E reintegrano. E riequilibrano ciò che si perde sudando. Non so come siete messi a caldo, giù in Italia. Qui bene, grazie. Se fosse per me farei come i conigli del vicino: una bella buca fino a trovare il terriccio più fresco, all’ombra di un albero, e immobile per ore aspettando che passi. Ma, ahimé, non sono un coniglio. Sorrido comunque, perché non è poi così difficile ottenere un poco di frescura *solamente* alimentandosi in modo consono alla stagione.
cibi rinfrescanti
Dunque, cose che rinfrescano. Io dividerei i miei cibi preferiti di luglio in due: dolci e salati. O frutta e verdura. Fate voi.
Che poi faccio anche fatica a dividerli veramente, perché sono tutti cugini, come dice mia figlia. “Papà, è vero che il cetriolo è il cugino dell’anguria?”. Il fisico teorico mi guarda implorante risposta adatta.
Prima parte. Tra le tante verdure ed erbette rinfrescanti, ho scelto quelle di cui non potrei fare a meno, ora come ora: erba cipollina e cetriolo.
L’erba cipollina, che sembra solo un ciuffetto di filini verdi da niente, in realtà è uno scrigno magico. Ma nel vero senso della parola: i tedeschi, nella notte dei tempi, la consideravano proprio il non plus ultra tra quello che c’era sul mercato, per scacciare gli gnomi cattivi della Foresta Nera.
Oltre a proteggerci dalle cattiverie degli gnomi malefici, comunque, e a contenere betacarotene (non l’avrei mai detto, ma siamo sicuri?), questi tubettini pare abbiano proprietà antisettiche, stimolanti, depurative, digestive eppur cicatrizzanti. Ricchi di oligoelementi e vitamine. Che, con tutto ‘sto sudare, male non fanno. Ammetto di essere intransigente: l’erba cipollina solo freschissima, possibilmente appena tagliata dalla pianta. Tanto, cresce praticamente ovunque, non viene attaccata da nessuna malattia o animaletto, e sopravvive benissimo anche sul balcone di casa. Erba cipollina surgelata e/o secca non esiste, nel mio vocabolario. Di solito sono elastica, ma su questo argomento no. Altrimenti tagliamoci una bella fetta di cipolla e morta lì.

È incredibile come una semplice insalata possa cambiare dal giorno alla notte, con una pioggerellina di anellini verdi; ma anche i pomodori, o una frittatina. Alcuni abbinamenti sono dei classici: qui la mescolano con il loro formaggio fresco, un filo d’olio ed un pizzico di sale, o con lo yogurt, per condirci qualsiasi cosa. Per non parlare, chiaramente, di salmone affumicato o patate cotte al forno con la buccia e farcite con formaggio fresco. Ma stiamo divagando. Comunque, sempre a crudo. Perché l’erba cipollina cotta si trasforma in un niente: niente sapore, niente profumo, niente di niente. E credo perda pure i poteri contro gli gnomi cattivi.

Per quanto riguarda i cetrioli, devo dire che non li ho mai sopportati. Ma non riuscirei a sopravvivere a questo luglio, senza. Ho cercato finora, in rete, qualche bel sito che ne descriva le innumerevoli proprietà ed i benefici che portano per la dieta estiva. Ma sapete cosa? Sarà che mentre scrivo pure la luna è in leone, oltre al sole. Sarà che fuori c’è un’arietta leggera e una ombra fresca, mentre qui dentro fa un caldo assurdo, ma ho deciso che smetto di cercare, e che mi rifiuto di pubblicare qualsiasi link dove la prima cosa che si legge è un banner su come si dimagrisce la pancia. Ma è possibile? C’è un’epidemia di deficienza, in Italia? O sono solo questi siti di cucina, che presuppongono che se uno vuole conoscere le proprietà nutrizionali dei cetrioli deve per forza essere obeso? Scusate, mi sa che è il caldo.
Dicevo. Cetrioli a go go. Ora, non dico di addentarli-tipo-mela come fa mia figlia, ma ammetto che mi fa un po’ impressione quando leggo di “salarli e lasciarli riposare per togliere l’amaro”: secondo me con l’acqua si buttano via anche i minerali, ma magari è solo una mia fissa (quando ero in Emilia ricordo che molti tagliavano il cetriolo ad un’estremità e sfregavano quest’ultima sulla parte intera, producendo una schiumetta e sostenendo che, dopo questo trattamento, i cetrioli sarebbero stati digeribilissimi. Se qualcuno vuole provare…).
Ora, io li faccio a rondelle finissime, poco sale, olio e aceto. Questo, trenta secondi prima di mangiarli. Non ho mai trovato un cetriolo amaro che fosse uno. Magari quelli vecchi, se funziona come per le zucchine. Sarà che qui è la patria, di questi cosoni verdi che sanno di parte-bianca-dell’anguria (se qualcuno di voi ha visto il film Goodbye Lenin sa di cosa parlo). Con la buccia, chiaramente. E, da quando hanno scoperto l’importazione, li mangiano tutto l’anno, come se non avessero altro.
Che, poi, te lo raccomando, a venti sotto zero e con l’umidità al 90%, in inverno, di mangiarti un cetriolo. Mi immagino l’acqua che mi si ghiaccia nelle ossa, modello cartone animato.
