secondo, l’estrusione è un procedimento che tratta i preziosi chicchi di cereali che madre natura ci regala con temperature e pressioni estreme che nessuna pratica di cucina adotta. Vuoi che il nostro organismo non se ne accorga e ne soffra?

Dovrebbe bastare questo per dire no alle gallette di riso o di qualunque altro cereale. Se ci fosse buonsenso, ovviamente.