Poveri noi consumatori, asfissiati da tante false (e tendenziose) notizie di carattere dietetico che ci arrivano attraverso i media e la rete, e che poi diventano miti metropolitani duri a morire! Quello dei grassi è il tema più fecondo in materia.

C’è il mito della margarina che, essendo tutta vegetale, sarebbe il toccasana per il cuore; quello del burro, da cui invece si dovrebbe stare lontani perché sarebbe una iattura per le arterie; del latte, che sarebbe meglio consumare scremato, perché quello intero conterrebbe troppo grasso, e quindi rischieremmo di ingrassare.
Salvo poi scoprire che la margarina contiene gli acidi grassi trans – superdeleteri proprio per il cuore –, che si formano per effetto del processo di idrogenazione degli oli vegetali usati come materia prima per la sua produzione; che il burro invece, se di qualità, è un grasso ricco di preziosi nutrienti e di acidi grassi a catena corta, salutari per la mucosa intestinale e il sistema immunitario (unica accortezza, non esagerare); che il latte intero è ottimo nelle diete dimagranti.

Ma i miti, si sa, sono duri a morire, specialmente quelli riguardanti l’alimentazione, perché sono sostenuti da una pubblicità asfissiante e da una nostra attitudine, acquisita di recente per effetto dei tanti scandali alimentari cui abbiamo assistito, a sospettare del cibo e a considerarlo ormai più come un veleno che come dono degli dei. E così i carrelli continuano ad essere zeppi di margarina, di latte scremato e di yogurt a grasso quasi zero per “fare l’amore con il sapore” (sic! In verità non l’ho mai capito questo slogan; lo yogurt senza grasso è proprio disgustoso, sa solo di dolce per l’aggiunta obbligata di zucchero).

Fatto il solito predicozzo da vecchio insopportabile, mi appresto a parlarvi del mito dell’olio di palma. Per trattare l’argomento ho previsto due puntate, la prima, questa, per considerare gli aspetti dietetici, la seconda, che vi presenterò tra qualche giorno, per raccontarvi degli intrighi (internazionali) che hanno portato alla criminalizzazione (a mio avviso, per certi versi, ingiusta) di quest’olio. Un vero giallo!

Il mito negativo dell’olio di palma si basa su un’argomentazione che può essere sintetizzata con questo sillogismo: “l’olio di palma è ricco di grassi saturi, i grassi saturi fanno male al cuore, quindi l”olio di palma fa male al cuore”.
Un inciso: avete notato che tutti i miti alimentari sopra citati tirano in ballo la salute del cuore? Ah questo nostro povero cuore! Un tempo era la sede dell’amore, della forza e del coraggio, adesso ci viene rappresentato dall’industria alimentare come una scarpa vecchia che, se si vuole evitare di rottamare, dev’essere tirata a lucido continuamente, anzi quasi ossessivamente, con grassi come la margarina e/o prodotti scadenti come i vari “latti” arricchiti di fitosteroli e omega-3.

Commentiamo le singole parti del sillogismo:

L’olio di palma è ricco di grassi saturi.
È vero, l’olio di palma ha un elevato contenuto in acidi grassi saturi e in particolare di acido palmitico. In pratica, se si ingeriscono 10 grammi di quest’olio (all’incirca un cucchiaio da minestra), si buttano dentro 5 grammi di grassi saturi. Gli stessi grammi degli oli comunemente usati in cucina, oliva, arachidi, girasole, mais e soia, ne apportano molto di meno (1-1,7 g);
I grassi saturi fanno male al cuore.
Va chiarito che le istituzioni preposte alla salvaguardia della nostra salute non vietano il consumo dei grassi saturi, ma raccomandano di consumarli stando sotto una soglia di sicurezza. Per una dieta normale da 2000 kcal, tale soglia è pari ad una ventina di grammi al giorno (corrispondente a circa il 10% delle calorie totali); per alcune istituzioni non si devono superare i 16 grammi (che sono pari al 7% delle calorie totali). Quindi se consumassimo tre cucchiai di olio di palma arriveremmo nei paraggi della soglia di sicurezza!
…quindi l’olio di palma fa male al cuore.
Conclusione azzardata, perché prima di criminalizzare l’olio di palma per i grassi saturi che apporta, dobbiamo considerare le nostre abitudini alimentari e capire da dove la nostra dieta attinge i grassi saturi.
La maggior parte dei grassi saturi della nostra dieta deriva dai prodotti animali, in particolare da carne e formaggi stagionati. Una persona onnivora rischia di superare la soglia di sicurezza se soltanto si fa una bella bisteccona da 200 grammi o una bistecchina da 100 grammi e 50 grammi di formaggio stagionato! I vegani invece, che non vogliono nemmeno sentire l’odore degli alimenti animali, si mantengono molto al disotto della soglia di sicurezza se seguono una dieta equilibrata. Tra queste due posizioni, la prima ad alto e la seconda a basso consumo di grassi saturi, c’è quella delle persone che mangiano di tutto ma che fanno un consumo moderato di prodotti animali, e in particolare della carne.

In quali alimenti industriali si trova l’olio di palma?