C’è una frase, nel libro di Sergio Maria Francardo che sto leggendo or ora, che credo andrebbe raccontata ai bambini dell’asilo, a mo’ di storiella. Nel paragrafo sulle malattie da raffreddamento invernali, scrive: “Occorre evitare alimenti che disperdono calore, come gli alimenti estivi o provenienti da paesi tropicali. Mangiare un peperone d’inverno è come slacciare il cappotto durante una nevicata; bere una bevanda rinfrescante, ricca di conservanti che rallentano il nostro metabolismo, è come infilare il cappello all’aperto, ovvero dopo averlo riempito di aria fredda”. Eccoci. Noi siamo in luglio, ed è facile, che basta quasi ribaltare il tutto. ;-)
Tornando ai nostri cetrioli ed alle loro indiscusse virtù terapeutiche, sono strapieni di acqua (95%), vitamine (A, B, C) e sali minerali (soprattutto potassio, ferro, calcio, iodio e manganese). Rinfrescanti, depurativi, diuretici. Praticamente assenti grassi e zuccheri: per questo molti medici li suggeriscono come coadiuvante in stati patologici derivati da intossicazioni. Se conoscete qualcuno che soffre di gotta o reumatismi, alé che va bene anche per questo. E anche contro coliche e irritazioni intestinali. Non l’avrei mai detto, che ho sempre pensato fosse acqua e basta. Guarda te, certe volte…
Parte seconda: la frutta. Qui ci sarebbe l’imbarazzo della scelta. Melone e anguria sono i più gettonati, da queste parti (importati dall’Italia, chiaramente). Ma non voglio scrivere solo di cucurbitacee, che poi monopolizzano tutto il post. No.
Preferisco decisamente le albicocche. Per me albicocca significa infanzia, bambini che giocano, urlano e saltano, assenza di pensieri e niente stress. È come staccare per cinque minuti la spina e far scomparire tutto quello che di adulto c’è attorno. Lo so, non sono mica tutta normale, ma c’è di peggio (i serial killers).
Pare che gli imperatori cinesi apprezzassero questo frutto già quattromila anni fa. Anche se non tutti sono d’accordo, dovrebbe essere stata portata in Europa dai Romani dopo la conquista dell’Armenia, verso il I secolo d.C (se le nebbie in cui vagano i ricordi delle mie versioni di latino si diradassero ancora un poco, credo che potrei essere quasi certa che i Romani ne abbiano mangiate a quintali, di albicocche, visto i secoli impiegati per sconfiggere i Parti; accidenti, qui ci vorrebbe la mia amica Sabrina, o Francesco, che sanno tutto, di greci e di latini…). Comunque, sicuramente reintrodotta dagli Arabi nel bacino mediterraneo attorno al X secolo, come si evince dal nome, che deriva dall’arabo al-barquq (ennesimo esempio, se ce ne fosse bisogno, dell’importanza di questa cultura nel bacino mediterraneo; chi fosse interessato all’argomento può trovare molti spunti interessanti nel saggio di Antoni Riera-Melis, in “Il mondo in cucina. Storia, identità, scambi”, Laterza).
Per me, l’importante è che qualcuno ce le abbia portate. Poi, chi e come, approfondirò (se necessario). Ho anche scoperto che sono un prodotto tipico della zona vesuviana (pensa un po’, Izn, sembra fatto apposta ;-)).
Ricchissima di vitamina A, stimola la produzione di emoglobina, la proteina che trasporta il ferro. Antianemica per antonomasia, quindi. Perfetta per donne in età fertile, ragazzi in crescita, sportivi e chi più ne ha più ne metta.
L’albicocca è ricca di Vitamina B, C, PP, nonché di minerali quali magnesio, fosforo, ferro, calcio, potassio, fluoro e cobalto (ho scritto cobalto?).
Sulla solita rivista leggo che alcuni alimenti ne potenziano gli effetti benefici: carni bianche, spigola, sogliola, trota e altra frutta di stagione. Che è ancora meglio se mangiata a digiuno e che molte delle sue virtù vengono inibite dall’associazione con insaccati di maiale, cipolle, legumi e frutta secca. E qui sarei anche curiosa di saperne di più, ma non me lo dicono. Pazienza. Farebbero bene pure cotte.
Si possono comunque frullare, aggiungerci del miele e gustarsele fresche dopo averle lasciate qualche ora in frigo. Magari con dei fiocchi d’avena tostati. Anzi no, adesso che ci penso, sarebbero fantastiche frullate e cosparse con questo pseudo crumble qui. Io l’ho fatto tale e quale, col ribes e le fragole, usando mandorle al posto delle noci e dei semi di girasole. La prima volta ho pure aggiunto un poco di zucchero di canna (ma poco), perché temevo che il ribes fosse troppo aspro. Errore. Non serve. Magari un poco di miele nel crumble.
L’abbinamento con l’avena (che migliora la capacità di resistenza allo stress) pare azzeccato anche secondo alcuni esperti di cibi anti-ansia: l’albicocca non solo “rigenera il tessuto nervoso” (cito testualmente) ma, secondo la medicina cinese, riduce l’eccesso di fuoco nella regione cardiaca, aiutando a prevenire il rischio di tachicardie nervose. Mi sa che la mia voglia di albicocche ed avena nasconde un bisogno tremendo di riposo. Ascolto ed eseguo. Alla prossima!