Mancano un paio di giorni all’anno nuovo, e non vedo l’ora di scavallare, perché gli ultimi due mesi sono stati i più stancanti del secolo. Un po’ la trasformazione del pasto nudo, un po’ in casa si è rotto tutto quello che si poteva rompere (cose inutili tipo i tubi dell’acqua o la caldaia), un po’ ho passato il 24 a letto con l’influenza.

Come da tradizione contadina, il lasso ti tempo compreso tra novembre e febbraio dovrebbe essere il momento del meritato riposo. Istintivamente mi chiuderei in casa, mi posizionerei accanto al caminetto e mi metterei a fare qualcosa tipo sbucciare noci e nocciole o imparare a lavorare a maglia, ecco. Invece ho un sacco di cose in cantiere e poca energia per nuotarci dentro. Per fortuna so già che girato l’angolo del primo dell’anno intravederò la primavera prossima ventura, e le forze torneranno.

Il giorno di Natale se non altro mi ha portato un’illuminazione riguardante il tempo e lo spazio (i tortellini sono dei grandi insegnanti); ho notato che facendo le cose molto lentamente il tempo si adegua e rallenta. Vi è mai successo? Questo è un buon proposito per l’anno che sta per entrare: rispolverare la mia offuscata napoletanità; i gesti lenti, la calma, la forza, immensa, che ne deriva. Questo per me sarà l’anno della tartaruga, magari con una spolverata di leone, una specie di chimera rivisitata e corretta.

Intanto vi racconto i tortellini del pranzo del 25, ché quelli anche se avevo l’influenza li ho preparati lo stesso. Lo so che sono un po’ fuori dai tempi questa volta… ma poi chi l’ha detto che i tortellini si devono preparare solo il giorno di Natale? Io adesso che ci ho preso la mano li farò molto ma molto spesso.

Per prima cosa, l’annosa domanda: che differenza c’è tra tortellini e cappelletti? Se ho ben capito i tortellini sono più piccoli (si fanno con un quadrato di pasta di 3 centimetri per 3 e si arrotolano sul mignolo) dei cappelletti, hanno meno ripieno e la pasta è tirata più sottile. Sono quindi più aggraziati, e la loro forma è più simile a un grazioso ombelico. Come vedete dalle foto i miei sembrano più dei cappelli, tutti impettiti con una bella visiera.

Ai ripieni non accenno nemmeno perché esiste una letteratura infinita e differenze da regione a regione (o da provincia a provincia!); questi che vi mostro sono degli onestissimi cappelletti ripieni di carne di cappone (ho trovato la ricetta qui) e cotti nel brodo dello stesso; su questo piatto ho sicuramente molto più da imparare che da insegnare, quindi se qualcuno vuole illuminarmi io mi metto zitta zitta sul divano (quello di prima, accanto al caminetto) e ascolto con grande interesse.

A chi di voi che ha guardato la foto pensando che questo sia un piatto complicato da preparare: *non è così*. Questa è stata la prima volta in assoluto che ho provato a fare pasta ripiena (eccettuati i ravioli, ma lì devi solo piegare e incollare) e non ho avuto nessuna difficoltà; si tratta solo di avere una paio d’ore di tempo (la merce più preziosa del mondo, soprattutto per le mamme!) e una dose anche abbastanza scarsa di pazienza. Se ci sono riuscita io potete riuscirci anche voi, e la differenza con i tortellini comprati, anche quelli artigianali, è abissale. Davvero. Provate.

Ingredienti:
per il ripieno:
1 cappone felice
2 uova vitali
1 carota
3 cipolle
una costa di sedano
due o tre foglie di alloro
qualche gambo di prezzemolo
un paio di spicchi d’aglio
un mazzetto di timo fresco
chiodi di garofano
noce moscata
un pizzico di cannella
50 grammi di parmigiano reggiano
olio d’oliva extravergine
mezzo bicchiere di vino bianco
sale marino integrale
pepe in grani

per la pasta:
150 grammi di farina 1
50 grammi di semola rimacinata di grano duro
2 uova felici

Il giorno prima preparate il brodo: lavate il cappone e toglietegli le eventuali piume rimaste, tagliatelo a pezzi eliminando le interiora (testa e zampe vanno lavate e messe nel brodo – alle zampe bisogna tagliare via la parte con le unghie; le interiora non gettatele ci si possono fare un sacco di cose buone); mettete tutto in una grande pentola molto capiente, aggiungete la carota, le cipolle nelle quali avrete infilato i chiodi di garofano, il sedano, il prezzemolo, l’alloro, il pepe in grani, l’aglio e la cannella, e riempite di acqua fredda.

