Propositi per il nuovo anno: decrescita, elasticità, equilibrio, condivisione come se piovesse :-)
E proprio in linea con tutto ciò ho pensato di inaugurare il 2011 con una nuova rubrica non filosofica, anzi, del tutto terra-terra. Un capitolo che parte da quella stanza delle compere che è rimasta chiusa, abbandonata e polverosissima per un sacco di tempo.

Se spostate gli occhi appena un pochino più a destra potete vedere infatti una nuova iconcina, con un sacchetto (di carta, ovviooooo!!) pieno di cose buone e consapevoli. Cliccando su quel disegno si aprirà la porta della stanza delle compere, che ho appena rimesso a nuovo, arredata tutta shabby chic (il bello dell’arredamento virtuale… nessun bisogno di soldi, solo un buon collegamento alla rete).
Nella camera di cui sopra ho pensato di condividere con voi una cosa molto importante, e cioè i posti e le persone dove acquisto il cibo, e voi sapete con quale maniacalità li scelgo.
Inizialmente come sapete non andavo tanto per il sottile; scoprire la catena dei Naturasì mi dette una tale salvata che se avessi potuto sarei andata a lavorarci dentro anche solo per scrivere i prezzi sui cartellini. Mi sembrò un mondo meraviglioso, lontano anni luce dagli sconfinati supermercatoni illuminati al neon, o peggio i tristissimi discount con tutte le scatole ammucchiate una sopra l’altra (lo so, una volta nei discount ci si trovavano anche cose ottime e produttori interessanti, a scavare bene, adesso non so).
Purtroppo però via via che apprendevo e che venivo a contatto con le persone che lavorano nel settore del bio sono cominciati ad affiorare i dubbioni.
Del tipo che i prezzi di quei supermercati tanto amati sono veramente *troppo* alti. Che il ricarico che fanno è decisamente esagerato. Che così la popolazione si dividerà in ricchi molto sani (perché mangiano le cose giuste) e poveri molto malati (perché non se le possono permettere, sempre nell’ipotesi che riescano ad accedere alle informazioni sul cibo necessarie a muoversi in una certa direzione).
Del tipo che le certificazioni, private, fanno un po’ acqua da tutte le parti. Chi controlla gli enti certificatori? Sono sicurissima che ci siano quelli seri, ma lasciatemi avere i miei forti dubbi su tutti gli altri. Non lo so. Anche solo per aver letto questo, questo, questo e anche questo.
Del tipo che non ho capito cosa c’entrano le fattorie sconfinate con la coltivazione naturale. Insomma, nessuno è ancora riuscito a convincermi che è possibile non venire a compromessi con la chimica sintetica quando si ha a che fare con appezzamenti di terra che superano la metà di un campo da calcio. Nonostante qui a quanto pare se ne parli in modo entusiastico.
A parte che insomma non so da voi ma a Roma la verdura dei suddetti negozi come più volte vi ho raccontato somiglia ai panni che una volta sì e una volta no non ho tempo di stendere e quindi rimangono in lavatrice: umidicci, stropicciati e con uno sguardo accusatore. Se ho ben capito molte vengono da qui, ma mi sa che prima di arrivare fanno tipo una via crucis o qualcosa del genere (mi è giunta voce che l’80% di quegli ortaggi, la parte migliore, vada dritta dritta in Germania, e che a noi arrivi quello che rimane).

E poi, scusate, ma accentrando in questo modo la produzione degli ortaggi o l’allevamento degli animali i piccoli produttori che fine fanno?? E i piccoli negozi biologici? Troppo protezionismo per i miei gusti. Troppo copyright, troppe porte chiuse. Non fa per me questa roba.

Vabbeh. Ne avrei veramente tantissime da raccontarvi, ma per adesso mi fermo qui.
Insomma fatto sta che però anche andare dai piccoli produttori uno per uno non è cosa semplice. Immaginate questa madre di famiglia che sulla metropolitana mentre va a lavorare annota mentalmente: “dunque, per prima cosa devo andare a Viterbo a prendere le uova, poi in Toscana a prendere il pollo, le verdure mi sa che passo a Rieti e le arance faccio un salto giù a Siracusa che sono buonissime. Ah sì, l’olio… mi sa che devo fare anche una scappata a Scandriglia”.
Ed ecco la mia soluzione personale: gente che vende prodotti consapevoli (certificati biologici e non) radunando un’insieme di piccoli produttori convincenti; ricaricando sul prezzo in modo onesto e scegliendo di rimanere microrealtà. Niente manie di grandezza, per favore, che qua vogliamo decrescere.
Ve ne metterò a parte in questa rubrica. Piano piano vi racconterò di ogni posto dove acquisto, quali sono i vantaggi e quali gli svantaggi.
In alcuni casi per i pastonudisti ci saranno sconti, regalini e trattamenti di favore.
È solo un tentativo. Vediamo se riusciamo ad uscire dal loop nel quale stanno cercando di farci rientrare, dal retro. Il consumismo biologico.
Ma che, davero davero?
Per chi volesse approfondire l’argomento certificazioni:
Biologico sotto accusa? Interviene Carnemolla
Come funziona la certificazione biologica
Certificazione nel mirino
Certificazione nel mirino (2)
Fsa. Federbio: il valore dei cibi biologici
Biologico. Prosegue l’iter per l’attuazione dei regolamenti comunitari
Enti Certificatori