Nel numero dello scorso gennaio della rivista “Le Scienze” c’è un articolo del Bressanini, che quasi tutti voi che mi leggete sicuramente già conoscete, se non altro per sentito nominare tra queste pagine, nelle quali a tratti alterni lo incenso (quando ci spiega i cibi dal punto di vista scientifico) o lo avverso (quando ci espone il suo *scientifico* punto di vista) :-)

Lo scritto in questione, che si trova inserito in una rubrica che si chiama “Pentole & provette” si intitola: “Tra esoterismo e agricoltura”, ed è sottotitolato: Uno studio ha dimostrato che la biodinamica non migliora la qualità dei prodotti.
Vi faccio un rapido (e spero preciso) sunto dell’articolo, perché purtroppo esiste solo in versione cartacea e che io sappia non si trova sulla rete; dovete sapere però che qualche giorno fa Dario ha pubblicato sul suo blog una versione molto più colorita del pezzo pubblicato sulle Scienze, con considerazioni simili, basate come sempre totalmente sull’evidenza scientifica dei fatti, che personalmente ritengo, come forse avete subodorato, fallibile e piuttosto superficiale; mi rendo conto che questo è un punto di vista molto criticabile, ma sono pronta a rispondere a chiunque (a chiunque sia educato e moderato, ovviamente) su ciò che affermo.
Sorvolerò sul post di cui sopra, infarcito di facezie goliardiche e affermazioni perentorie, permeate di un giovanile e cieco entusiasmo verso un lavoro che è anche una passione personale (cosa che rispetto e anzi ammiro), ma che facilmente porta ad un impeto esagerato.
Una delle dichiarazioni più blande dell’autore è stata che “Rudolf Steiner era uno sbalestrato“… ridurre a questo aggettivo l’impegno di uno studioso che ha dedicato tutta la sua vita all’evoluzione, anche se per assurdo non avesse fatto altro che sbagliare strada, per me è incomprensibile.
Ma inutile parlare di questo, sono già stata sul blog di Dario e ho già scritto ampiamente quello che tutti e due sappiamo, cioè che percorriamo strade che allo stato attuale delle cose è impossibile trovino un punto di incontro; lungi(ssimo) da me affermare che ciò in cui credo sia *il verbo*; sono convinta anzi che la vita sarebbe molto triste se tutti la pensassimo nello stesso modo. Sono sconcertata però, come sempre, di non trovare dall’altra parte lo stesso atteggiamento.
E non vi ho accennato ai commenti, nei quali ce n’è veramente per tutti: dalla condanna ai genitori irresponsabili che “mandano i ragazzini alle scuole steineriane” al dileggio del Cristo in croce, che non oso neanche riferire come viene apostrofato.
Voglio invece raccontarvi dell’articolo di cui vi accennavo in apertura, limitandomi ad esporvi il pensiero di Dario e quello del nostro Matteo Giannattasio, così, per puro amore della chiarezza, e perché mi sembra giusto mostrare anche l’altra campana a chi legge, anche se il mio piccolo pasto nudo non può certamente competere in diffusione con il conosciutissimo e autorevole blog di Dario Bressanini.
Bando alle chiacchiere, eccovi i fatti.
In sintesi Dario, dopo una breve introduzione nella quale osserva che ormai i prodotti biodinamici, compresi i vini, si trovano molto facilmente accanto a quelli biologici, ricorda che la biodinamica è una pratica che risale all’inizio del ‘900, che si basa tra l’altro sulla correlazione tra agricoltura, posizione dei pianeti e forze cosmiche in generale. Fa poi una veloce panoramica sui preparati che si utilizzano in agricoltura biodinamica e afferma che gli scienziati fin dall’inizio hanno associato questo modo di coltivare la terra all’astrologia (suppongo che quest’ultima affermazione fosse dileggiativa).
Entra poi nel cuore dell’argomento descrivendo uno studio che è stato svolto nel 1996 a Pullman, in California, da alcuni ricercatori della Washington State University. In pratica costoro hanno preso una vigna di uva merlot coltivata con metodo biologico, l’hanno divisa a metà e su una delle due metà hanno utilizzato anche il metodo biodinamico, tutto questo ininterrottamente dal 1996 al 2003.
Trascorso questo tempo i ricercatori non hanno riscontrato alcuna differenza nei parametri fisici, chimici e biologici dei due terreni, e tantomeno nell’attività microbica.
la resa, il numero di grappoli, il loro peso e quello delle bacche erano uguali.
*Quasi* (annotate mentalmente questo “quasi”) nessuna variazione nell’analisi chimica dell’uva, tranne, nel 2003, un *piccolo* aumento del contenuto zuccherino, dei polifenoli e delle antocianine.
A detta di Dario la conclusione dello studio è stata che le differenze di qualità osservate erano piccole e di dubbia utilità pratica.
In seguito un gruppo di assaggiatori ha testato il vino proveniente da quelle coltivazioni e non sono stati in grado di distinguerli, tranne che per l’annata del 2003, per la quale hanno espresso una leggera preferenza per il vino biologico.
Dario chiude l’articolo sostenendo che quindi i risultati dello studio suggeriscono che i preparati biodinamici non sono efficaci, e che gli scienziati rimarranno probabilmente della loro idea sulla biodinamica (cioè che è una pratica astrologica – quindi secondo il titolo “esoterica”).
Veniamo a noi.
Voglio sorvolare sulla parola “esoterismo”, che è un termine che amo molto, perché filosoficamente designa le forme di pensiero che si basano sulla corrispondenza tra microcosmo e macrocosmo, sulla natura come essere vivo e animato, e in generale sulla convinzione che qualcosa esista a prescindere dalla pura esistenza fisica; purtroppo questo termine nell’ambiente scientifico è ovviamente esecratissimo, e quindi su una rivista che si chiama “Le Scienze” possiamo supporre che non sia stato usato come un complimento.
Se leggete qui (ma è solo un esempio) potete apprendere che questo termine è stato utilizzato anche in modo improprio, dalle correnti new age e neopagane, dalle tradizioni massoniche e da tante correnti mistiche minoritarie, e questo è uno dei motivi per cui questa parola evoca sensazioni negative. La famosa confusione di cui vi parlavo anche qui.
Per amor di giustizia devo dirvi che in una risposta ad un commento sul suo blog Dario spiega che i titoli e i sottotitoli non sono opera sua, ma della redazione. Questo non toglie che chi legge l’articolo partendo dal titolo ha immancabilmente un approccio negativo nei confronti della biodinamica, vedendola accoppiata ad un termine del quale si è abusato in ogni modo.
Voglio dirvi adesso alcune cose sull’articolo vero e proprio; cose che ho saputo da Matteo Giannattasio (e non per una folgorazione esoterica), il quale, quando è venuto a conoscenza di questo articolo, ha replicato con un post sul blog della rivista Valore Alimentare.
Il professor Giannattasio, che ha letto il lavoro scientifico nella sua interezza (se volete leggerlo anche voi eccovi qui il pdf), mi diceva che in realtà gli autori dello studio precisano che nell’arco dei sei anni di sperimentazione la concimazione biodinamica è stata effettuata solo una volta, all’inizio (cioè nel 1997), mentre normalmente andrebbe effettuata regolarmente; e che questo potrebbe forse essere il motivo per il quale i loro risultati sono risultati diversi da quelli pubblicati sulla rivista “Science” da altri ricercatori, i quali avevano invece trovato che il metodo biodinamico migliorava molto la struttura del suolo, la biodiversità e l’efficienza microbica.

