Non c’è niente da fare. Anche se il formaggio, soprattutto quello stagionato, non è proprio cosa per me (la mia cistifellea e i miei reni proprio non lo amano, peccato che la gola invece lo adori e che si trovi molto più vicina alle mani e alla bocca), subisco il suo fascino e faccio una gran fatica a rinunciarci.

Perché poi, diciamocelo, il formaggio, quello serio — e come sapete in questa rubrica i formaggi sono serissimi — è un po’ come il vino. Antico, nobile e con una propria personalità, che cambia sensibilmente addirittura da forma a forma.

Ci sono una miriade di variabili in grado di renderlo unico. Che tipo di erbe crescevano nei prati che le bestie (detto con profondissimo rispetto) hanno frequentato, come il latte è stato munto, se è passato direttamente dal secchio alla lavorazione o ha riposato qualche ora, che tipo di caglio è stato usato, che umore avevano le persone che lo hanno lavorato, che tipo di spore aleggiavano nell’ambiente, e poi quanto e come è stato stagionato, se è stato conciato in qualche modo o avvolto in foglie di una pianta, e un sacco di altre circostanze che mi sfuggono o che ancora neanche so. Tutto questo moltiplicato per il tipo di animale che ha prodotto il latte.

Questo stracchino proviene dallo stesso produttore di cui vi ho parlato la volta scorsa; è uno dei Formaggi Principi delle Orobie, che sono selezionati della Latteria Sociale di Branzi quindi, per un ripasso veloce, Alpi Orobie, latte di mucca, alta valle Brembana, provincia di Bergamo (Francescaaaaaa!!! *Tu* sai bene di cosa parlo vero?).

Gli altri Prìncipi delle Orobie selezionati dall’azienda sono l’Agrì di Valtorta, il Bitto storico, il Branzi Ftb (cioè “Formaggio Tipico Branzi” che fanno loro stessi), il Formai de Mut (di questo fanno loro la versione invernale e selezionano quella estiva di alpeggio) di cui abbiamo parlato la volta scorsa, e lo Strachitunt Valtaleggio.

Ho letto sul loro sito che lo Stracchino si chiama così perché deriva dal termine dialettale “stracch”, cioè stanco, perché “veniva prodotto alla fine dell’estate con il latte degli animali stanchi per il lungo viaggio di ritorno dai pascoli di alta quota”.

Lo Stracchino all’antica delle valli Orobiche, che tra parentesi è anche un presidio Slow Food, viene preparato senza scaldare il latte (parliamo di latte crudo appena munto anche detto “a munta calda”) e con tempi di coagulazione e spurgo molto brevi.

Cito la pagina del presidio: “Il latte viene inoculato di caglio di vitello e in alcuni casi di latte innesto autoprodotto, dopo la coagulazione, che dura dai 20 ai 40 minuti, si rompe la cagliata in due fasi successive, sino ad ottenere un coagulo abbastanza soffice e grosso per mantenere tenero il formaggio. Dopo aver versato la pasta nelle fascere inizia la stufatura per un giorno e mezzo a circa 20 gradi con un 90% di umidità, sino a che le forme si ricoprono di una leggera muffa bianca. Grande cura è riservata nel non lasciarli raffreddare, evitando così il fenomeno degli stracchini che “scappano” cioè che perdono la forma quadrangolare, sformandosi. A questo punto si salano le forme e si collocano in stagionatura, dove acquistano, dopo almeno una ventina di giorni, grazie all’umidità e alla manipolazione, il tipico inconfondibile sapore: un gusto che vira dal suadente cremoso del sottocrosta al pungente del cuore, più compatto e friabile. Mentre al naso freschi sentori balsamici richiamano il verde dei pascoli o le fragranze del fieno.”

Se non vi è chiaro cosa sia l’innesto autoprodotto, non è altro che un metodo diverso, alternativo all’uso del caglio: Si aggiungono al latte microrganismi selezionati (necessari per l’acidificazione del latte) che però si sono sviluppati in modo naturale in altro latte (latte-innesto) o nel siero (siero-innesto).

Eh??!! Non vi viene una voglia pazzesca di assaggiarlo? Questo formaggio è grasso e leggermente piccante, e l’ho trovato perfetto in aggiunta alla pasta con le zucchine che preparo spesso per noi, semplicemente facendo saltare zucchine freschissime in padella con un po’ d’aglio e… beh, la ricetta eccovela qui!

Ingredienti:
200 grammi di linguine
tre o quattro zucchine medie
qualche fiore di zucca freschissimo
stracchino all’antica Branzi a piacere
qualche foglia di menta fresca
pepe in grani
uno spicchio d’aglio
olio extravergine d’oliva
una spruzzata di vino bianco

Mettete a scaldare in padella a fuoco bassissimo lo spicchio d’aglio schiacciato e scamiciato. Intanto lavate, asciugate e affettate le zucchine, che dovranno essere freschissime e croccanti (tastate la parte finale – mia madre diceva “il culetto”: se è morbida conviene gettarle, sono vecchie e con tutta probabilità saranno amare).

Lavate e asciugate anche i fiori di zucca, togliete le spinette che li contornano e tagliate via i gambi e tritateli grossolanamente.

Quando l’aglio avrà un aspetto quasi dorato e tirerà fuori un profumo molto gradevole mettete in padella le zucchine e fatele saltare a fuoco piuttosto allegro per qualche minuto; quando il tutto sfrigola con decisione spruzzate il fondo della padella con un po’ di vino bianco e fatelo evaporare; verso la fine della cottura aggiungete anche i fiori tritati, che sono molto delicati e cuoceranno velocemente.

Scolate le linguine al dente lasciando un minimo di acqua di cottura, versatele nella padella con il condimento e saltatele per qualche secondo. Cospargete con tre quarti dello stracchino all’antica tagliato a dadini e mescolate.

Impiattate, cospargete con i dadini di stracchino rimanenti, una generosa spolverata di pepe appena macinato e qualche foglia di menta fresca tritata, magari appena colta. Servite immediatamente!