Allora un vecchio oste domandò: parlaci del mangiar e del bere. Ed egli disse: “Vorrei che poteste vivere del profumo della terra e che la luce vi nutrisse in libertà come una pianta. Ma siccome mangerete uccidendo, e ruberete al piccolo il suo latte materno per estinguere la sete, sia allora, il vostro, un atto di adorazione. E la mensa sia un altare, sul quale i puri e gli innocenti dei campi e delle foreste s’immolino alla parte più pura e più innocente che vi è nell’uomo” Kahlil Gibran, Il profeta

Oggi l’industria alimentare tenta, ovviamente per ragioni commerciali, di inculcare nella mente di noi consumatori un *falso concetto* di qualità alimentare. Il tentativo è quello di farci credere che il cibo è di qualità se cura o previene qualche malanno. Si pensi ai tanti prodotti arricchiti con qualcosa, omega-3, fitosteroli, fibre, probiotici, che sono tanto reclamizzati come toccasana per i più svariati malanni, malattie cardiovascolari, ipercolesterolemia, osteoporosi, stitichezza e via discorrendo.
Basta dare un’occhiata alle etichette per capire che si tratta di prodotti fabbricati in laboratorio con ingredienti di scarso valore nutritivo e resi accettabili al gusto mediante l’aggiunta di aromi. Per rendercene conto, leggiamo l’elenco degli ingredienti di uno che va per la maggiore, il Danacol.
Eccovi gli ingredienti di un Danacol alla frutta:
latte scremato e latte scremato concentrato;
steroli vegetali (un sottoprodotto della fabbricazione della carta);
ananas (1%, una dose ridicola!);
fibra alimentare (oligofruttosio);
amido modificato di mais;
ben 7 additivi tra addensanti come la pectina (E 440) e la gomma di guar (E 412),
correttori di acidità come acido citrico
(E 330), citrato di sodio (E 331) e citrato di calcio (E 333),
edulcoranti come l’aspartame (E 951) l’acesulfame K (E 950),
e aromi di sintesi.

Sono anche riportati “fermenti lattici dello yogurt”, ma la loro collocazione all’ultimo post dell’elenco lascia intendere che si tratti dell’ingrediente presente in minore quantità.

Quanto può valere un alimento del genere dal punto di vista nutrizionale? A mio avviso non è nemmeno un alimento, è semplicemente un integratore camuffato da alimento! Eppure la gente ne fa scorpacciate con l’intento di sistemare il colesterolo nel sangue e forse di consumare un ottimo yogurt. Non sono da meno gli altri prodotti di questo genere, dall’Actimel all’Activia e al Danaos. Non è un caso che tutti siano così tanto pubblicizzati alla televisione.

Non sono da meno i media che da qualche tempo hanno preso l’abitudine di osannare alimenti nei quali la scienza scopre la presenza di sostanze potrenzialmente salutari. Tra i prescelti troviamo il pomodoro per il licopene, la soia per i fitoestrogeni, l’aglio e la cipolla per l’allicina, i frutti di bosco per gli antiossidanti. Anche il vino è entrato paradossalmente in questa spirale mediatica per il suo contenuto in resveratrolo. E in tanti, dimentichi dei rischi per la salute che comporta l’eccessivo consumo di alcool, hanno alzato il gomito per un bel po’ perché convinti di aver trovato l’elisir di lunga vita. Per avvalorare la tesi dell’esistenza di alimenti che si comportano da farmaci è stato anche coniato l’orribile termine “nutriceutico”, un ibrido derivante da nutriente e farmaceutico.
C’è un’altra perversa strategia di vendita che si basa su un diverso ma altrettanto falso concetto di qualità. Sfruttando la psicosi dovuta al diffondersi dell’obesità e delle malattie degenerative che ne conseguono, l’industria alimentare sta convincendo i consumatori che la qualità degli alimenti è tanto più alta quanto più basso è il contenuto in nutrienti ad alto apporto di calorie come grassi e carboidrati (ma allo stesso tempo propone spudoratamente anche merendine e bevande superzuccherate il cui consumo è tra le cause del dilagare dell’obesità).
Andatelo a spiegare ad un povero africano affamato che da noi il cibo è tanto più apprezzato quanto meno nutriente è! Vi prenderebbe ovviamente per matti.

