“Dar da bere agli assetati” e “dar da mangiare agli affamati” hanno cessato di essere umane opere di misericordia, per diventare business colossali. L’acqua che esce dal rubinetto di casa, a pagamento, ha il gusto della varechina perché, per legge, viene addizionata di cloro per eliminare eventuali microrganismi patogeni. La qualcosa però non sempre assicura la potabilità, data la possibile presenza di pesticidi, metalli pesanti e altri contaminanti nocivi.
giornata mondiale dell'acqua 2015
immagine tratta da unwater.org
Fontane e fontanine pubbliche non zampillano più o sono ridotte a pattumiere; così, complice anche un’ammaliante pubblicità, si è creata la necessità di ricorrere all’acqua cosiddetta “minerale”, che si vende in bottiglie (per lo più di plastica e perciò difficili da smaltire o riciclare), che spesso costa più del latte. Insomma, l’acqua non è più bene comune; è sempre più merce, su cui speculano i gruppi finanziari che stanno comprando tutte le fonti da cui zampilla acqua ancora bevibile.
Ieri, in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua, promossa dalle Nazioni Unite, papa Francesco, sempre attento alle questioni etiche ed ambientali di questa epoca che di etica e ambiente si interessa molto poco, ha detto all’Angelicus: “L’acqua è l’elemento più essenziale per la vita, e dalla nostra capacità di custodirlo e di condividerlo dipende il futuro dell’umanità”. Poi ha aggiunto: “Incoraggio pertanto la Comunità internazionale a vigilare affinché le acque del pianeta siano adeguatamente protette e nessuno sia escluso o discriminato nell’uso di questo bene, che è un bene comune per eccellenza”. È proprio il caso di dire: sante parole. Speriamo non cadano nel vuoto.
Riguardo al cibo, i dati ci dicono che con quello che si produce attualmente si potrebbe sfamare un’umanità molto più numerosa di quella attuale. Eppure, nei paesi in via di sviluppo, ci sono oltre 800 milioni di persone che soffrono di malnutrizione cronica, mentre, in quelli industrializzati, circa 16 milioni di poveri non mangiano abbastanza, a fronte di un crescente numero di persone che soffre di sovrappeso o obesità, perché mangia troppo e male.
Tale sconsolante situazione è dovuta a comportamenti umani poco misericordiosi: si sta riducendo la terra a un letamaio, per cui le falde acquifere sono sempre più inquinate; non c’è solidarietà da parte dei paesi ricchi verso quelli poveri; si distrugge alla raccolta una parte consistente della produzione agricola, per tenere alti i prezzi e/o rispettare le regole di commercializzazione dettate dall’Unione Europea; c’è spreco di cibo tra le mura domestiche; e – ultimo ma non meno deprecabile andazzo – si sottraggono al consumo alimentare consistenti quote di prodotti agricoli per dirottarle, ai fini speculativi, verso la produzione di biocarburanti e biogas.
giornata mondiale dell'acqua 2015
logo ufficiale world water day 2015, tratto da unwater.org
Non è misericordiosa nemmeno l’agricoltura che si pratica attualmente. Non è più agri-coltura, ovvero cultura (nel suo significato autentico,venerazione e rispetto) dei campi, ma agri-tortura. Alcuni dei suoi strumenti sono vere e proprie armi chimiche: i nitrati, usati come concimi, sono anche la materia prima degli esplosivi; gli organofosforici, che agiscono da insetticidi paralizzando il sistema nervoso degli insetti, sono parenti stretti dei gas nervini, e il diserbante 2,4-D era un componente del micidiale Agente arancio, usato come defogliante nella guerra del Vietnam.
La mentalità guerrigliera che anima l’attività agricola moderna si rivela anche nella terminologia usata: gli insetti e le “malerbe” si “combattono” con gli insetti-cidi e gli erbi-cidi, (il “cidi” terminale ha la sua radice nel latino caedere = uccidere). E non è un caso che “Round-up”, il nome scelto per un erbicida oggi tanto impiegato quanto discusso per una sua possibile nocività, sia una parola inglese che tra i tanti significati ha anche quello di retata e rastrellamento.

Questa guerra contro la natura è distruttiva per tutto il creato, come lo sono le folli guerre tra gli uomini: riduce la fertilità naturale dei terreni e favorisce la desertificazione; inquina le falde acquifere e l’aria; consuma risorse energetiche non rinnovabili come il petrolio; spreca acqua; attenta alla biodiversità e alla bellezza del paesaggio; fa soffrire gli animali e ammalare gli agricoltori; produce cibo che può contenere residui di pesticidi, farmaci e altre sostanze potenzialmente nocive. La morìa degli olivi pugliesi di cui parla la nostra Sonia è uno dei tanti malefìci di questa agricoltura guerrafondaia.

Dobbiamo ringraziare papa Francesco, che, ispirandosi al pensiero del Santo di cui porta il nome, ha voluto ricordare a tutti noi che siamo “custodi, e non padroni, della terra”. È un messaggio che, inascoltato, è stato lanciato in passato anche da personalità laiche di buona volontà. Nel secolo scorso l’ecologista americano Aldo Leopold (1887-1948) ammoniva che “la terra è un partner da accudire, non un prigioniero da violentare” e prima di lui Rudolf Steiner (1861-1925), cui si devono i princìpi dell’agricoltura biodinamica e della pedagogia Waldorf, raccomandava all’umanità, e agli agricoltori in particolare, di operare per proteggere la natura, non per combatterla.
coltivazione biodinamica
Lo so, chi mi sta leggendo e crede – in buonafede o no – che senza nitrati e pesticidi non si possa coltivare la terra per farla produrre in abbondanza, e che le piante geneticamente modificate siano l’unica soluzione per risolvere il problema della fame nel mondo, starà pensando “eccolo il solito malato di ideologia acuta”. “Ideologia” è un vocabolo usato sempre più da chi non ha argomentazioni da opporre a chi la pensa diversamente e/o con onestà intellettuale. Le mie argomentazioni a favore di un’agricoltura che sia sostenibile e al tempo stesso produttiva, come la biologica e la biodinamica, le ho esposte più volte su questo blog, su Valore alimentare e sul Corriere della sera, ad esempio qui e qui, avvalendomi sempre dei dati scientifici più recenti.

