Mi capita spesso di partire da un ricordo confuso della mia infanzia quando penso alla cucina tradizionale napoletana. E immancabilmente ogni volta che studio la tradizione mi invaghisco di quello che scopro. Giorni fa ad esempio mi sono ricordata che quando ero una bambina a volte mia madre preparava una frittata di pasta, ma diversa da quella che conosciamo comunemente, molto diversa.

La frittata di pasta normale prevede ovviamente le uova, e per me è abbastanza proibitiva, per via di non so bene quale problema ha la mia cistifellea (e te pareva che la cistifellea ce l’avevo normale, no, no, anche quella, come la tendenza a formare calcoli renali, l’ho ereditata dal mio papà ovviamente: dismorfica, come la mia indole). In pratica se mangio la frittata due volte su tre comincio a sudare freddo, mi crolla la pressione e il resto evito di raccontarlo, và, che è meglio. La stessa cosa mi capita con il semolino, quello bollito nel latte, maaaaahhhhh!!! ‘Ste cistifellee!

Ebbene, la frittata di pasta che ricordavo io invece le uova non ce le aveva. Era solo pasta, e precisamente spaghetti, olive e qualcos’altro, cotti in padella. Ovviamente per prima cosa richiamo la mia mamma, che dopo gli struffoli già si era fatta le croci di rito (amore, ma ogni tanto però, mangia anche normale! Se no poi non puoi mai andare a mangiare in giro! Sei troppo rigida!!), che mi dice che, sì, la frittata di cui le parlo esiste, ed era il piatto preferito in assoluto da mio nonno. Però, oltre a dirmi che la nonna la preparava ripassando in padella gli spaghetti aglio, olio, olive e capperi non ricorda altro.

Che fare. Vado su facebook e chiedo a Teresa, ovviamente! Le lascio un messaggio criptico (tipo aiuto Teresa devo chiederti una *cosa* che solo tu puoi sapere) e in attesa che mi risponda faccio un giro in rete e… eureka! I casi della vita, che non sono mai casi: càpito sul blog di gastronomia più conosciuto a Napoli, Luciano Pignataro (imperdibile e grandissima fonte di ispirazione per i piatti della tradizione partenopea) e trovo questo articolo su Pasquale Torrente, chef del convento di Cetara, dove vedo una ricetta che somiglia moltissimo a quella che ricordavo io, anche se un po’ rivisitata e corretta.

È fatta: adesso ho la chiave per trovare quello che stavo cercando, il nome, frittata di scammaro (mooolto napoletano, come nome). Mi basta un giro di dieci minuti e ho tutto quello che mi serve (a parte un particolare, ma ve ne parlerò tra poco).
Innanzitutto dall’articolo su Luciano Pignataro apprendo l’interessantissima origine del nome: pare che anticamente nei giorni nei quali bisognava mangiare di magro, alcuni monaci, se per caso avevano qualche problema di salute (guarda caso) avevano il permesso di mangiare di grasso, ma dovevano farlo chiusi nella loro camera per rispetto agli altri (camera, in napoletano “cammera”, quindi “cammaro”, che per esteso è passato a significare “di grasso”); gli altri mangiavano di magro, “scammarati”, cioè fuori dalle loro camere, ed ecco l’espressione mangiare “di scammaro” :-)) Meraviglioso vero? Io mi commuovo sempre quando scopro queste cose del nostro passato.
Questa frittata è quindi un piatto quaresimale, e pare che tradizionalmente fosse fatta solo con tonno e olive, ma la versione che vi descrivo adesso è quella che va per la maggiore, ed è veramente deliziosa.

Per preparare questo piatto ho usato due cose molto preziose che sono entrate in questa casa solo grazie al pasto nudo: la prima è un bel pacco di spaghetti Felicetti. Ne avete mai sentito parlare? È un pastificio di Trento (andate a fare un giro sul loro sito e capirete): hanno sia produzione convenzionale che biologica (che ovviamente è quella che ci interessa); io ho usato gli spaghettoni fatti con grano varietà Matt (non è un grano antico come il kamut o il farro, ma stavolta glielo perdoniamo, và!), e acqua di sorgente montana prelevata a 2000 metri di altezza, coltivato in Puglia e Sicilia.
Vi consiglio spassionatamente anche il kamut e il farro: mai sentito un farro così elastico e così atto a tenere la cottura. Dicono bene sul sito, è pasta che si può anche strapazzare, rimane sempre al dente, meravigliosa dal punto di vista organolettico.
No, non mi pagano per dire tutte queste cose belle :-) A dire il vero abbiamo contattato quest’estate la Felicetti per chiedergli una sponsorizzazione, ma senza risposta (a parte il meraviglioso pacco di pasta che mi hanno inviato). E sia chiaro che non ve ne sto parlando perché mi hanno regalato la pasta (mi arrivano tante cose di cui non parlo), ma perché l’ho trovata veramente versatile (la sta acquistando anche Andrea di Re Desiderio, perché quando gliel’ho fatta provare è piaciuta moltissimo anche a lui). Grazie comunque del regalo, Christian (responsabile marketing di Felicetti, che conosceva già il pasto nudo grazie a sua moglie), se stai leggendo.
Per tutta la parte che invece riguarda la salute prima o poi mi sa che il prof ci farà un post dei suoi supercompleto (vero prooooof? :-)), perché sulla pasta, le temperature di essiccazione, i grani di provenienza e tutto il resto si potrebbe scrivere un’enciclopedia (per non parlare poi di quella biologica).