Ricordate quel *piccolo* aumento del contenuto zuccherino, dei polifenoli e delle antocianine dell’uva esaminata? Nella pubblicazione in realtà i ricercatori affermano che le uve coltivate biodinamicamente avevano un contenuto zuccherino, di fenoli e di antocianine *significativamente* più alti nel 2003, e che avrebbero ritenuto interessante continuare lo studio per alcuni anni, per vedere se le differenze sarebbero diventate più pronunciate nel tempo (ci vogliono molti anni perché la biodinamica dia risultati evidenti).

Per quello che riguarda poi l’assaggio dei vini prodotti nelle varie annate prese in considerazione, le conclusioni dei ricercatori sono che “esistono differenze sensoriali percepibili tra i vini biodinamici e biologici per le annate 2003 e 2004” (cioè per le ultime due annate).
La conclusione di Dario, secondo la quale gli scienziati probabilmente non cambieranno la loro (posso aggiungere “stereotipata”?) idea sull’agricoltura biodinamica, è smentita (tra gli altri) dalla dottoressa Lynne Carpenter-Boggs, del Centro di agricoltura sostenibile e risorse naturali della Washington State University, leggete voi stessi cosa scrive.
In calce a tutto ciò voglio solo ricordare che coltivare il terreno in un certo modo ormai non è più una scelta, ma una necessità, visto che la chimica di sintesi, unita a tanti altri metodi legati all’interventismo e alla fretta, ha trasformato la terra produttiva in sabbia sterile; che quindi anche se per assurdo le coltivazioni biodinamiche o biologiche che dir si voglia non ci offrissero cibo qualitativamente migliore, sarebbero comunque la risposta al rapidissimo e colpevole deterioramento delle nostre risorse.