Noooooooooooooo, fermi, non leggete subito! Aspettate di avere un momento di pausa e un lago di tè e mettetevi comodi, ché la storia non è breve, e ho intenzione di raccontarvela tutta con dovizia di particolari :-)

Antefatto: un paio di mesi fa Giorgio Marigliano, responsabile delle relazioni esterne del pastificio Garofalo di Gragnano, mi scrive per invitarmi a un incontro di due giorni che si sarebbe svolto a Castellammare di Stabia, insieme ad un folto gruppo di altri 80 foodblogger (più o meno), scelti nella rosa dei 2000 foodblog italiani.
Lo spiegamento economico e organizzativo è impressionante (per me): ogni blogger (con relativo accompagnatore) ha in regalo un soggiorno che comprende la notte di sabato e la colazione e il pranzo della domenica successiva in un rinomato hotel a quattro stelle della costiera sorrentina (purtroppo non il mio genere di albergo), oltre a un congruo numero di gadget, e a una visita guidata all’interno del pastificio Garofalo.
Un sostenuto servizio di navette private trasporta in albergo chi si sposta in treno o in aereo, e – per chi lo desidera – a cena in alcuni ristoranti dei dintorni scelti in una rosa di quattro o cinque eccellenze – se non ricordo male – cena che però (comprensibilmente) è a carico dei blogger.
Inizialmente ringrazio diffusamente ma rifiuto con fermezza, come faccio sempre in queste occasioni, spiegando che mi occupo sì di alimentazione, ma legata alla salute, e che non vedo il collegamento con la loro azienda (per quanto tra i pastifici industriali la Garofalo è senz’altro tra i migliori). Spiego anche che non potrei mangiare nulla in albergo perché ho un regime alimentare particolare.
Dopo varie email e telefonate, nelle quali Giorgio mi spiega che durante l’incontro si parlerà di qualcosa che sicuramente potrebbe interessarmi, ma della quale non mi può dire nulla, perché non verrà svelata che il giorno dell’incontro, e che provvederà personalmente ad un pranzo rigorosamente biologico per me e i miei (argomento risolutivo), mi incuriosisco e mi lascio convincere a partecipare (visto oltretutto che mi resta il tempo per andare a votare per il referendum il lunedì successivo).

Così nella tarda mattinata dell’11 arriviamo in albergo con bimba al seguito; panorama meraviglioso, organizzazione perfetta, albergo, diciamo, senza sorprese :-)
All’arrivo ci vengono consegnati due pacchi, uno contiene vari tipi di pasta biologica per bambini (vedi sotto), l’altro un cellulare stratosferico della Nokia, magliette e grembiuli da cucina con il logo (carino) dell’operazione, un vasetto di peperoncino e uno di cicerchia marchiato Garofalo.

Purtroppo il tempo è inclemente (piove e ripiove), e “per farsi perdonare” lo staff della Garofalo offre un rinfresco, al quale però non possiamo partecipare perché il cibo è convenzionale; la cosa che mi getta nello sconforto è che quando chiedo ad una cameriera molto carina se per caso c’è qualcosa di biologico si allontana dicendomi che va a chiedere e torna mormorando cose tipo “ehm… intendeva verdura? La verdura è biologica?”. mentre rotolo sotto il tavolo provo a chiedere come ultima ratio del prosciutto di Parma, ma arriva una cosa salatissima e (per me) immangiabile. La pulcina mangia un po’ di pizza e un pomodoro e si riempie di bollicine.
Mi consolo solamente perché mi imbatto in Elena di Comida de mama, che volevo conoscere da un secolo, e che è una donna stupenda (ne ero certa!), e in Silvia che è un tesoro, e con la quale chiacchieriamo a lungo a tavola.
Alle 15.00 ci trasferiamo tutti in sala conferenze, perché come da programma Emidio Mansi, responsabile commerciale del pastifico Garofalo, illustra cosa vuol dire per Garofalo fare “qualità” nel mondo della pasta.
Emidio è un uomo giovane, molto alla mano, piacevole e divertente, e assolutamente “easy”: si presenta in maglietta, pantaloncini e infradito, e la sua conversazione è volutamente sopra le righe.
Vengono anche cotti sul posto, e poi fatti assaggiare ai blogger, tre tipi diversi di spaghetti, per mostrare la differenza di consistenza tra la pasta Garofalo e due concorrenti, uno industriale e uno “artigianale”.

