Eccomi qui. In Italia, ancora. E ancora senza internet. Non mi manca, per nientissimo. E questa cosa mi da una certa qual botta di autostima, non so nemmeno io perché. Però mi manca il pasto nudo. E le storie di Izn, e Zac che è un po’ come la moglie del tenente Colombo, e i commenti e gli scambi di idee e di esperienze con tutti.
aprile stagionalità ortaggi
Volevo scrivere con *tutte*, perché in realtà mi sembra di rivedere, in questo luogo virtuale, la voglia di noi donne di continuare quel lavoro di cura e di mantenimento del benessere della famiglia che da sempre è nostra prerogativa. E che, in un periodo storico piuttosto allo sbando come quello in cui mi trovo a vivere, *sembra* scomparsa. In realtà è solo sommersa. Sono sempre più sicura che sia questo il vero lavoro sommerso di cui tanto si parla. Quello di milioni di donne che continuano a prendersi cura di mariti e figli e genitori nonostante un secondo lavoro – quello per portare a casa la pagnotta, tanto per usare una locuzione dotta. Chiusa la parentesi.
A dirla tutta, dopo una settimana non ce la facevamo più, perché il salto Baltic/town-Italia è stato difficile da assorbire. E, con la scusa che Alex non aveva mai visto Merano, ci siamo rifugiati in una sorta di limbo che non è Germania ma neppure Italia. O, meglio, che è tutti e due. Più vivace dei Nordici, ma senza il panico italico. Con la Promenade dedicata a Sissi, ma anche le palme.
E, devo dire con stupore, pur essendo in pieno centro, una volta chiuso alle nostre spalle il cancelletto d’ingresso, sembrava proprio di stare in un maso lontano da tutto e da tutti. Giurin giurello. Se non ci credete, farò una cosa che non ho mai fatto prima (egoisticamente sono tentata sempre di tenere per me e per chi amo le cose più belle che scopro, ma sto imparando…). Ecco.
Per non dire che a colazione, nella stube antica tutta in legno, c’erano le marmellate ed il succo di mela fatti in casa (ehm… anche altro, ma ho fatto promettere ai pochi testimoni di non rivelare a nessuno cosa ho trangugiato, nemmeno sotto tortura).
E a pochi passi c’è pure un ristorante completamente biologico, che si chiama Yosyag. Un nome che ha tutto un suo preciso significato, con staff e chef molto preparati e disponibilissimi allo scambio di esperienze culinarie, ed un dessert dal nome buffo (tipo “rogo di mele” o qualcosa del genere), una specie di tortino di mele con gelato e salsa alla vaniglia (che però scritto così risulta troppo riduttivo, visto che Alex, quando ci pensa, assume un’espressione a metà tra “oddio ho visto la luce” e “per un’altra porzione sono disposto a tutto”).
Comunque, dicevo, appena ho avuto la possibilità di collegarmi ad internet sono andata a leggermi il post di Izn sul risotto viola. E mi sono ricordata che avevo promesso un altro breve scritto sui cibi colorati, a suo tempo. Eccolo.

Allora: siamo in primavera. È ufficiale. Quindi, verde. Verde come le prime insalate primaverili, verde come le erbette di campo, verde come tutte quelle foglie che farebbe così bene mangiare in questa stagione. Perché, scendendo in Italia, mi sono accorta che non avevo voglia tanto di primavera, quanto di verde. Che, poi, ho scoperto che tutte questi alimenti verdi, che di solito si mangiano crudi (o appena scottati), sono un toccasana per il fegato
E che pure il colore verde, di cui molti sentono il bisogno, ora, aiuta i fegati stanchi. E adesso esagero, e mi aspetto che Izn mi suggerisca di togliere qualcosa perché c’è troppa carne al fuoco e poi non si ritrova più il filo del discorso (ma cosa volete che esca, dalla mente di una bilancia-scorpione ascendente gemelli? Mica c’ho i pianeti in vergine, io… ehm, forse due o tre, adesso che ci penso, eh eh).

Dunque, riordiniamo: Il verde pare aiuti il fegato (che in questo periodo è sottoposto ad un duro lavoro, con tutte le tossine accumulate durante l’inverno da smaltire, poraccio…).
Sto leggendo questo breve ma assai completo testo di cromoterapia, in questi giorni, e c’è uno schemino chiaro e conciso (evidentemente molti più pianeti in vergine di me): “La correlazione dei cinque elementi con organi, sapori, aperture del corpo, umori, colori”: verde-lacrime-occhi-acido-fegato-legno. Et voilà!
