Sono molto emozionata di dare il via a una nuova rubrica a cui tengo molto (motivo per cui fino adesso non avevo mai osato toccare l’argomento): finalmente potremo parlare dell’infuso che più amo, il tè, e imparare le tantissime cose che ci sono da sapere sulle foglioline più famose del mondo :-)

So che molti (e tempo fa ero tra questi) potrebbero chiedermi che differenza può esserci tra un tè e l’altro: l’opinione corrente qui da noi è che un tè è un tè, a stento riconosciamo un tè nero da quello verde (e qualcuno quello bianco), ma quasi tutti non sanno nemmeno qual è veramente la differenza tra questi tipi di foglie.
Oltretutto, e quello che più ci interessa dal punto di vista della consapevolezza, la stragrande maggioranza del tè che beviamo è un vero e proprio infuso di pesticidi; attualmente l’unico modo per riconoscere foglie di tè non trattate è acquistare tè biologico certificato. Certo, però se avessimo un esperto che conoscesse il tè *personalmente*… e per personalmente intendo qualcuno che sia stato sul posto, a guardare come il tè è stato coltivato, a conoscere le persone che se ne sono occupate e a chiacchierarci da esperto a esperto.
Uno come Giustino Catalano, insomma. Nonno paterno mediatore di vini e olii, nonno materno pasticciere, innamorato del tè da quando aveva 17 anni, docente di numerosi master sul tè. Del quale potete leggere da Acilia qui e qui, ma che non ha molto bisogno di presentazioni, anzi forse la migliore presentazione per lui è la frase con la quale apre il sito della condotta slow food valle caudina, fondata da lui tempo fa:

Restituire dignità e diritti al piacere del cibo, del vino e della convivialità, nel segno della misura e del buon gusto; salvaguardare la varietà e diversità delle cucine regionali, delle produzioni tipiche, delle specie vegetali e animali contro l’omologazione e l’appiattimento; attuare un programma di educazione del gusto, per restituire ai sensi il ruolo di strumento di conoscenza e di piacere e favorire un corretto rapporto dei giovani con il cibo; informare il consumatore; favorire un turismo attento e rispettoso dell’ambiente; promuovere iniziative di solidarietà in campo alimentare.

Giustino mi ha anticipato che intende testare con noi molti tipi di tè, comuni, e assolutamente fuori dal comune, certificati biologici, oppure… consapevoli, vale a dire ottenuti con tecniche sostenibili e rigorosamente esenti da pesticidi. Siete curiosi? Io da morire :-)
Vi lascio alle parole del nostro nuovo mentore, e vado a prepararmi un tè… qualsiasi. Ma ancora per poco! :-)

“Tenere una rubrica sul tè sul pasto nudo? che bello! Perché no!”
“Allora dai mandami una tua biografia e con calma preparami un articolo!”
“Non c’è problema!”

Già! Non c’è problema. E ora che dico? Cosa scrivo?
Certo che izn mi ha messo davvero in un bell’impiccio!!! :-D
Perché, fondamentalmente, essere raccontati è cosa che impegna poco il personale ma raccontarsi diventa complicato. Dico troppo, dico troppo poco…
Guardando la presentazione di izn mi sono reso conto anche che tale difficoltà non era solo mia e mi sono rincuorato. Ci provo e mi scuso anticipatamente se dirò poco o troppo o cose di scarso interesse.
Approdo all’enogastronomia per destino familiare, per genetica. A volte scherzando dico “per volontà divina”!
Mio nonno paterno (del quale porto anche il nome) era un mediatore di vini ed olii che sino agli anni ’30 dello scorso secolo, prima che la fillossera distruggesse il nostro primato nel campo della vitivinicoltura, preparava i liquer d’expedition per la Moet Chandon.
Mio nonno materno, invece, siciliano di origini modicane, proveniva da una famiglia di pasticceri di generazioni e faceva un secondo mestiere che oggi sta diventando comune ma che per l’epoca era veramente innovativo: il consulente gastronomico.
Così la mia infanzia e pubertà si è svolta tra i vigneti e quest’omone di circa due metri che, benché totalmente astemio, assaggiava vini decifrandone gradazione, difetti e altro, e un normanno, biondo dagli occhi di un azzurro simile al ghiaccio delle montagne d’alta quota, che scrutava dolci rilevandone difetti ed imperfezioni tecniche.
Benchè però avessi avuto la fortuna di poter fruire di due figure così formanti, peraltro ben prodighe di consigli e spiegazioni che oggi per me valgono il mio tesoro personale dal quale attingere sempre, sino ai 17 anni la mia vita è stata più di “accompagnamento” che di partecipazione.
Così otto mesi l’anno vivevo a Napoli con il normanno, e i restanti quattro (tutti estivi) in campagna con il gigante, cadenzando le giornate tra la cantina e l’orto familiare, tra cipolle ed agli intrecciati e commesse di vino o di olio extravergine d’oliva.
A 17 anni passando per piazza del Gesù a Napoli fui attirato dalla vetrina di un bar che esponeva ben 46 scatole di Tè Twinings, tutte di differente colore e con nomi diversi. Una vera folgorazione. Tutto di un tratto il tè diventava *i tè*.
Una nuova visione di un prodotto. Così ho cominciato a comprarli… tutti!
Ad acquistare teiere, tazze e altri strumenti ed a prepararmelo a tutte le ore della giornata. In una modalità che ripensandoci oggi mi viene da ridere fino alle lacrime ma con passione. Poi i viaggi, i corsi e la passione hanno fatto sì che potessi migliorarmi.
Ed eccomi qui dopo 32 anni di tè! Meridionale con una passione smodata per il tè e il riso, due ingredienti che alle mie latitudini sono considerati “terapeutici”. Da ricorrervi in caso di imbarazzi o indigestioni!
Il mio carattere? Glisso per non far scemare quel poco di simpatia che magari ho raccolto!
Sul lavoro sono rigoroso. Prima di tutto con me stesso e poi con gli altri. Non mi piace l’approssimazione, l’arraffazzonamento o il parlare senza sapere. Non tollero chi è cattedratico e, men che mai, chi è geloso di ciò che sa.
Questo ultimo punto è la motivazione principale per la quale io stesso ho proposto alla mia amica e conterranea che mi ha accolto in questo bellissimo blog, una serie di interventi modulati come un corso.
Il sapere è un patrimonio culturale da condividere con tutti.
Del resto, a voler essere sinceri, l’essere in grado di leggere non significa necessariamente capire! ;-)
Giustino Catalano