Una riflessione anche sull’industria alimentare

In un frangente come questo, in cui la povertà si sta abbattendo su larghe fasce della popolazione come un macigno, essa sta adottando la politica, apparentemente encomiabile, di produrre alimenti che si vendono a basso prezzo. In realtà tutto questo è riprovevole, perché di norma molti degli ingredienti impiegati hanno scarso valore nutrizionale, o servono addirittura soltanto per far peso o volume. Ne sono esempi le bevande a base di succo di frutta, le caramelle, e certe merendine che si trovano in bella mostra sugli scaffali dei supermercati. Per il loro alto carico di zuccheri aggiunti (una porzione ne contiene una quantità equivalente ad almeno un cucchiaio pieno) questi prodotti, che è un eufemismo chiamare alimenti, sono tra i maggiori responsabili dell’obesità e delle malattie metaboliche e degenerative connesse.
Eppure si permette che questi prodotti siano non solo commercializzati, ma anche resi smaglianti con coloranti (tra cui alcuni potenzialmente nocivi) e reclamizzati dalla pubblicità per spingere al loro consumo le fasce più deboli e influenzabili della popolazione, cioè i bambini e le persone meno abbienti.
Prodotti del genere si trovano purtroppo anche nei negozi bio. Si, è vero, gli ingredienti sono bio e non ci sono coloranti (si colorano ugualmente, ma con preparati vegetali), ma il carico di zuccheri è più o meno lo stesso e il valore nutrizionale lascia ugualmente a desiderare. Da propugnatore di un bio eticamente corretto a 360 gradi, auspico che questi prodotti scompaiano quanto prima dagli scaffali dei negozi bio. Il consumo di cibo di scarsa qualità non mette a repentaglio la vita umana a breve termine né causa intossicazioni acute, ma avvelena lentamente, e può portare, a lungo andare, all’insorgenza di malattie degenerative. La previsione è che, si continuerà per questa strada, col tempo aumenterà in maniera preoccupante il numero di vecchi malati e bisognosi di cura. Se si verificasse una situazione del genere, il nostro già precario servizio sanitario non sarebbe in grado di fronteggiarla. E ancora una volta sarebbero i più poveri a dover patire maggiormente.
Expo 2015 sta aprendo le porte. Speriamo che sia davvero l’occasione giusta per discutere seriamente di tutti questi problemi e per trovare le giuste soluzioni. Poi si apriranno anche le porte del giubileo straordinario voluto da Papa Francesco (speriamo che per noi che viviamo a Roma non ci saranno più disagi di quelli che incontriamo abitualmente). È centrato sulla divina misericordia, ma potrebbe essere anche un’occasione per ricordarci che “dar da mangiare agli affamati” e “dar da bere agli assetati” sono opere di misericordia che tocca a tutti noi praticare. E i primi a praticarle dovranno essere gli organizzatori del giubileo, rimettendo in sesto tutte le fontanine di Roma (i famosi nasoni). Così si disseteranno – gratuitamente – i pellegrini.

Conclusioni

Acqua e cibo sono i beni più preziosi che la natura ci elargisce, perché, nutrendoci, assicurano la nostra sopravvivenza sulla terra. Purtroppo l’abbondanza, il consumismo e l’affarismo li hanno mercificati. Per questo non abbiamo più nessuna remora a sprecare acqua e cibo. Ed è sempre per questo che frutta e verdura, cereali, latte e tutti gli altri alimenti di vitale importanza si trovano oggi sugli scaffali dei supermercati insieme a prodotti dell’industria alimentare di scarso o nessun valore nutrizionale e addirittura ad “articoli” che nulla hanno a che vedere con la nostra alimentazione, come detersivi, deodoranti e casalinghi. Ed è sempre per questo che ci sono tanti scandali alimentari e che, ormai, si è creato tra noi e il cibo un rapporto di diffidenza.
Insomma il cibo è caduto dall’altare nella polvere e, proprio riflettendo su questo, mi immalinconisco se mi capita – raramente – di entrare in un supermercato.
Ripensiamo all’acqua e al cibo come ai beni più preziosi di cui siamo beneficiari. In questa ottica, inziative come l’approvvigionamento a km 0, i GAS e lo stesso negozio online della Sonia, acquistano anche un valore etico, se diventiamo consapevoli che non paghiamo il contadino o il piccolo produttore di nostra fiducia per aver comprato cibo, ma li ri-paghiamo del lavoro che fanno per permetterci di disporne. E l’agire secondo questa logica permette di stabilire una relazione di solidarietà tra noi che abbiamo bisogno di cibo e chi ce lo produce.
Solidarietà in questo caso sta a significare rapporto di fiducia reciproca, aiuto finanziario da parte nostra ai produttori in caso di bisogno, scelte concordate su cosa produrre e, ovviamente, diritto a produzioni di qualità. E così le nostre orecchie diventeranno sorde a certi slogan publicitari dei supermercati che impazzano sui media (“prezzo giusto tutti i giorni”, “paghi uno e prendi due”, o “sottocosto”) come furono quelle di Ulisse ai richiami della maga Circe.