Il secondo prodotto che ho usato è un olio di oliva extravergine molto buono (grazie Marianna!! :-)) del quale spero di potervi parlare presto (ho in progetto di andare a trovare l’azienda). Per adesso vi dico che l’azienda si chiama “Le mandrie di San Paolo”, che l’olio è ottimo, che è umbro e che potete andare a scoprire qualcosa di più sul loro sito. Vi lascio anche il link del sito della strada olio dop umbra, dove potete trovare molte aziende interessanti (nell’ottica di andare a comprare direttamente dai produttori, risparmiando soldi e guadagnando consapevolezza).
Un’ultima considerazione prima di passare alla ricetta vera e propria (alla fine ho seguito questa su gennarino, chissà perché): prima di scrivere di un piatto lo provo e riprovo fino a quando non mi sembra perfetto. In questo caso ho già fatto lo scammaro due volte, e la seconda volta era molto più simile a quella che ricordavo io; solo che tutte e due le versioni che ho provato avevano in comune la difficoltà a stare insieme. Capiamoci bene, la frittata *sta* insieme, ma non *perfettamente* come vorrebbero i cinque pianeti in vergine, e potete immaginare il loro sconforto.

Ho dovuto girare e girare e girare sulla rete, e alla fine credo di aver trovato in un blog fermo al maggio del 2010, appartenente ad un ragazzo napoletano che dalla foto sembra avere poco più di vent’anni, il punto focale della questione. Nel post lui sostiene che dopo aver cotto gli spaghetti bisogna mantecarli energicamente per almeno un paio di minuti, in modo che rilascino l’amido, che sostituirà l’uovo nella funzione legante. Geniale! Come ho fatto a non pensarci? Provate voi (usate poca acqua per cuocere gli spaghetti, l’amido dovrebbe concentrarsi di più in questo modo, ve ne accorgete perché l’acqua diventa lattiginosa) e mi dite come viene così? :-)

Ingredienti:
300 grammi di spaghetti
100 grammi di olive nere (preferibilmente di Gaeta)
2 acciughe
1 cucchiaio di capperi sotto sale
1 cucchiaio di pinoli
1 cucchiaio di uva passolina (è più aspra dell’uva passa)
olio extravergine d’oliva
1 spicchio d’aglio
un mazzetto di prezzemolo
sale marino integrale
peperoncino fresco (facoltativo)

Togliete il nocciolo alle olive e sciacquate velocemente i capperi (di solito non li dissalo completamente perché mi sembra che perdano sapore) e tritate tutto a coltello grossolanamente.
Coprite il fondo di una padella (meglio se di ferro) con l’olio e a fiamma bassa fate leggermente imbiondire lo spicchio d’aglio schiacciato. A questo punto togliete l’aglio e mettete in padella i due filetti di acciuga, facendoli sciogliere con un cucchiaio di legno.
Aggiungete le olive e i capperi tritati, l’uva passolina, i pinoli (se preferite potete tostarli leggermente in un padellino prima) e lasciate cuocere una decina di minuti.
Intanto mettete sulla fiamma tre dita d’acqua in una pentola, e quando bolle calate gli spaghetti, che all’inizio non ne vorranno sapere di fare il bagnetto in così poca acqua, ma se aspettate due minuti si ammorbidiranno e potrete sommergerli completamente con l’aiuto di una forchetta.
Togliete la pasta al dente (ma non troppo, altrimenti non rilascia l’amido), scolatela e mantecatela energicamente per un paio di minuti nella padella con il condimento. Dopo di che appiattitela più possibile con l’aiuto di una spatola e lasciate cuocere a fiamma media fino a quando non sarà ben crostita sotto (sollevate con la spatola per controllare).
A questo punto mettete un coperchio piatto e grande sulla padella e (facendo *molta* attenzione) girate la padella a testa in giù rovesciando gli spaghetti, e fateli scivolare poi di nuovo nella padella perché si cuociano dall’altro lato; in questa fase dovete sollevare un pochino la padella di lato e mettere i bordi a contatto con la fiamma per far formare la crosticina alla vostra frittata anche sui bordi.
Quando il tutto avrà un aspetto e un profumo deliziosi, e starà insieme da solo quasi come una frittata, spolverate con una bella manciata di prezzemolo tritato e servite ben calda (potete anche fare delle fette come si fa con le torte).

Col senno di poi:

venerdì 13 gennaio 2012
Vi prego dovete guardare questo video di questa donna *meravigliosa*, che mi ha segnalato Teresa (ehm, non la nomino troppo spesso, vero?? È che mi fa scoprire certi mondi, quella donna…). La signora in questione si chiama Marinella Penta de Peppo, è napoletana e fa tutta una serie di video di cucina incredibili. Dovete guardarli per capire. In questo spiega molto ma molto meglio di me come cuocere la frittata di scammaro (tra l’altro non mi sembra che la mantechi particolarmente). Imperdibile.