Vorrei non fosse così, ma purtroppo ormai quando si parla di cucina consapevole non si può dimenticare la schiera, che cresce esponenzialmente, delle persone intolleranti a un alimento piuttosto che un altro.

Qui sul pasto nudo come sapete cerco sempre di utilizzare ingredienti che di per sé diano meno problemi possibile, ma quando si tratta di creare vere e proprie ricette per chi alcune cose proprio non le può neanche toccare, le cose cambiano… ci vuole qualcuno che non solo sia un esperto, che sappia molto bene quello che fa, ma anche un creativo vero, uno che sappia rendere il piatto che prepara qualcosa che non faccia pensare a una privazione, ma ad una golosità che avrebbe mangiato con gioia anche se avesse potuto permettersi qualsiasi altra cosa. Magari uno che sia anche coinvolto personalmente nel problema in questione.

Sì, ma chi conosco che abbia tutte queste qualità, oltre alla verve necessaria per trasmetterle, la voglia di condividerle con gli altri (che è una qualità molto rara) e la capacità per farlo? Non mi viene in mente nessuno, no no no.

Scherzoooooooooo ovviamente!!! Ma vi pare!!! Ma scusate, ma allora che lo conosco a fare quel mito assoluto di Andrea Trenta, già chef consapevolissimo nel suo ristorante di Sacrofano in tempi non sospetti, e adesso lanciato in nuovi progetti interessantissimi che riguardano *proprio* le intolleranze!?
Vi lascio a lui, và, che a *quello* mica piace che gli venga tolto lo scettro del comando! Quello è chef!! :-D

A casa di izn, in una delle nostre ultimissime sessioni di show cooking casalingo (solo per pochissimi eletti: noi stessi, Renata e Zac), questo era il dialogo ricorrente:
izn: “visto che stai diventando sempre più consapevole, o meglio, sempre più pazzo, perché non scrivi qualcosa sulle intolleranze alimentari?”
io: “ma… tipo una rubrica dove parlo delle mie ultime scoperte che sto trasferendo in cucina?”
izn, con tono incalzante: “Sì sì sì, proprio quello dicevo”.
Il dubbio, neanche troppo velato, mi assale: argh, sto diventando un marziano anche agli occhi di izn; devo cominciare a preoccuparmi seriamente?!
Vabbeh, ho deciso di sorvolare sulla cosa, e ho pensato che in effetti non è per niente una cattiva idea condividere ciò che sto imparando, sulla mia pelle e non.

Noi intolleranti (sì, anch’io sono tra queste fila) stiamo diventando sempre più numerosi; purtroppo ci sono anche molte persone che non sanno che il proprio corpo non tollera alcuni alimenti, e accusano vari disturbi che sparirebbero, in parte o totalmente, se solo prendessero coscienza della propria difficoltà.

Le intolleranze più diffuse sono due: il latte e tutti i suoi derivati (non semplicemente il lattosio), e il frumento.
Seguono poi altre macro-categorie, la cui incidenza a livello numerico è di gran lunga inferiore: i polifosfati (presenti in molti prodotti industriali sotto forma di additivi stabilizzanti ed emulsionanti – E450, 451, 452 – e nei lieviti chimici – E544, 545), il nichel-cadmio (grassi vegetali idrogenati), le uova (in particolare l’albume), la frutta secca a guscio, le carni (maiale, manzo), il pesce (in particolare i crostacei), le solanacee (patate, peperoni, melanzane, pomodori).
La mia intolleranza l’ho scoperta da pochi mesi: a giugno di quest’anno il mio amico Luca mi racconta che si è accorto da anni della sua intolleranza al frumento, grazie ad una visita presso un noto medico di Genova. Mi dice che da quel momento la sua vita è migliorata; io ascolto le sue parole, ma sono un po’ scettico.
Due settimane dopo, non so perché, decido di provarci anch’io. Voglio conoscere il mio allergene.
Quando a luglio vado a Genova per la visita, con il mio amico Armando, mi si apre davanti un mondo nuovo: il mio allergene è il frumento; non dovrei neanche toccarlo. Per me l’effetto di questa rivelazione è ancora più ampio, visto il mio lavoro: nei miei piatti, nella mia cucina, non dovrò più usare il mio allergene.
“Seeee, vabbèèè, ti pare che non mangio più la pizza di Bonci o di Stefano di Tonda??? Maddaiii, non scherziamo!”
Beh, quasi non ci credo neanch’io, ma invece di vivere questa sentenza come una privazione, la vedo come una scelta serena e consapevole, o anche come una sfida: e se cercassi di eliminare per quanto possibile la gran parte degli allergeni? Creare piatti buoni, golosi, sani ma pensati per le intolleranze, nei quali il cibo abbia la sua centralità sensoriale, e che però siano liberi da quell’alone di tristezza che spesso contraddistingue le preparazioni che sono *senza qualcosa*.
Una restrizione può anche essere uno stimolo per inventare, progettare e fare qualcosa di bello e buono. Chi ha un qualsiasi tipo di intolleranza sa bene che quando si trova fuori casa difficilmente riesce a mangiare cose buone e sane evitando il proprio allergene.
Perciò ho pensato a una rubrica fatta di ricette scelte seguendo la filosofia pastonudista: solo prodotti di qualità, bio (veramente), di piccoli produttori (bla bla bla!!), e che seguano determinati criteri.
Impiegherò esclusivamente cereali e farine alternativi al frumento, in particolare farro, segale, mais, quinoa e quant’altro, per lo più integrali, macinati in purezza, senza contaminazioni; farò eccezione sul frumento solo per qualche ricetta preparata con grano del faraone/etrusco, (che per i più si chiama Kamut, ma ditelo sottovoce sennò ci fanno pagare per il nome); queste ultime ovviamente non adatte a chi ha serie intolleranze al frumento.
Non sentirete nemmeno parlare di zucchero bianco, ma solo di zuccheri di canna integrali; il latte e il burro ci dimenticheremo cosa sono… magari *qualche* eccezione, per chi se lo può permettere, ce la concederemo su alcuni formaggi selezionatissimi (ci aiuterà Stefano, verooo?), visto il mio amore per tale mercanzia.
Ovviamente utilizzeremo largamente verdure stagionali, esclusivamente pane preparato con pasta madre, in prevalenza a base di segale integrale, e faremo ricorso in modo mooolto ridotto alle proteine animali.
Perciò, pronti a partire con vostre riflessioni, domande e suggerimenti, ma soprattutto con la prima ricetta che posterò a brevissimo. A presto!!
Andrea Trenta