Se consumiamo cibo preparato in casa usando ingredienti freschi e olio di oliva extravergine come condimento, l’olio di palma non entra a far parte della nostra dieta. C’è invece il rischio di ingerire olio di palma se ricorriamo a certi prodotti industriali nei quali l’olio di palma è tra i principali ingredienti: nella margarina, nei prodotti da forno (grissini, merendine, fette biscottate, snack, cornetti, ecc) e in altri prodotti come patatine fritte, gelati, brodi, zuppe e creme spalmabili. Anche il bio lo impiega abbondantemente.
Se in etichetta leggete che tra gli ingredienti di un prodotto da supermercato ci sono “grassi vegetali” o “oli vegetali” è molto probabile che nel prodotto sia presente olio di palma, da solo o in miscela con altri oli vegetali.
Per darvi un’idea, vi riporto il contenuto in olio di palma (e in acidi grassi saturi) di alcuni prodotti di largo consumo riferito alle porzioni abitualmente consumate.
Margarina: 4 grammi di acidi grassi saturi per 10 grammi di prodotto;
Biscotti (al 16% di olio di palma): 2,2 grammi di acidi grassi saturi per 30 grammi di prodotto;
Cornetto industriale: 4,8 grammi di acidi grassi saturi per 30 grammi di prodotto;
Nutella: 1,6 grammi di acidi grassi saturi per 15 grammi di prodotto;
Merendina Kinder colazione più: 3,3 grammi di acidi grassi saturi per 30 grammi di prodotto;
Patatine Pringles: 3,5 grammi di acidi grassi saturi per 50 grammi di prodotto;
Patatine fritte San Carlo: 5,3 grammi di acidi grassi saturi per 50 grammi di prodotto;
Cornetto gelato Algida: 8 grammi per cornetto (in questo prodotto, stando al rapporto tra grassi saturi e insaturi, il grasso indicato in etichetta come “olio vegetale” dovrebbe essere in prevalenza olio di cocco).
Come vedete, se facciamo una valutazione comparativa di questi prodotti considerando le porzioni normalmente consumate, la quantità di grassi saturi che ingeriamo sta ben al di sotto della soglia di sicurezza (però il cornetto Algida e prodotti similari con quel bel carico di grassi saturi sono già preoccupanti!). Poi, è chiaro, la quantità totale ingerita dipende da quanti prodotti contenenti grassi saturi una persona consuma quotidianamente, dalle quantità e dalla frequenza con cui li consuma. Basta fare colazione con due cornetti alla nutella per buttare dentro oltre 10 grammi di grassi saturi! Se poi nella giornata mangio anche prodotti freschi come la carne e formaggi stagionati, la soglia di sicurezza la supero abbondantemente.
Sia chiaro, con questo non voglio spingervi al consumo di prodotti del genere, tutt’altro, e il motivo è semplice: questi prodotti, più che per la presenza dell’olio di palma, mi preoccupano per la quantità di zucchero e di additivi che di norma contengono. Nel bio, la quantità di additivi è di gran lunga inferiore ma purtroppo quella di zucchero è più o meno la stessa.
In altri termini, più che criminalizzare l’olio di palma io sarei dell’avviso di criminalizzare la dipendenza dal consumo dei prodotti industriali sopraccitati, non importa se essi contengano l’olio di palma o un altro olio vegetale. Ho usato l’espressione “dipendenza dal consumo”, per dire che lo sfizio di consumare ogni tanto e con moderazione prodotti del genere non si nega a nessuno, ma che è da condannare il consumo quotidiano e senza freni.
Sono certo che a questo punto della lettura dello spot molti di voi staranno pensato “sì, mio caro, potrei anche essere d’accordo su quanto sta dicendo, ma come la mettiamo con la deforestazione in atto per piantare palme da cocco?”. Ed io a rispondervi che sì, la vostra perplessità è legittima, ma dovrebbe valere anche per altre colture, come quelle di soia e di mais, che servono:
• ad alimentare il bestiame di tutto il mondo occidentale (e allora, se vogliamo frenare la deforestazione, incominciano a non consumare più tanta carne e soprattutto quella che proviene dagli allevamenti intensivi nei quali di soia e mais, e per di più GM, se ne dà tanto da mangiare al bestiame sotto forma di concentrati);
• per farne sciroppo di glucosio, che poi permette all’industria alimentare di fare a meno di comprare zucchero di canna, danneggiando così i contadini delle aree povere del mondo che producono canna da zucchero (e allora, se vogliamo frenare la deforestazione, incominciamo a boicottare gli alimenti industriali che contengono sciroppo di glucosio e diamo la preferenza a quelli che invece contengono zucchero di canna, così indirettamente aiutiamo anche i contadini dei paesi tropicali che coltivano la canna da zucchero);
• per produrre biogas (distruggere le foreste dei paesi in via di sviluppo per produrre potenziale cibo da trasformare poi in energia per i paesi ricchi quando in quei paesi si muore ancora di fame è un atto immorale, di cui dobbiamo tutti noi occidentali sentirci responsabili).
E allora perché si punta il dito contro le piantagioni di palma e non anche (o con la stessa veemenza) contro queste altre colture? La risposta nella prossima puntata, nella quale proverò a spiegarvi i retroscena che hanno portato anche alla criminalizzazione senza appello dell’olio di palma.
È un vero intrigo di natura commerciale. Ma giusto per non lasciarvi col fiato sospeso, anzi per tenerlo in sospeso ancora di più, vi anticipo che si tratta di una spietata guerra a colpi di dollari, che ha visto coinvolti i grandi produttori di olio di soia da una parte e di olio di palma dall’altra. C’è di mezzo anche un miliardario americano malato di cuore e il coinvolgimento del Congresso americano che… Fine della prima puntata!