Non riesco a immaginare nulla che non mi piaccia, se dentro c’è la ricotta. E il peggio è che quasi tutto quello che mi viene in mente è un dolce o qualcosa che gli somiglia. Oddio. Certo, anche alla lasagna, con la ricotta, che le vogliamo dire. E ai cannelloni. E ai ravioli. Ma quelli sardi, che sono mezzi dolci, con la buccia dell’arancia dentro.

Quando poi la ricotta viene dalle parti mie, e per giunta è impreziosita da un involto di carta dalla grafica commovente, mica contenuta in una vaschetta di plastica, e inoltre mi viene consegnata fresca fresca dalle (sante) mani di Stefano Mariotti, beh, allora mi ritengo una donna fortunata, e sento che non potrò mai veramente meritare tutto questo.

Voglio dire, come si può cucinare una cosa così sacra come la ricotta? Che viene miracolosamente fuori dallo scarto della produzione del formaggio? La morte sua è spalmata su una fetta di pane con un cucchiaino di miele, no?

Nonostante tutto ciò, mi sono dovuta arravogliare (espressione napoletana intraducibile che si usa per una varietà n di situazioni, nel caso in questione utilizzata per esprimere pensieri labirintici che si avvolgono su se stessi) non poco per scegliere una sola ricetta tra le cinquemila che mi venivano in mente al cospetto di questa principessa bianca, compatta al taglio, setosa e densa rispetto a quella che utilizzo di solito, ma dal sapore indescrivibile, non troppo dolce, non troppo sapida, non troppo cedevole.

Ho messo mano al mio magico e datato libretto sui Canederli di cui vi avevo già parlato qualche tempo fa e ho trovato un dolcetto molto invitante che in questo periodo prenatalizio ci sta proprio un gran bene.

Il canederlo in questione era adagiato mollemente su un letto rosso acceso, fatto con una salsa di lamponi, ottenuta frullando i frutti, passandoli al setaccio e aromatizzandoli con un po’ di succo di limone e di zucchero a velo; io ho usato una provvidenziale marmellata di uva fragola che ho fatto questo autunno, ma va benissimo, anzi anche meglio, perché gli dà una personalità particolare, visto che la ricotta rimane piuttosto neutra.

Come quasi sempre accade ai canederli la ricetta prevede il pane tra gli ingredienti; nel libro c’è però annotata anche un’altra versione di questo dolce, che utilizza il semolino al posto del pane. Se interessa a qualcuno ve la trascrivo nei commenti, io la proverò certamente (e che, non la provo? La provo, la provo!!).

Ingredienti:
120 grammi di mollica di pane secco
100 grammi di burro morbido
2 uova felici
200 grammi di ricotta di bufala
100 grammi di panna acida
2 cucchiai di zucchero a velo
50 grammi di farina 1 (più altra quanto basta)
una manciata di nocciole tostate e tritate
qualche cucchiaio di marmellata

Tagliate il pane a cubetti molto piccoli e mettetelo da parte.
Amalgamate il burro, le uova, la ricotta e la panna acida, poi incorporate i cubetti di pane, lo zucchero a velo e 50 grammi di farina.

Lasciate gonfiare il tutto in una terrina coperta per un’oretta. Prendete una pentola grande con il fondo largo, riempitela d’acqua e mettetela sul fuoco. Quando l’acqua bollirà abbassate leggermente la fiamma, prendete un piccolo pezzo dall’impasto (dovrebbe essere molto umido: per non farlo appiccicare alle mani bagnatevele con un po’ d’acqua), formate una pallina e mettetela nell’acqua per controllare se tiene. Se dovesse disfarsi aggiungete due cucchiai di farina all’impasto, e rifate la prova, fino a quando la pallina non tiene bene la cottura.

Quando sarete riuscite a creare il mini gnocco indistruttibile formate quelli veri; dovrebbero venirne circa dodici (a seconda di quanti mini gnocchi avrete fatto) della taglia di un grosso mandarino, e fateli scivolare molto delicatamente nell’acqua bollente, lasciandoli cuocere una decina di minuti circa.

Intanto preparate la mise en place: mettete qualche cucchiaio di marmellata al centro di un piattino da dolce; adagiateci sopra un canederlo e decorate con qualche frutto intero, qualche foglia di menta, oppure con le nocciole tritate.