Stamattina, mentre facevo colazione, lo sguardo mi si è fermato sulla porta del frigorifero, dove teniamo disegni della pulcina, biglietti da visita di produttori dei dintorni (e non) e volantini interessanti, e ho sorriso vedendo uno dei bigliettini che ogni tanto Sonia Floriddia ci manda insieme ai pacchi di farina.

Non ho potuto non pensare a quanto sia profondamente diverso acquistare il cibo da piccoli produttori che si conoscono, e con i quali spesso si entra in amicizia, in un rapporto di fiducia reciproca, rispetto alla spesa al supermercato alla quale sono stata abituata fin da piccola. O meglio, da una certa età in poi, perché ricordo molto bene che quando neanche arrivavo al bancone della salumeria la mia mamma mi ci mandava a prendere il palatone, la cocchia o lo sfilatino (tipi di pane), per non parlare delle lunghe attese insieme a lei davanti al carretto della frutta e della verdura, dove mia madre sostava per scegliere minuziosamente la mela o l’insalata che le sembrava migliore (e che venivano pesate su quelle bilance di ottone con il contrappeso… ve le ricordate? :-D)
Adesso quando decido di fare la spesa non penso che devo comprare le mele o il formaggio, ma le mele di Fontecornino (dove trovo anche dei vini molto buoni) o quelle di Casale Nibbi (dove posso trovare anche alcuni formaggi). E la stessa cosa vale per il pollo, il manzo, le carote o lo stracchino. Voglio arrivare a conoscere il viso di chi si occupa di ogni singolo alimento che scelgo. Man mano che frequento mercatini nei fine settimana, compro sempre meno nei supermercati (biologici) faccio domande e apprendo, conosco nuove realtà interessanti e oneste (sono moltissimimissime!).

Discernimento. E mi rifiuto categoricamente di subire l’affermazione: “che fortuna che hai che te lo puoi permettere, visto che lavori in casa, vivi in campagna etc”; me lo sento dire mooolto più soesso di quanto si possa credere. Non è *assolutamente* così. Non sono fortunata, o almeno non in questo senso. Tutto quello che abbiamo è frutto di sudatissime scelte, scelte che non potevamo permetterci e che abbiamo fatto lo stesso, sacrificando peraltro molte cose alle quali abbiamo rinunciato con tristezza. E sono sicura che molti di voi, chi più chi meno, sanno di cosa sto parlando per averlo provato (o starlo provando) sulla propria pelle.
È solo che fino a quando le cose non le so (e non essendo una volpe mi capita spesso) navigo più o meno a vista, ma quando scopro che una direzione è indubitabilmente sbagliata non riesco a percorrere la stessa strada nemmeno per un secondo. E questo, diciamocelo, provoca catastrofi, e collateralmente anche cose molto belle, ma complicate.
Tra le cose belle ci sono due avvenimenti che voglio segnalarvi oggi. Il primo è l’inizio della settimana della pastiera, alla quale avevo accennato qualche giorno fa e nella quale sono stata coinvolta dalla Teresa De Masi di cui spesso vi parlo.
Si tratta di una staffetta tra otto blogger; ognuna di noi pubblicherà una diversa interpretazione della pastiera, declinata secondo le proprie inclinazioni. Il gioco è piaciuto molto anche a Luciano Pignataro (anche lui pluricitato tra queste pagine), che lo ha anticipato ieri mattina in un suo articolo, e che si è offerto di trovare il vino adatto ad ognuna delle nostre interpretazioni, perfettamente in linea con lo spirito di condivisione della rete :-)
Già oggi potete andare a guardare la pastiera tradizionale senza crema di Teresa (con un’introduzione molto interessante sulla sua storia) e quella, sempre tradizionale, ma con la crema, di Assunta. Domani Tinuccia pubblicherà la ricetta della pastiera Lucana e Pasqualina quella della pastiera con il grano passato; mercoledì vedrete la mia versione, che ho voluto realizzare tutta con ingredienti provenienti da piccoli produttori, e la ricetta della torta di grano, antesignana della pastiera, di Daniela; giovedì sarà la volta di uno squisito gelato alla pastiera sul bel blog di Sara (che è anche l’autrice della bellissima foto che vedete qui sotto), e infine venerdì Caris pubblicherà un’insolita pastiera salata.

Un’iniziativa che parte dal basso, pensata e realizzata da singoli che si uniscono e interfacciano, e fruibile da un pubblico potenzialmente infinito di singole persone e famiglie. Che dice che non abbiamo bisogno di nulla che venga dall’alto, che bastiamo a noi stessi per nutrirci, divertirci e imparare :-)
La seconda cosa che voglio segnalarvi, sempre sul tema del rimanere piccoli, è un articolo molto interessante che il Corriere della sera ha pubblicato ieri sullo scottante argomento degli OGM, firmato dal nostro Matteo Giannattasio, e che sono stata veramente felice di leggere.
Purtroppo non sono riuscita a trovare la versione cartacea, ma ho bevuto avidamente quella nella sezione delle Scienze del Corriere on line. Nell’articolo il prof spiega quanto sia profonda la presunzione uomo-centrica di voler forzare la terra a produrre una quantità e una qualità di cibo che da sola non sceglierebbe mai, e quanto questa violenza sia inutile e dannosa. Smonta le insulse ragioni fanciullesche tirate fuori da personaggi anche molto in vista, e spiega di non essere affatto contrario alla ricerca sugli OGM se fatta in laboratorio e in sicurezza, ma totalmente alla loro sperimentazione sul campo (e su di noi!!!) che ritiene azzardata e pericolosa.
Anche qui, in un folle delirio di onnipotenza, alcuni dei nostri scienziati ritengono di aver trovato il modo per risolvere la fame nel mondo, creando enormi coltivazioni che i primi anni sembrano produrre in modo stupefacente, ma nel tempo rendono la terra sterile e i contadini totalmente dipendenti dalle multinazionali che gli vendono i semi transgenici e i costosi preparati che servono per le piante mutate.
È come regalare il famoso pesce al povero invece di insegnargli a pescare. Ti pulisci la coscienza facendo poca fatica, e rendendolo dipendente dai tuoi umori. Ecco quello che voglio dire, rimanere piccoli, fisicamente e nel cuore, è fondamentale. Un piccolo campo coltivato vuol dire piccoli investimenti, rischi minori, errori riparabili facilmente dai singoli e facili cambiamenti di direzione, e cibo per tutti. Essere umili, osservare e comprendere, e se si vuole aiutare farlo solo se si ha la totale sicurezza di non mettere a rischio l’equilibrio e la salute altrui.
Ci ho messo tutta la vita a capire che per capire non bisogna capire.
Solo saper ascoltare e connettersi, alle persone, al mondo, al tutto.