Mannaggia. Nonostante l’iperconnessione (ormai sono una specie di organismo cibernetico connesso ventiquattr’ore su ventiquattro – una vera e propria vita parallela interconnessa con quella fisica) non sono riuscita a sapere in tempo di questa manifestazione stupenda.

Lo so non è poetico (e probabilmente pochissimo sano), ma la prima cosa che faccio appena sveglia, ancora con la testa sotto la coperta (per la prima mezz’ora la luce del giorno mi fa l’effetto vampiro), è accendere l’iphone e guardare cos’è accaduto in giro. Subito dopo mi alzo e sbadigliando accendo il mac. Poi comincio a vivere.
Fatto sta che purtroppo solo domenica mattina, scorrendo le news dei miei contatti su facebook, ho saputo l’esistenza di Genuino Clandestino, e della manifestazione che proprio quel giorno si stava già svolgendo nella mia città natale; a quel punto era troppo tardi per organizzare fotocamere, pulcina e zac, e correre giù a dare uno sguardo.

Tutto è iniziato da un video che aveva un titolo che mi incuriosiva: “Genuino clandestino – il biologico senza marca”, e che ovviamente sono andata subito a guardare. Il link è questo, andatelo a vedere e ditemi se non è strabello (compresa la colonna sonora). Oltretutto il video è stato realizzato grazie alla rete e alle sue risorse: conoscete Produzioni dal basso? Beh, dieci euro su dieci euro è stato possibile mettere insieme i 5000 che servivano per produrre il video grazie alle donazioni di chi ci ha creduto. E se non è un motivo per essere innamorati della rete questo….

Questa gente è la rappresentazione fisica di tutte le mie chiacchiere sull’autosussistenza alimentare, sul coraggio, sui cambiamenti che devono venire dal basso, sulla vita vera e sulla ribellione pacifica alle regole costituite, in genere costituite da chi non ha bisogno di attenervisi e quindi – scusate il linguaggio – se ne frega, perché per un motivo o per l’altro (in genere per l’altro) ha molto più di ciò che gli serve e nessun bisogno di combattere per sopravvivere.
E quasi sempre perché ha stipulato con la vita (sua e degli altri) tanti di quei compromessi che non sa più neanche dire a se stesso chi è; ogni riferimento che vi viene in mente a persone realmente esistenti è sicuramente esatto.

Ooooooh. E mo’ l’ho detto. E questo, e quello, e pure per voi. Insomma. Tutto questo per dirvi che mi dispiace molto non aver potuto avere un contatto diretto (ma alla prima occasione utile andrò a conoscerli), ma che — grazie ai potenti mezzi del pasto nudo — sono orgogliosa di potervi almeno mostrare qualche scatto, non mio, ma di una donna della quale mi fido artisticamente come me stessa, e cioè la mia amica Melania, della quale vi avevo accennato tempo fa in questo post.

La quale Melania nonostante l’abbia chiamata domenica alle nove ha preso bimbo molto piccolo e macchina fotografica ed è andata a curiosare e a fare un po’ di scatti per il pasto nudo (ed ecco svelato lo stile differente delle foto che vedete in questo post – adoro tutto ciò che fa Melania, soprattutto i dipinti, lei è meravigliosamente estrema e folle, e come sapete amo svisceratamente quelli che hanno il coraggio di esserlo).

Quello che invece posso fare io per adesso è semplicemente riportarvi cosa queste persone stanno facendo per averlo letto sul loro blog, visto sul loro video e fatto una chiacchierata al telefono con il loro organizzatore. Credo che sia comunque interessante per tutti e che valga decisamente la pena di diffondere, vista la virata filo-agrico(u)ltura che ho fatto con il blog.

Quello che queste persone fanno è semplice e complicato allo stesso tempo: cercano di garantire che il cibo non sia soggetto a speculazioni – di qualsiasi tipo – promuovendo la vendita diretta dagli agricoltori ai consumatori.
Come sapete la legge bandisce dal mercato moltissimi piccoli produttori, a causa di una rete di norme igienico sanitarie che – per carità – ben vengano – ma spesso sono ottuse di fronte alle esigenze di chi non ha le spalle abbastanza grosse per supportarle. In sostituzione loro propongono un sistema di certificazione partecipata (anche detta garanzia partecipativa), con regole e norme autogestite per quello che riguarda la produzione e la vendita dei prodotti nei mercati.
Questo vuol dire che conta prima di ogni cosa la consapevolezza di chi compra, e che per agevolarla tutti i produttori che appartengono a questa rete aprono le porte a chi vuole andare a vedere come si svolgono le fasi di coltivazione e di produzione, in qualsiasi momento. Le regole sono quelle che conosciamo e seguiamo anche noi (io lo chiamerei buonsenso): si parte dalla coltivazione biologica e biodinamica (non certificata), non si utilizzano prodotti di sintesi, e per l’allevamento niente antibiotici, ormoni, alimentazione naturale, ovviamente al bando anche gli ogm.

Come (e perché) fidarsi? Per quello che mi riguarda, ormai l’unico ente certificativo valido sono io.
Che piano piano, studiando letteralmente sul campo con il gruppo di Giancarlo sto imparando a conoscere le verdure che mangio. A capire come coltivare la terra e a riconoscere ciò che non è adatto a me. A sfinire la gente da cui compro (che sarà sempre meno, perché conto di autoprodurre sempre di più) con mille domande, fino a quando non sono certa di potermi fidare (cosa che accade non per ciò che dicono, ma per il tipo di energia che sento provenire da loro – eh lo so, stiamo sforando nell’esoterismo, di nuovo).

Ed è con questo atteggiamento che mi accosterò ai banchi dei tanti loro mercati che a quanto pare ci sono anche a Roma (qui trovate un calendario aggiornato in tempo reale). Insomma, questo è lo sbocco naturale dei dubbi sulle certificazioni ufficiali di cui vi ho parlato tempo fa. Approfondirò e vi terrò al corrente. E spero che voi farete lo stesso con me :-)