Nella risposta a un commento di uno degli ultimi post mi sono vista scrivere qualcosa che mi ha sconcertata molto, e che ha continuato a frullarmi in testa nei giorni successivi nei momenti nei quali dovrei decidere ad esempio di dormire o di concentrarmi su qualcosa.

Questa tendenza a stare sempre con la testa da un’altra parte è presumibilmente il motivo per cui dimentico il novanta per cento di ciò che dovrei ricordare, e spessissimo non ascolto le risposte alle domande che faccio (zac prima o poi mi ucciderà per questo).
Se non sbaglio nel commento dicevo che nell’ottica di mangiare in modo veramente consapevole bisogna purtroppo prendere una decisione molto difficile, e che potrebbe portarsi dietro a catena un’altra serie di scelte complicate, e cioè mettersi a studiare per quanto possibile le tecniche di coltivazione della frutta e degli ortaggi e le tecniche di allevamento del bestiame, non allo scopo di trasformarci tutti in contadini e allevatori, per carità, ma perché comincio a pensare che sia impossibile difendersi dal cibo nocivo se non si sa come deve essere fatto il cibo sano. E che sapore abbia, per esempio, visto che magari tante persone non hanno mai assaggiato un pollo vero, e quando gli capita occasionalmente pensano che sia troppo coriaceo, o che abbia un gusto “strano”.
Consapevolezza. Voglio dire, in un mondo perfetto se andassi dal meccanico e mi dicesse che il motore è da cambiare gli crederei sulla fiducia e gli chiederei di acquistarlo e montarmelo (oddio, come stiamo messi adesso mi sa che gli direi di portare la macchina allo scasso e pace). Ma come stanno le cose attualmente il mio portafoglio e la mia macchina sarebbero molto più al sicuro se avessi sufficienti nozioni di meccanica per capire se sta cercando di fare i suoi interessi al posto dei miei.
Ovviamente non mi metterò a studiare meccanica (anche se mi piacerebbe, davvero!), perché mi ci vorrebbero cinquanta vite prima di imparare tutto ciò di cui avrei bisogno per vivere tranquilla, però al cibo ci tengo perché ne va della mia salute e di quella dei miei cari; senza macchina ci posso stare, senza salute no.
So già con che tipo di argomentazione rischio di essere sommersa adesso dalla maggioranza dei malcapitati su questa pagina: “se mi devo mettere a studiare agronomia e a seguire i maiali per vedere come vivono non ho il tempo per lavorare, e quindi per guadagnare i soldi che mi servono per sopravvivere, e quindi per mantenere me e i miei cari e già così faccio i salti mortali per tenermi in equilibrio su ‘sto baratro” e così via.
E come ve la contesto una cosa del genere?

Mio padre da piccola lo vedevo giusto la domenica, ma in quelle poche ore che trascorrevo con lui non faceva che dirmi “apri gli occhi”, “scendi dalle nuvole” etc etc, espressioni che infatti adesso non posso più sentire neanche per scherzo. Considerato poi che lui era una persona potenzialmente estremamente creativa (era un avvocato molto apprezzato) quelle parole con il senno di poi mi fanno ancora più male perché ci leggo il suo non sapere essere stato ciò che era nato per essere. L’essersi arreso alla quotidianità, alle difficoltà oggettive, al comportamento considerato “normale”.

Dove sto cercando di portarvi con questo discorso?
Eh eh. Qui.
Lo scienziato (perché di scienziato si tratta) di cui parla l’articolo ha dimostrato fino a prova contraria che esiste qualcosa che per la scienza fino adesso era assolutamente ridicolo.
E a chi contesta comunque il suo esperimento, durato otto anni, risponde citando uno scorcio di Alice al di là dello specchio (lupus in fabula):
Alice rise. – Non serve provare, – disse; – alle cose impossibili, non si può credere!
– Presumo che tu non ti sia esercitata abbastanza, – disse la Regina. – Quando avevo la tua età, mi esercitavo sempre mezz’ora al giorno. Diamine, delle volte mi è riuscito di credere fino a sei cose impossibili prima dell’ora di colazione […]

Niente. Volevo solo ventilarvi l’ipotesi che esiste qualcosa di diverso, di imprescindibile, di inaspettato, di inesplorato. Una via di salvezza che viaggia parallelamente alla concretezza quotidiana, e della quale non ci è stato detto quasi nulla (o meglio, segni e avvertimenti ce ne sono, ma bisogna avere una chiave di interpretazione non facile da trovare).
Che ogni singola cosa voi desideriate veramente, è *possibile*.
Prometto che il prossimo post sarà molto, ma molto concreto. Con una vera chiamata alle armi, pure :-)