Mettete tutto sul fuoco a fiamma bassa e lasciate sobbollire per un paio d’ore. Trascorso questo tempo assaggiate la carne per controllare se è cotta; spegnete, posizionate la pentola in un recipiente di acqua fredda per far scendere la temperatura velocemente e appena tiepida mettete tutto in frigo.

Il giorno dopo munitevi di guanti e pazienza, togliete il cappone dal brodo e mettetelo in una grande ciotola; asportate la carne, gettate le ossa, poi coprite e mettete da parte, filtrate il brodo e gettate le verdure e le spezie (tanto ormai avranno ceduto tutto al brodo) e mettete il brodo in frigorifero; in poche ore si formerà uno strato di grasso in superficie che potrete asportare molto facilmente, per rendere il brodo più digeribile (e meno lassativo).

Tritate la cipolla numero tre e fatela imbiondire a fiamma molto bassa in una padella bella larga, in un po’ d’olio d’oliva. Coprite in modo che la cipolla non bruci, se le cose procedono troppo velocemente aggiungete un cucchiaino d’acqua. Tritate la metà della carne del cappone molto finemente (potete anche decidere di frullarla, io preferisco sentire i pezzettini) e aggiungetelo alla cipolla, mescolate bene, lasciate soffriggere ancora un po’, poi sfumate con il vino.

Sbattete due delle uova e mettetele in padella insieme al resto, mescolando bene a fuoco basso per evitare l’effetto frittata. Cuocete per un paio di minuti poi aggiungete il parmigiano, una spolverata di noce moscata e il timo tritato. Coprite e lasciate riposare.

Preparate la pasta: impastate uova e farina (a mano o nell’impastatrice con la foglia) fino a quando non avrete una massa maneggevole, morbida e resistente allo stesso tempo; avvolgete bene in una pellicola e lasciate riposare una mezz’oretta.

Armatevi di macchina per la pasta o, se siete molto esperte, di matterello, prendete un quarto dell’impasto e stendetelo moooolto sottile, il più sottile possibile. Io con la macchina per la pasta l’ho prima passato due o tre volte a spessore 1, piegandolo ogni volta a portafoglio e infarinandolo di semola, poi una volta a spessore 3 e poi a spessore 5, che è il penultimo. il 6 per me è ancora irraggiungibile.

Ritagliate nell’impasto dei quadrati di 4 centimetri per quattro (io ho provato anche il fatidico 3X3 dei tortellini, ma me lo riservo per quelli veri, perché li farò, ah se li farò! Sono carinissimi così piccolini, guardate più sopra la foto mamma-figlio!).

Mettete una piccola porzione di impasto nei quadratini ritagliati, cercando di allungarlo un pochino in orizzontale (così sarà più facile piegare i cappelletti); inumidite con la punta del dito due dei lati del quadrato e piegate in modo da ottenere un triangolo (se non è chiaro date uno sguardo qui – santo sempre gennarino); poi prendete i due lato del triangolo e portateli davanti, bagnate anche quelli e uniteli. È cento volte più facile a farsi che a dirsi.

Man mano che preparate i tortellini appoggiateli su un canovaccio infarinato. Intanto sgrassate il brodo con una schiumarola e mettetelo sul fuoco a bollire allegramente, fino a quando non si riduce alla quantità che vi serve (e non ha più un sapore di acqua ma di brodo!).

Appena i cappelletti sono tutti pronti (ci vorrà almeno un’oretta, a seconda della vostra manualità) cuoceteli due o tre minuti nel brodo (assolutamente mai cuocere i cappelletti in acqua perché buona parte del sapore del ripieno verrebbe diluita irrimediabilmente) e serviteli immediatamente, fumanti, con un’altra spolverata di parmigiano, un po’ di pepe macinato e timo fresco.