Ovviamente quando Emidio mostra una pallina di glutine superelastica per spiegare che la loro pasta ne ha tantissimo e della migliore qualità io svengo; no, non svengo ma comincio a borbottare tipo Brontolo, e appena c’è la possibilità di farlo chiedo chiarimenti al relatore, che mi spiega che loro si riferiscono per tutta la parte attinente alla salute ad un importante pediatra napoletano che si chiama Luigi Greco, e che quest’ultimo afferma (ma non ho visto i documenti e ovviamente mi riservo di riparlarne ampiamente, magari dopo averne discusso con il professor Giannattasio) che il glutine proveniente dal grano duro non ha alcuna relazione con le intolleranze di cui vi ho parlato tante volte, e alla mia domanda da dove provenga il grano che la Garofalo utilizza Emidio mi risponde che questo è appunto il segreto che rende la loro pasta tanto speciale e che non può essere rivelato. Non commento perché potete immaginare il mio pensiero in proposito. O no? :-)


Nel pomeriggio andiamo a visitare il famoso pastificio di cui sopra.
Sono – come ogni volta in queste occasioni – sconvolta dalle dimensioni, non esattamente a misura d’uomo. Dal pastificio i pacchi partono praticamente verso ogni angolo del mondo, c’è pasta di tutti i livelli qualitativi possibili (e anche questo non lo capisco proprio).

Devo dire però che i ragazzi che lavorano nel pastificio sono giovani, allegri e di una gentilezza incredibile (grazie Domenico!) e sembrano contenti e soddisfatti del loro lavoro. Scherzano con la pulcina e le offrono manciate di pasta umida e secca, che ovviamente la mandano in visibilio (non ha mollato gli spaghetti fino al ritorno in albergo). :-)


In serata acchiappo al volo mio fratello con compagna e bimbo nuovo nuovo, che per starci vicini hanno prenotato una camera (costosissimaaaa!) nello stesso albergo, e dopo una traversata spossante (in linea d’aria ci vorrebbero venti minuti, ma grazie al celeberrimo traffico della costiera ci mettiamo tipo un’ora e un quarto) li porto a Sorrento nell’unico posto bio (gestito da due persone stupende) nel raggio di cento chilometri, dove mangiamo benissimo; ma questa è un’altra storia e ve la racconterò appena ci riesco.
Il giorno dopo provo a fare colazione in albergo ma mi è impossibile; per dirvene due, il succo di arancia è ricostituito e l’unico infuso bio è la camomilla. Per fortuna mi sono portata il pane da casa – almeno quello – eh eh). :-((((
Finalmente scendiamo tutti in sala conferenza per la rivelazione del segreto, e nonostante io non sia molto ben disposta dopo la colazione camomillosa devo ammettere che il progetto è piuttosto interessante: in sostanza siamo stati convocati perché la Garofalo sta fondando quello che chiamano un “social food network”, vale a dire ogni blogger è chiamato a segnalare i piccoli produttori eccellenti con i quali viene a contatto sul territorio italiano, in modo che chiunque si muova in Italia abbia un punto di riferimento al quale rivolgersi in caso di bisogno. Mettiamo il caso ad esempio che mi trovi in una città della Sardegna e voglia sapere se nei dintorni esistono piccoli produttori interessanti (nel mio caso bio, certificati o non) posso guardare sul sito e trovare quelli segnalati (e magari scegliere tra quelli dei blogger di cui mi fido di più).
Inoltre ognuno di noi ha la possibilità di trasformare gratuitamente il proprio blog in un’applicazione mobile con la quale accedere ai contenuti direttamente dagli smartphone Nokia.
Zac dice che far parte del gruppo potrebbe essere cosa buona e giusta, e se lo dice lui che per me è il verbo (coff… scusate, un colpo di tosse improvviso) per me va bene :-)
Mentre esco dalla sala vedo Sigrid con la bimba nuova e vado a conoscerla di persona; è una donna carina e dolce come la descrivono tutti, e in quel momento mi sembra anche… stanchissima, poverina!!! Ha tutta la mia solidarietà delle mie notti insonni di mamma, che solo adesso, dopo cioè tre anni e mezzo abbondanti, stanno diventando non dico perfette, ma finalmente possibili.
Sono speranzosa per il pranzo bio che mi era stato promesso, ma ricado nella disperazione quando i camerieri mi dicono che non c’è alcun pranzo bio, e quando chiedo del direttore dell’albergo mi arriva un signore molto compito che mi dice che erano previsti solo alcuni pranzi per celiaci, ma che gli è stato detto che i biologici si sarebbero arrangiati con quello che c’era. Ah, ecco.
Alla fine escono dalla cucina, grazie alla gentilezza dello chef, tre piatti di pasta e fagioli che si mormora siano biologici, ma che dai risultati a posteriori hanno dimostrato che avevano decisamente dei problemi con se stessi.