Quello del latte è un caso limite

Il latte intero è criminalizzato, ingiustamente, per il suo contenuto in grassi, mentre vanno alla grande quelli parzialmente o totalmente scremati perché la pubblicità fa credere che siano più salutari. Un’ignobile operazione commerciale per raddoppiare i guadagni, vendendo separatamente il latte privato del grasso e il grasso (burro) sottratto al latte. Poi ci sono le carni magre che il consumatore ritiene di più alta qualità rispetto a quelle grasse perché pensa, erroneamente, che queste ultime contengano grasso e colesterolo. Si propagandano formaggi magri e quelli proposti come dietetici, tipo il Philadelphia, che sono un’offesa per il palato, e si fa credere che un prodotto “senza zuccheri aggiunti” sia meglio di un altro farcito di edulcoranti di sintesi, come l’aspartame e l’acesulfame K.
Insomma, l’industria per proprio tornaconto e i media forse per l’insufficiente conoscenza della materia da parte dei responsabili, interpretano l’antica massima ippocratica “fai che il cibo sia la tua medicina” in maniera del tutto distorta Quella massima, infatti, vuole significare tutt’altro, e cioè che il cibo diventa medicina se assolve nel migliore dei modi la sua funzione primaria di nutrimento. Ma, in questo caso, il significato da dare al termine “medicina” non è quello di rimedio per curare la malattia (a questo compito sono destinati i farmaci), bensì quello di fonte di soddisfazione, piacere, lucidità, vigore, in una parola, di benessere.
Ovviamente, affinché il cibo assolva al meglio questo compito, bisogna seguire alcune norme. Sono quelle che la scuola medica salernitana enuncia in questa meravigliosa sintesi: “la qualità, la natura, quando, quanto, quante volte, dove / giustamente il medico deve osservare per un ragionevole / regime, perché non percorra una errata via.”

Il che vuol dire

a) alimentazione variata ed equilibrata; b) giusta combinazione dei cibi in modo che l’uno annulli gli effetti nocivi degli altri (ricordiamoci l’adagio della medicina araba “mangiando ci si avvelena sempre un po’”); c) corretta distribuzione del cibo nei tre pasti della giornata, d) moderazione (altra testimonianza della saggezza popolare: “vive a lungo chi si alza da tavola ancora con un po’ di fame”); e ovviamente e) cibo di qualità.
Sono tutti aspetti che il pasto nudo meritoriamente tratta di frequente.
Nel prossimo articolo vi darò il mio punto di vista sulla qualità alimentare. Per non lasciarvi a bocca asciutta, vi anticipo che per me la qualità alimentare è una meravigliosa sintesi tra contenuto in nutrienti (qualità nutrizionale), sostanze salutari (qualità salutistica o funzionale), colore, sapore e aromi (qualità organolettica) ), condizioni che garantiscono l’assenza di patogeni e sostanze nocive (qualità igienico-sanitaria) e ultimo, ma non per importanza, etica di produzione (qualità etico-sociale).
Il fondamento della qualità è ovviamente la buona pratica agricola e di allevamento. Ma c’è da chiedersi: esiste ancora il cibo di qualità? La risposta a breve.
Intanto me ne vado alla Zelata per un fine settimana sull’alimentazione dei bambini e dei nonni. Parlerò proprio di qualità alimentare e di come siamo stati capaci in questi ultimi decenni di far diventare il grano e il latte, un tempo nobili alimenti, pericolosi per la nostra salute.

Per chiudere, un consiglio

Vi possono aiutare davvero a tenere sotto controllo il colesterolo alimenti contenenti fitosteroli come cereali integrali, oli di semi non raffinati, frutta secca oleaginosa, e alimenti e spezie che favoriscono il flusso della bile, come cicoria, tarassaco, curcuma e zenzero. Che alimenti meravigliosi, altro che danacol. E se vi piace lo yogurt, che sia davvero tale, fatto con latte intero di qualità e bianco, cioè senza frutta o altri ingredienti (che servono solo a mascherare la cattiva qualità dello yogurt).