Quanto alle proprietà curative (sempre dallo stesso libro), il verde è: disintossicante, purificante, antisettico, battericida, favorisce la muscolatura e stimola l’ipofisi. Influisce sull’intero organismo, è particolarmente benefico per il sistema nervoso simpatico e aumenta la vitalità. Come già detto, si è dimostrato utile anche per il fegato e per i reni, nonché per promuovere il benessere generale.
Come sosteneva Dinshah P. Ghadiali (uno dei più noti studiosi degli effetti dei colori sull’uomo): se non si sa che colore usare, con il verde non si sbaglia mai. Molti cromoterapeuti si spingono oltre, sostenendo che un’insufficienza di verde potrebbe causare problemi alla cistifellea, o che si curerebbero con successo le ulcere con questo colore, ma io preferisco non andare oltre.
Il verde è anche il colore associato a vari fiori di Bach che aiutano in casi di stanchezza di vario tipo (Olive, soprattutto, e Elm, ma anche Gentian e Scleranthus). Sempre per caso, naturalmente ;-) Quanto ai chakra, ché mi sembra di non essere l’unica, interessata all’argomento ;-)), il verde è il colore del 4°, quello del cuore (un bel prato verde: ma non vi si apre il cuore solo al pensiero?)
Per quanto riguarda l’utilizzo del verde in cucina, che è poi quello che mi interessa di più, i raffinati distinguono tra verde-giallo (ha effetti rigeneranti sul piano fisico e aiuta gli apatici a recuperare l’entusiasmo) e verde blu (calmante e rilassante, utile per far calare febbri e infiammazioni e per rinforzare organi debilitati dallo stress). Sul post arancione avevo citato un libro di cromocucina: non l’ho ancora trovato, ma ieri ho scoperto che hanno un piccolo spazo virtuale, ed ho anche trovato il menu verde (molte delle informazioni da cui prendono spunto le ho trovate anche qui)!
Il verde primaverile della mia infanzia è sicuramente il tarassaco, e rigorosamente crudo, in insalata (mia madre faceva anche lo sciroppo, con i fiori gialli, e ce lo dava in inverno in caso di tosse, rimedio infallibile, certo e provato).
Poi l’ortica: tonica, depurativa, remineralizzante, e che il nostro amico bulgaro cucina sempre a mo’ di zuppa, ma che io adoro mescolata alle uova tipo frittatine strapazzate. Ed il crescione: pianta conosciuta fin dall’antichità come “l’insalata che guarisce”. Ha virtù afrodisiache, aperitive, rinfrescanti e vitalizzanti.
Ecco. Ma quello che più mi fa impazzire è l’aglio selvatico, o allium ursinum, l’aglio degli orsi. Ammetto che l’ho scoperto in Germania, una volta che mi trovavo a passeggiare in un bosco meraviglioso e romantico, ma con un unico neo: un olezzo aglioso tremendo. Ecco, era lui.
Degli orsi, perché questi animaloni, una volta risvegliati dal letargo, dopo aver dormito per mesi e mesi, si trascinano in giro a mo’ di ubriachi, fino a quando non trovano questa pianta odorante e se ne fanno delle gran scorpacciate; due giorni dopo pare abbiano già recuperato forze e buonumore (su questo non potrei giurarci, però: chiederò lumi a mio cognato, che ci lavora, con gli orsi dal collare). A me già questa spiegazione del nome è bastata per farmelo amico per sempre (non l’orso, l’aglio selvatico).
Per farla breve, ha un sacco di proprietà, ma tante. Nella medicina popolare ha le stesse proprietà dell’aglio, ma con poteri maggiori, in quanto selvatico. L’erba più importante che esista per ripulire il sangue, attività indispensabile in questo periodo, ma anche acne, eczemi e impurità della pelle. Perfetta per reintrodurre l’equilibrio in tutto il tratto stomaco-intestino (infezioni intestinali, parassiti, problemi ehm… dati da viaggi in paesi lontani); recenti ricerche hanno scoperto che ha degli effetti pure sugli eccessi di piombo (un interessantissimo articolo su questa rivista, ahimé in tedesco – ma io ve lo sto traducendo ;-)). In Germania, tra aprile e maggio, lo mettono ovunque: foglie sminuzzate nell’insalata, in morbide ricottine, in formaggi più stagionati, in una sorta di pesto, nel pane, gnocchi e pasta. Da provare!
Ci sentiamo a breve per il post su aprile, ché ora vado da mia zia, quella che sa i posti dell’aglio selvatico, così domani tutti in passeggiata a procurarsi la cena!