Vabbeh. Grazie al cielo sono stati invitati e si trovano nella sala da pranzo (all’aperto) ben tre piccoli produttori campani per me interessantissimi, due di formaggi e uno di salumi, con i quali ho preso contatti e che spero presto di riuscire ad andare a trovare.

Finalmente qualcosa di veramente attinente al progetto, anche se mi sarebbe piaciuto vedere qualche azienda in più, ma tant’è… scatto un po’ di foto e soprattutto assaggio ripetutamente i formaggi (ottimi) e i due tipi di salame (che anche la pulcina apprezza moltissimo).

Last but not least, ho l’occasione di conoscere la mitica Anna di Anna the nice, che è veramente una donna splendida sotto tutti i punti di vista, e che incontro nuovamente a Roma dopo qualche giorno. Non vi parlerò della sua marmellata di ciliegie che lastrica la strada dell’indulgenza, e tantomeno del totalmente inedito per me ciàngiuff perché avrei dovuto fotografarli e raccontarveli, ma è successo che si sono dissolti come neve al sole in tipo mezza giornata :-)
Chiudo qui e spero di essere riuscita a rimanere oggettiva quanto basta, ma lo sapete… i cinque pianeti in vergine… ;-)
Aggiornamenti:
24 giugno 2011:

Mi ero persa i pieghevoli dei produttori di cui avete visto le foto più sopra, e solo ieri li ho ritrovati in fondo ad una borsa :-)
Sono molto contenta di darvi intanto nomi e cognomi, poi quando e se riuscirò a fare un salto da loro ne parlerò più diffusamente; intanto se vi trovate dalle loro parti potete passarci voi. Ma poi fatemi sapere!
Dunque, le prime quattro foto (e l’ultima, quella grande), con il fior di ricotta, la ricotta affumicata al ginepro etc., sono del caseificio Optimum Sancti Petri, già segnalato da Luciano Pignataro e dal Gambero Rosso; si trova a San Pietro Infine, al confine tra Lazio, Campania e Molise, produce formaggi di pecora e di capra, e vi posso dire per averli assaggiati che meritano un viaggetto di ricognizione :-)
Nelle prime due foto sotto potete vedere l’azienda Salsiccia Rossa di Castelpoto; loro sono un presidio slow food, si trovano alle pendici del monte Taburno, a Castelpoto, vicino Benevento; io ho assaggiato la salsiccia piccante e Emma ha spolverato quasi tutto il piattino di quella dolce, e anche lì un salto ce lo farei di corsa. Niente nitrati ovviamente, solo carne, sale, peperoni dolci e piccanti (in dialetto papauli), un infuso di aglio in acqua e finocchietto selvatico.
Le ultime due foto sono di un’altra azienda, pure loro presidio slow food; si chiamano le Campestre e sul post avevano portato il loro Conciato Romano, un formaggio fatto con latte crudo di capra e coagulato con caglio di capretto o agnello; viene poi conciato in anfore di creta con olio d’oliva, timo selvatico e peperoncino, e stagionato dai sei mesi ai due anni. Ve lo lascio immaginare…
Si trovano in provincia di Caserta, precisamente a Castel di Sasso, e come se non bastasse sono anche un agriturismo. E ho detto tutto :-)

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