Leggevo qualche giorno fa nei commenti dell’ultimo post di Dario una discussione molto interessante sull’agricoltura, e di riflesso sull’aratura, una pratica che da sempre abbiamo accettato come inevitabile e benefica, e mi sono ricordata dell’incontro pastonudista con Gian Carlo Cappello, durante il quale la prima cosa che fece fu distruggere questa convinzione.

In uno dei commenti all’articolo di cui sopra, Alberto Guidorzi, che abbiamo conosciuto qualche post fa a proposito degli OGM, spiega che esistono vari modi di arare, che vanno da una semplice scarificazione superficiale di pochi centimetri a incisioni di mezzo metro nella terra, per rivoltarla e diminuire la crescita delle “male erbe” e per riportare in superficie un terreno che ha “riposato”.

Subito dopo un altro commentatore precisa che esiste un tipo di agricoltura detta “conservativa” in grado di rendere il terreno abbastanza poroso per essere raggiunto dall’ossigeno (che serve per i microbi che rendono la terra fertile) ma anche assorbente (per trattenere l’acqua senza però che ristagni), smuovendo al massimo cinque centimetri di profondità.

Questo tipo di agricoltura prevede anche una totale (no-tillage) o quasi totale (minimum-tillage) *non lavorazione* della terra, l’utilizzo di erba (“devitalizzata” con pesticidi??!!) per coprire il terreno, e altre pratiche, e pare che migliori moltissimo la fertilità (tornano i lombrichi, che come vi ho già raccontato sono fondamentali, aumenta la capacità della terra di trattenere l’acqua – e quindi di superare più facilmente i periodi molto caldi, e altro).

Invece rimescolando (=arando) il terreno profondamente (anche fino a 60 centimetri) si arieggia sì la terra e si favorisce l’assorbimento dell’acqua ma la terra si degrada e l’humus si impoverisce velocemente.

In un certo qual senso, anche se Gian Carlo odia qualsiasi definizione, direi che il suo modo di fare agricoltura si avvicina (con sostanziali differenze – ad esempio nella sua ottica la definizione “male erbe”: le erbe sono tutte buone e utili, o il concetto di terreno riposato non hanno senso) a questo tipo di agricoltura “conservativa”.

Tanto per ripassare quello che abbiamo imparato da lui e dalla sua esperienza sul campo per chi non avesse seguito questa rubrica dall’inizio, l’esperimento consiste nella coltivazione di un orto di mezzo ettaro a Sacrofano, nelle vicinanze di Roma (e di casa mia, eh eh), dove con la sola valorizzazione delle erbe spontanee (cito Gian Carlo: “catalizzatrici dei processi bio-chimici stimolati dall’irraggiamento solare”) si ottiene un prodotto, decisamente superiore agli standard dell’agricoltura industriale (ma nel totale rispetto della terra) non in vendita, ma destinato all’auto consumo di una quindicina di famiglie che nel tempo libero partecipano ai lavori nell’orto.

Da quando lo conosco Gian Carlo si è schierato contro qualsiasi tipo di aratura, e ha sempre sostenuto che la disponibilità del nostro cibo dipende “esclusivamente dalla quantità di vita presente e attiva nei primi strati del terreno”.

Se la terra non viene mai lavorata, le piante si difendono benissimo da sole dai cosiddetti parassiti nell’equilibrio complessivo dato dalla ricchezza in bio-diversità dell’ambiente e, ovviamente, non è necessario alcun tipo di diserbante. Le piante vengono annaffiate con circa un decimo di acqua rispetto alle necessità di un terreno lavorato e concimato chimicamente (eccettuate le irrigazioni che servono a far germinare i semi).

Le erbe spontanee non vengono mai estirpate ma solo tagliate; questo serve ad aggiungere alla ricchezza sotterranea anche la presenza di tante diverse varietà di radici vive, tra le quali convivono in armonia quelle delle piante coltivate. L’acqua torna alle falde migliorata dal passaggio attraverso lo strato di erbe tagliate (pacciamatura) che ricopre costantemente il suolo. In questo modo lo strato di humus aumenta naturalmente e rende inutili persino le concimazioni organiche e il tanto mitizzato compost.

È agricoltura a costo zero, con un minimo apporto di lavoro umano – non specialistico e affrancato dalla fatica – e con la massima garanzia di resistenza delle piante rispetto al gelo, alla grandine e alla siccità.

Quest’anno per la prima volta al campo stanno provando a produrre farro, (il mais ha già avuto successo l’anno passato). Le varietà di verdure coltivate sono centinaia, solo di pomodoro oltre trenta varietà, almeno quindici di peperone, una ventina di insalate e così via, tutte ritrovate nel catalogo della vita millenaria dell’agricoltura.

Lo scopo dell’esperimento di Gian Carlo, a parte svolgere un’attività che lo rende felice, e l’avvicinare la gente inesperta alla terra, quella vera, è che questo tipo di piccole realtà produttive locali si diffondano in numero sempre maggiore, al posto di poche realtà estensive e decentrate.

Questa che a molti può sembrare un’utopia si sta già avverando in silenzio e cresce costantemente, sia nei paesi ricchi che in quelli poveri, a patto che ci sia una diffusione capillare dei punti di produzione. Per non interrompere questa tendenza è necessario che i semi rimangano nelle mani di chiunque voglia coltivarli. I semi autoriproducibili, cioè di piante non coperte da copyright, sono in grado di dare tutto il nutrimento e il cibo gustoso di cui c’è bisogno.

Chi difende, anche dal mondo accademico, le arature, la semina di OGM “Round-up free”, la somministrazione di sostanze chimiche al terreno e nell’ambiente e l’attuale struttura del mercato, d’ora in poi dovrà confrontarsi – sia sotto l’aspetto agrotecnico che sociale – con tante realtà come questa di Gian Carlo, che stanno nascendo ovunque.

Last but not least, va anche tenuto conto che l’aratura, come tutte le lavorazioni previste dall’agricoltura convenzionale, ha un costo ormai insostenibile, oltre che in termini ambientali, proprio in termini economici, perché dipende dal petrolio per l’impiego dei trattori e di tutte le altre macchine agricole.

Prima di lasciarvi vi segnalo la pagina su facebook della Civiltà dell’Orto, dove trovate tutte le foto del lavoro quotidiano nell’orto e potete seguire la coltivazione, i consigli e le spiegazioni di Giancarlo.