Sono giorni complicati, impauriti, nervosi. Mezza Italia sta tremando, e le ipotesi si rincorrono: siamo sotto l’egida di un nefasto allineamento di pianeti, no, stiamo estraendo gas dal sottosuolo, no, no, è la placca africana che spinge contro quella Euroasiatica.

Come reagire a tutta questa inevitabilità. Ester, nel suo inarrivabile blog, in un post che ha intitolato “Non avere paura” dice: “Per il momento quello che mi aiuta a non pensare è rendere il mio quotidiano leggero. Leggero come una farfalla.” Ecco. Saggia donna. Credo che questo sia un consiglio meraviglioso, l’unico possibile.
E che faccio per aumentare la scarsissima leggerezza che (non) mi ritrovo addosso dalla nascita? Ovvio, cucino cose dolci, tranquille, che rassicurano. Cose semplici e attraenti per gli occhi e per l’anima.

Che poi sono la diretta conseguenza di un bellissimo regalo di Anna, che sicuramente in tanti già conoscete, e che ho avuto la gioia di avere qui mercoledì scorso, a chiacchierare, impastare pane, e infarinare la casa e noi stesse (rigorosamente con farine antiche, ovvio, no?). Ho la sensazione di avere imparato più io da lei che lei da me!

Non vi racconto neanche una minestra che ha preparato lei in due minuti con gli avanzi del frigo, una cosa meravigliosa nella sua semplicità, e che vi mostrerò presto (appena capisco come ha fatto!!!). Dicevamo, il bellissimo regalo. Dovete sapere che Anna ha un albero di ciliegie nel giardino di casa, e ha pensato (bene!!) di portarsene un paio di ceste quando è salita a Roma.

Una di queste ceste è arrivata qui da noi via zac (mica vorrai *esimerti* dall’allungarti al B&B di Anna a prendere le ciliegie, veroooooo?) e siccome questi frutti meravigliosi sono anche abbastanza delicati ho pensato bene di trasformare immediatamente quelli sopravvissuti alla pulcina e allo zac in marmellata (la mia preferita in assoluto), e in una splendida torta che avevo visto un sacco di tempo fa dal cavoletto (e chi se no), che a sua volta l’aveva mutuata da Annalisa Barbagli (trovate le sue ricette sparse un po’ dappertutto sulla rete, ma se siete curiosi potete andare a dare uno sguardo qui sulla gazzetta gastronomica).

Ecco, adesso la nota dolente. Se volete mangiare ciliegie non trattate, sappiate che immancabilmente in quelle mature, un po’ più scure, troverete un abitante (in rari casi anche due). Quindi, o vi abituate all’idea e ve ne fregate (quando aprite le ciliegie guardate da un’altra parte) come si faceva una volta, che si raccomandava di non mangiare le ciliegie di venerdì (indovinate perché?!), oppure quando le aprite sfrattate gli abitanti uno a uno, come ho fatto io (sigh).

Potreste anche metterle senza picciolo a bagno in acqua; gli inquilini dovrebbero annegare facilmente e salire a galla (motivo per cui quando si fanno le ciliegie sotto spirito si lascia sempre un pezzettino di peduncolo), ma temo che le ciliegie si annacquerebbero un po’, perdendo parte del loro meraviglioso sapore. Fate come vi pare.

Per me questo fastidio è ampiamente ricompensato dalla tranquillità di non mangiare veleni (in questo forum si parla di roba “al limite della legalità). Per tutti gli altri, e per i vegani, ovviamente, pare che ci sia una varietà che si chiama “Forlì” che rimane inabitata, e che quelle di Vignola invece siano le preferite. Esistono anche trattamenti assolutamente naturali a base di Neem, che vanno spruzzati nella fase in cui le ciliegie passano da verdi a mature. Ecco, se avessi un albero di ciliegie mi informerei sull’argomento. Voi ce li avete ? E come vi regolate? Io potendo il vermino non lo mangerei, ecco (bleah)! :-P Olmontano, tu che dici?!?

Per quanto riguarda la ricetta, ho fatto le solite modifiche: farina semintegrale al posto della 00, zucchero grezzo chiaro al posto di quello bianco, farina di mandorle tostate al posto di quella normale, e rum al posto del maraschino; la torta è ottima, poco dolce, e se adorate le ciliegie come me sparirà in cinque minuti. La prossima volta proverò a farla con il burro chiarificato e lo zucchero integrale; se la provate voi ditemi! :-)

Ingredienti:
500 grammi di ciliegie non trattate
100 grammi di farina semintegrale di grani antichi
100 grammi di zucchero grezzo chiaro (più un po’ per la tortiera)
100 grammi di farina di mandorle tostate
80 grammi di burro di centrifuga (più un cucchiaio per la tortiera)
2 uova felici
2 cucchiai di rum
1 cucchiaino di polvere lievitante
sale marino integrale

Per prima cosa imburrate una tortiera (la mia misurava meno di 20 centimetri di diametro) e spolverateci sopra un po’ di zucchero di canna. Sciacquate le ciliegie e apritele a metà con un coltellino affilato; sfrattate l’inquilino (o se avete lo stomaco, io purtroppo ancora non ce l’ho, ignoratelo) e mettetele in una ciotola. Preriscaldate il forno a 180°C.
Mettete il burro – morbido – nella planetaria, insieme allo zucchero, e fatela girare con la foglia fino a quando non monta un pochino. Aggiungete la farina di mandorle e poi le uova a temperatura ambiente, uno alla volta, fino a quando non sarà tutto ben amalgamato.
A parte setacciate la farina con la polvere lievitante e il sale e aggiungete anche quella (mescolando a bassa velocità e solo fino a quando sarà assorbita) e infine il rum.
Trasferite tutto nella tortiera che avete preparato, disponete le ciliegie – richiudendole alla meno peggio su se stesse – un po’ dappertutto (a me ne sono avanzate una decina, voi se riuscite infilatele tutte!), affondandole un po’ nell’impasto, e infornate per circa tre quarti d’ora (fate la prova stecchino come al solito).
È semplice da preparare e da mangiare, è ottima e secondo me è anche migliore il giorno dopo. Se per un caso assurdo dovesse rimanerne una fettina.