Qualche post fa vi ho parlato del libro, secondo me molto bello, di Sabine Eck, “Il sale fa bene”, e vi ho accennato al fatto che avevo ancora qualcosa da dirvi su ciò che ho imparato tra quelle pagine semplici e complicate allo stesso tempo.

In uno dei discorsi che Sabine fa nel libro, spiega qualcosa che ha a che fare non solo con il cibo in sé, ma anche con alcuni comportamenti strettamente legati ad esso, ed è talmente illuminante che devo raccontarvelo assolutamente.
Mi rivolgo in particolare alla miriade di donne che in questi anni mi hanno raccontato di aver iniziato l’ormai nota “terapia ormonale” dopo la menopausa, e alla gigantesca confusione che c’è (in me per prima) sulla relazione tra calcio contenuto negli alimenti e osteoporosi che incombe (cose tipo: latte sì latte no, formaggi sì formaggi no e così via).
Prima di tutto però vi accenno la posizione della bioterapia nutrizionale riguardo questo problema, che non colpisce più solamente le donne in età avanzata, ma persone di entrambi i sessi e di tutte le età (anche molto giovani).
Modificare la propria dieta aumentando semplicemente l’introduzione del calcio e consumando ad esempio più latte o formaggio è secondo la bioterapia totalmente inutile; un maggiore apporto di questi alimenti pare anzi possa addirittura aggravare la situazione.
È necessario semmai accoppiare ai formaggi (scegliendo tra quelli poveri di sodio e di sali minerali) alimenti ad azione estrogenica, come la salvia, la soia (non ogm), la papaia, e altri ricchi di ferro, sempre però a seconda del metabolismo personale (ricordate sempre che un’associazione alimentare che va bene per uno può essere assolutamente controindicata per l’altro).
Ricordate sempre che la bioterapia è una scienza molto complicata e non si può improvvisare (i bioterapeuti sono tutti medici chirurghi specializzati poi in bioterapia nutrizionale), senza avere le conoscenze necessarie si potrebbe ad esempio pensare di utilizzare allo scopo la farina, che contiene alcune sostanze estrogeno-simili; un bioterapeuta però vi direbbe che durante la sua metabolizzazione viene prodotto acido fitico, che riduce l’assorbimento di calcio nell’intestino.

Pare che un sintomo tipico della carenza di calcio sia un caratteristico dolore al pollice destro, che molte donne avvertono durante e dopo l’allattamento (e che generalmente scompare infatti facendogli bere un bicchiere di latte); naturalmente anche in questo caso l’uso del formaggio non può essere consigliato a priori, perché potrebbe avere molte controindicazioni (ipertensione, aumento di peso, ritenzione idrica. stitichezza, insonnia, variazioni umorali importanti e così via), a seconda del metabolismo della donna in dolce attesa.
Questo per quanto riguarda l’alimentazione in senso stretto. Nel suo libro la Eck amplia però notevolmente il discorso, facendo risalire la carenza di calcio anche a qualcosa alla quale non avrei mai pensato :-)
Nel discorso che vi citavo più sopra, Sabine spiega che il nostro stomaco produce acido cloridrico, che serve a pre-digerire (soprattutto) le proteine, disinfettare il cibo e portarlo alla temperatura del corpo.
Quest’acido viene prodotto da cellule della parete gastrica, che da una parte si affacciano verso il lume gastrico (producendo acido cloridrico, che è… acido) e dall’altra verso le vene gastriche (producendo bicarbonato, che è alcalino).
Nel nostro corpo acidi e alcalini dovrebbero essere in equilibrio. Ci servono tutti e due, l’uno non dovrebbe prevalere sull’altro.
Il nostro organismo produce acidi con lo stress, il poco movimento, il poco riposo, assumendo farmaci e mangiando alimenti acidi (come carne, cereali raffinati, zuccheri raffinati, bibite gassate, alcoolici e caffé).

Produce invece alcalini durante il movimento all’aperto, quando si riposa bene durante la notte, mangiando verdura, patate, frutta matura di stagione appena raccolta (e altre cose per le quali vi rimando al libro), e sopra tutto quando si ha un atteggiamento positivo (vale a dire quando non si critica, non si giudica, non si fanno commenti negativi, neanche mentalmente).

Il nostro modo di vivere ci porta purtroppo a pendere decisamente dal lato acido (anche caratterialmente!).
Quando nel nostro organismo c’è un eccesso di acidità, lo stomaco produce bicarbonato, e conseguentemente acido cloridrico, che può irritare la mucosa gastrica e portare alla gastrite, che quindi non è altro che la risposta del nostro organismo all’eccesso di acidi.
Il punto è che il nostro organismo ha però anche un altro modo per compensare gli acidi in eccesso, ed è… utilizzare i minerali (che sono alcalinizzanti) che si trovano nelle ossa, cosa che a lungo andare porta (musichetta dello squalo) all’osteoporosi.
Tornando a Sabine, e per concludere il discorso, ciò che mi ha colpita tanto è quell’accenno alla nostra generale acidità caratteriale :-P
Mi ci sono ritrovata tanto, mea culpa. Sono stata abituata da sempre a giudicare, spesso anche aspramente, i comportamenti che non approvo; più di tutto mi fanno arrabbiare terribilmente le ingiustizie e le menzogne, la slealtà, la disonestà. Forse ancora di più l’ignavia di chi tutte queste cose le subisce senza reagire.
Tutto questo livore mi farà ritrovare, nonostante la mia attenzione a ciò che mangio, con un’osteoporosi galoppante nel giro di due o tre mesi (vabbeh, quattro)?
Devo assolutamente ricordare le parole di Sabine, ripetermele ogni giorno: non conta cosa si fa, ma *come* lo si fa. Si possono lavare i piatti imprecando perché è noioso o faticoso, o godendo l’acqua calda che scivola sulle mani e ricordando che siamo in pochi ad avere questo lusso. Questo non sarebbe neanche difficile per me: tra i miei difetti non c’è proprio quello di lamentarmi delle situazioni contingenti.
La parte complicata però sarà capire come fare a combattere le mie imprescindibili battaglie *senza* acidificarmi.
Da oggi ci provo. Se avete suggerimenti per diventare zen (ma senza haiku per favore, ché non li capisco) fatemi sapere :-)