Tutto è iniziato con l’uovo. Ab ovo, come diceva Orazio. No, non mi riferisco all’uovo cosmico. Anche se non posso negare che mi affascina non poco il fatto che in Egitto, più o meno dal 1300 a.C., il geroglifico corrispondente alla parola “figlio” fosse un uovo. E che dalla Polinesia fino al Perù, passando per la Grecia e la Finlandia e in mille e mille altri luoghi, l’uovo sia simbolo di fecondità, di vita, di rigenerazione, di energia concentrata.
stagionalità cibi primavera
Vale un clic su questa pagina l’immagine della Sacra Conversazione di Piero della Francesca: altro che Gesù Bambino! Io la prima cosa che ho visto è stata l’uovo appeso, che ho sempre trovato uno dei più ipnotizzanti della storia dell’Arte. Qui, invece, potrete trovare altri spunti interessanti, tra i quali anche una pagina che mi ha fatto ricordare la madre di un mio compagno di classe delle superiori, che consigliava sempre lo zabaione ad un nostro amico parecchio sciupato.
A casa mia, invece, ci sono sempre state le uova sode con le prime insalatine primaverili, o con gli asparagi. Oppure la stracciatella in brodo. O le uova sode ripiene di tonno e maionese. Tutte cose che non mangiavo molto volentieri (o non mangiavo affatto). Credo che mia madre si preoccupasse perché non potevo bere latte, o forse era la moda di allora, o forse l’aveva consigliata il medico di famiglia, ma mi faceva sempre un tuorlo d’uovo sbattuto con lo zucchero (ed anche un poco di cacao, talvolta).
L’unico ricordo che salvo a base di uova è il famoso “risotto dello sportivo”: riso lesso con tuorlo d’uovo crudo, poco burro crudo e abbondante parmigiano. Beh, quello un suo fascino ce l’aveva, e lo cerco ancora, talvolta. O la carbonara, ai tempi dell’università. Poi, per un periodo, basta. Mi faceva un’impressione tremenda mangiare uova, perché non le vedevo come un concentrato di vita *in fieri*, ma proprio come una specie di embrione con tutto l’ambaradan.
Comunque, fatto si è che (come si dice da noi), appena dopo Pasqua, mi è venuto ‘sto trip di uova. Non sode, non fritte, non poché (ho finalmente capito la differenza tra uovo poché e uovo in camicia). No, io voglio l’uovo da colazione, il “Frühstück Ei”: sei, sette minuti al massimo. Quello con il tuorlo morbido e caldo e l’albume ben cotto. Quello che nelle pensioni di qui trovi sul buffet in un cestino, avvolto morbidamente in un panno a quadretti, perché non si raffreddi troppo.
Al mattino, a colazione, su una fetta di pane appena tostato, con un filo d’olio ed un pizzico di sale e pepe. O a pranzo, un minuto più cotte, mescolate in insalata con la valerianella e i crostini di pane, con l’inseparabile olio di oliva. La mia cultura e quella tedesca si scazzottano, spesso. Ma devo ringraziare questo posto, se ho imparato ad amare e rispettare le uova (ed il coniglio pasquale). L’ho capito subito, confrontando le due versioni del termine “uovo”, sul wikipedia tedesco e su quello italiano. Quello tedesco ha una voce per “uovo sodo”, tutta sua, con tanto di paragrafo dedicato alle “uova nella letteratura”, tra Thomas Mann, Oliver Twist e Viaggi di Gulliver.
Vi invito a leggere almeno il paragrafo dedicato alle informazioni nutrizionali, su quello in italiano. Così, tanto per capire che meraviglia la natura ci mette a disposizione: “forniscono una grande quantità di proteine complete di alta qualità, che contengono tutti gli amminoacidi essenziali per gli esseri umani, e forniscono quantità significative di parecchie vitamine e minerali, compresa la vitamina A, riboflavina, acido folico, vitamina B6, vitamina B12, ferro, calcio, fosforo e potassio. Il tuorlo, inoltre, contiene la colina, sostanza nutriente importante per lo sviluppo del cervello, suggerita alle donne incinte per assicurare un sano sviluppo del cervello del feto. Sono, inoltre, uno degli alimenti singoli meno costosi contenenti proteine complete“. Che, di questi tempi, non è cosa da poco.
Che, poi, si parla sempre di uova di gallina. Ma ce ne sono di altri animali, altrettanto buone. Io, per esempio, ho mangiato solo quelle di quaglia, finora. Ma solo perché non mi è mai capitato altro, sottomano. Izn ne ha una di struzzo, ma ho dimenticato di chiederle se l’aveva svuotata lei, o Zac, o tutti e tre insieme. Quelle dei pesci no, non le voglio mangiare. Per una questione di gusto, ma sicuramente anche culturale. Perché non devo necessariamente ammazzare una gallina, per mangiarne le uova.
