Io, per me, quando l’ho visto per la prima volta (prima di una lunga serie: conosco a memoria ogni singola scena di quel film) sono uscita fuori dalla sala del cinema abbastanza sconvolta. Parlo del primo; il due e il tre li ho trovati penosi – una resa o un imbroglio – non saprei come definirli.

uscire da matrix

Subito dopo non facevo che pensare: “ma che, si possono dire queste cose in un film? Mostrare la realtà così spudoratamente, e glielo fanno fare? O forse siamo a tal punto inebetiti che chi di dovere ha lasciato con leggerezza che un messaggio così importante arrivasse al pubblico, senza pensare che ancora qualcuno c’era, che avrebbe potuto capire. E ricordare, come in un sogno, ciò che siamo, o meglio ciò che siamo nati per essere?”

Non so da chi originariamente sia partita l’idea, perché sono convinta che quando certe cose vengono fuori siano frutto della coscienza collettiva. Però la verità, signori, è che più vado avanti nella mia ricerca sul cibo, più mi rendo dolorosamente conto che dentro la Matrix ci hanno ficcati da un gran bel po’.

Adesso non dico che la cosa sia partita dal cibo; solo che questo è il campo che personalmente sto indagando e la mia prospettiva parte da qui. Ma ciò di cui sono certa è che la farsa è dappertutto, e che da qualunque capo si tiri il filo, si arriva comunque a uno spaventoso groviglio nel quale siamo impantanati.

A quanto pare però l’orizzonte comincia a schiarirsi; per fare un esempio che tutti conoscono c’è Pollan (ma non è certo il solo) a dirci che la gestione centralizzata (non solo del cibo) ha fatto fiasco, che il latifondo funziona peggio della cooperativa di piccoli produttori (oltre a distruggere lentamente ma sistematicamente le nostre risorse), che insomma il capitalismo è fallito, il comunismo è fallito, e che siamo già in uno stadio avanzato della ricerca di un nuovo ordine economico, che nasca dal basso invece di caderci in testa dall’alto, che sia orizzontale invece che verticale, che insomma ci metta in grado di autogestirci, di non aver bisogno che le cose primarie ci vengano offerte con finta paternalità, che poi dobbiamo anche ringraziare per quello che ci danno, anzi che ce l’hanno dato.

E la scelta da fare è la stessa di Matrix, identica: consapevolezza sì, consapevolezza no. L’altro giorno, nel giardino della casa di amici, che posseggono un pozzo (quindi non dipendono dall’acquedotto), un termocamino (quindi non dipendono dalla società del gas), un pezzo di bosco (combustibile a go go), un braciere, un forno e un orto, pranzo più o meno consapevole (io mangio solo ciò che posso, lo so si risulta odiosi, ma non mi avveleno, neanche per amicizia) qualcuno tira fuori la viennetta. Non lo faccio mai, ma stavolta mi metto a leggere pubblicamente gli ingredienti, e spiegarli. È un coro di “non voglio saperlo”. Pillola azzurra, fine della storia.

uscire da matrix

Il pasto nudo è concepito per chi sceglie la pillola rossa. È inutile passare di qua se avete paura di uscire dalla realtà parallela nella quale siamo stati calati, con che, e se con qualche, scopo questo ha poca importanza. Qui ci vuole coraggio, forza e determinazione. Onestà, sopra tutto con se stessi. Tutti valori che ci sono stati levati dalle mani come ad un bimbo si toglie un oggetto pericoloso, distraendolo con qualche sciocchezza.

Non perdiamo tempo a lamentarci che questi ideali non esistono più, invece perseguiamoli personalmente. Partiamo dal pane fatto in casa ed espandiamo la riappropriazione di questa, e delle altre conoscenze che inevitabilmente seguono, al di fuori della cucina. Partiamo dalla consapevolezza del cibo e riprendiamoci la consapevolezza di vivere.

So che mi sto giocando la simpatia e l’approvazione di molti, con questo post. Quelli che non vogliono altri problemi, o sono troppo stanchi, o non vogliono aprire gli occhi e basta. Perdonatemi, io non so essere che così. Peggio per me, che non posso neanche fare un click e guardare da un’altra parte.

Allora? Chi resta nel paese delle meraviglie, e viene a vedere quant’è profonda la tana del bianconiglio? :-)