Sdraiata sul letto, persiane chiuse balcone aperto tende danzanti. Nel pieno di uno squarcio di vita reale, vale a dire il fresco della notte della campagna romana, il profumo dell’erba tagliata, il silenzio intervallato dai cani, da qualche animale notturno e anche da qualche voce, perché non ci siamo cercati un posto troppo isolato, ci sono vicini, qui, di tutte le nazionalità ed estrazioni sociali.

Non posso fare a meno di ricordare la mia vita precedente a San Giovanni (ma anche in molti altrove) quando giorno e notte l’unico incessante rumore che si sentiva era quello delle macchine che passavano sotto le finestre, meglio non aprirle.
Cerco di fare in modo che questa realtà così intensa e avvolgente cancelli l’illusione nella quale siamo calati, il continuo senso di soffocamento che ci dà annaspare tra le onde incattivite delle pressanti richieste economiche che la vita, che abbiamo voluto testardamente anche senza potercela permettere, ci fa ogni singolo giorno.
Io so che la forza che mi dà sapere di aver fatto scelte giuste non ha prezzo, che lo stress a cui siamo sottoposti è ridicolo rispetto a ció che abbiamo. So che ci sono tanti che sono nelle nostre condizioni, e so che condividere in questo non luogo le nostre difficoltà potrebbe essere una specie di appiglio per qualcuno, anche solo per una persona, solo per una famiglia.
Qualche giorno fa leggevo questo articolo sulla difficile situazione nella quale sta versando la Grecia, e nel quale si riportava tra l’altro che alcune madri hanno preso a rubare cibo nei supermercati. Una donna di 32 anni con due figli di 4 e 6 anni ha rubato anche un gelato. Uno. Tre litri di latte, e *un* gelato.
Non ce la posso fare a leggere queste cose. Vorrei poter andare da quella mamma, abbracciarla, baciarla, dirle che non ha bisogno del supermercato per vivere.
Dobbiamo muoverci adesso, prima che l’economia malata nella quale siamo immersi imploda trascinandoci dentro. Dobbiamo decrescere, subito, ora, e il cibo è un ottima palestra per cominciare. Dobbiamo imparare a cercarlo dove viene coltivato, allevato, munto, cagliato, trasformato. Dobbiamo auto produrlo tutte le volte che possiamo. Trasformare le materie prime. Solo così non avremo bisogno di comprare pane ma solo farina, di scegliere yogurt o marmellate tra i banchi del supermercato, ma solo latte, frutta e zucchero, di nutrirci di minestrone pronto, ma solo della verdura che cresce, miracolo, molto bene se rimane più indisturbata possibile (Olmontano docet).
Per fare tutto questo dobbiamo scrollarci di dosso le stupidaggini di cui ci hanno vestiti, dimenticare le paure che ci hanno inculcato, agire più spesso d’impulso, impedire al cervello di sconfinare nelle scelte che non gli competono. Il cervello è la scusa della paura.
Io ho paura delle persone paurose. Ti trascinano nel panico con loro, sono violente, deboli, corruttibili, disoneste. So che mi tirerò addosso gli strali di molti di voi, ma io mi sento vicina a quelle mamme spaventate, e le capisco profondamente. Avessero avuto la consapevolezza non avrebbero tentato di rubare, non sarebbero state disperate.
Faró tutto ció che posso per condividere quello che imparo, perché altri, altre madri, abbiano le armi che sto acquisendo. Il mio lavoro non avrebbe alcun senso se rimanesse solo mio, l’evoluzione ha bisogno di numeri, di una folla, di tutti. Ecco perché ringrazio voi che fate muro, che avete l’entusiasmo patetico e bambinesco di leggervi i miei sproloqui assurdi alla fine di una giornata delirante e troppo lunga o ritagliando un pezzettino di tempo nello spazio prezioso di pausa dell’ufficio. Il pasto nudo siete voi, la risorsa siete voi, non singolarmente, uniti.
Abbiamo la rete. Non siamo più soli, e se ci giochiamo bene questa carta non lo saremo mai più.