Ma sto di nuovo divagando. Fondamentale è l’origine, dell’uovo. Sullo stesso link di wikipedia, qui sopra, è spiegato in modo molto chiaro. Ma anche Cembolina si è data parecchio da fare, mi sembra ;-). Questa cosa delle uova al colorante mi ha davvero impressionata, devo dire. Grazie, o divulgatrice consapevole (Izn, facciamo un circolo?).
Nelle uova dei polli d’allevamento si concentrano molte sostanze (antibiotici, ormoni…), in quantità di gran lunga maggiori che nelle carni. L’uovo, come seme, racchiude in sé tutti gli elementi vitali ed ha quindi un potere nutrizionale ed energetico unico. Ma assorbe anche con grande facilità tutte le sostanze tossiche. Per questo, usando uova di galline felici, rigeneriamo il nostro organismo in modo molto più efficace (altrimenti rischiamo quasi di intossicarlo di più, oserei dire…). Questa potrebbe essere un’idea, direttamente dalla biblioteca del Pastonudo (Izn, ma quanto leggi?).
Altro consiglio: evitare di abbinarlo ai latticini. Lo so, la frittata di Izn è squisita e non voglio assolutamente polemizzare (sia mai, con Izn, poi!!). Non finirò mai di ripetere che non sono nè un medico nè una nutrizionista (non che me ne vanti, peraltro). Semmai una raccoglitrice di notizie e tradizioni storico – culinarie, secondo le quali l’uovo condensa in sé l’energia creatrice, visto che da esso origina la vita. Per questo non andrebbe mescolato col latte ed i suoi derivati, che invece hanno una funzione solo nutritiva. L’uovo crea, il latte nutre, e questi due elementi raggiungono la massima efficacia solo se agiscono separatamente.
La medicina hassidica, poi, ritiene che il seme (l’uovo), non vada mai associato alle carni, perché ciò da cui origina la vita contiene una qualità energetica che viene inibita dalla carne dell’animale adulto. Soprattutto in primavera.

Perfetto, quindi, lo sposalizio con verdure e frutta, spremute e succhi, spezie, infusi e tè. Tensioni in vista, invece, con affettati e pancetta (e adesso chi lo dice agli inglesi?), latte e formaggi, carne, burro, vino e alcolici, bibite gassate, caffè e cioccolato (qualcosa mi dice che non fa bene nemmeno essere così rigidi, però ;-)).
Se preparato nel modo giusto non fa ingrassare (ha solo 75 calorie, per i maniaci di queste cose), non è difficile da digerire e non fa male al fegato (qui sarei curiosa di sapere se qualcuno ha notizie riguardo al fatto che, in un individuo sano, un uovo ogni tanto favorirebbe lo svuotamento della cistifellea. Ehm… Elena, ci sei?). Una curiosità: l’albumina (la proteina presente nell’albume), è fondamentale per la formazione dei nostri tessuti, ma viene assorbita dall’intestino solo se, attraverso alte temperature, si coagula. Per questo l’uovo cotto è più nutriente dell’uovo crudo.

Infine, a chi sostiene che le uova sono uova, e non importa chi le fa (opinione che peraltro io rispetto), vorrei regalare una ricetta usata sia nella medicina spagirica che dai frati erboristi, con lo scopo ultimo di sconfiggere la stanchezza di primavera: basta bollire, in un pentolino, due manciate di tarassaco (fiori e foglie), dei rametti di timo, di rosmarino e di salvia. Mentre l’acqua bolle, immergerci l’uovo, per circa tre minuti. L’uovo si mangia e l’acqua si beve o, se proprio l’idea vi fa inorridire, ci si lava il viso o si mette nell’acqua del bagno. Questo perché la porosità del guscio fa sì che l’uovo assorba le energie sottili delle sostanze con cui viene in contatto, potenziandone la loro azione energetica.
La prima volta che ho letto dei commenti, qui sul pasto nudo, ricordo che si riferivano ad una discussione sull’odore-da-frigo. Ecco, se a qualcuno piace il tartufo, e lo tiene vicino alle uova, poi se ne accorge. Che, poi, questa cosa di tenere le uova in frigo non l’ho mai capita. Ma perché? Qualcuno lo sa? Tutti i proprietari di galline che conosco le tengono fuori, dal frigo. Dicono che basta non superare una temperatura di 25 gradi. Mah!
Ecco: la prima ricetta che ho trovato che soddisfa tutti quei requisiti di cui sopra (abbinamenti etc etc) è quella di Sara. Dalla foto credevo fossero acciughe; il mio cervello non arriverebbe mai a pensare di tirar fuori un un sac à poche per farci tutti i ghirigori di salsina (ehm… anche perché mi sa che la mia tasca da pseudo pasticcera è ormai inutilizzabile, visto che io e la marmocchia l’abbiamo usato per farci un quadro con gli acrilici ;-) Una bella cucchiaiata e spatapam, nel piatto a mò di mensa (sigh!).
Altro? Mmmm… Questa, per esempio, magari in versione primaverile (col brodo vegetale, intendo); o questa, di cui mi piace molto il disegno (poi, quando ho letto 5 gr di prezzemolo ho proprio pensato fosse perfetta per Izn ;-))