Credo che novembre sia il mese in cui maggiormente si notano le contraddizioni della nostra società, quella che ci vuole sempre sugli stessi livelli energetici (massimi, chiaramente), per tutto l’anno. Indipendentemente dalla quantità di luce, di sole, di acqua. Per me, in novembre, ci dovrebbe essere almeno una settimana di riposo legalizzato. Chi vuole se ne sta a casa, in ferie, e riprende un attimo fiato.
zucca novembre
Qui al Nord ci sono le Herbst-Ferien, le vacanze d’autunno (scuole chiuse, chiaramente): una settimana; in alcuni Land qualche giorno di più. Ma basta, eccome, per adattarci al cambio di luce e riprendere il passo. Novembre è un mese lungo. E faticoso. E umido. E, se si è particolarmente fortunati ( ;-)), anche con un bel po’ di nebbia. Con ottobre, in qualche modo, si chiude la stagione agraria. E con novembre si riapre il ciclo. Ne abbiamo la dimostrazione in tanti rituali agricoli, in quasi tutte le regioni italiane.
Non è un caso che, in epoca pre-cristiana, quello che oggi si festeggia come Ognissanti fosse in realtà il Capodanno. I vecchi contadini (se mi sente mia madre… eh eh) ricordano novembre come un mese di mezzo: non ancora il riposo totale invernale, perché c’erano comunque le ultime semine, o la legna da preparare per l’inverno. Ma nemmeno il lavoro frenetico estivo. L’11, il giorno di San Martino, era tradizione traslocare, così come pure rinnovare i contratti agrari. Mmm… un qualcosa tipo tirare le somme, fermarsi un poco a pensare a come era andata la stagione. Mettere in ordine. Rilassarsi un attimo. Lasciarsi andare all’introspezione, più che all’attività frenetica. Che è poi quello che succede fuori.
C’è una stagione in cui la natura nasce, cresce, poi esplode; ed una in cui muore per rinascere ancora. Io scriverei per ore, di questo. Ma c’è chi lo sa fare meglio di me, e con più cognizione di causa. Si chiama Micaela Balìce, e studia le tradizioni contadine da anni. E, ancora meglio che riportare quello che scrive, penso sia visitare il suo sito, Strie (il fisico teorico è felice, che vede confermata la sua idea che io sia “zu Frau und zu Hexe”, troppo donna e troppo strega eh eh). Lo trovo estremamente affascinante, proprio perché permeato da questa idea di circolarità del tutto, con tante storie di contadini antichi e moderni.

Ma veniamo al cibo! Appena arrivata qui soffrivo terribilmente, specialmente in novembre, per la mancanza di luce e per l’umidità eccessiva. Grazie ad una conoscente nutrizionista (ed esperta in medicina tradizionale cinese), ho scoperto che gli alimenti che portiamo in tavola possono fare molto. Davvero. Lei mi disse: “Fai un brodo, la sera, ma non con tanta carne. Anche niente. Basta che ci sia un osso. Di animale che ha vissuto felice, però, perché ne prendi l’essenza”.
E, davvero, il discorso non fa una piega: fuori, in natura, si sta passando dal vecchio al nuovo, e l’essenza della vita viene tramandata da un ciclo all’altro: l’energia più profonda, la luce che in questo mese è concentrata sotto terra per riscaldare i semi. E mai come in questo mese il nostro corpo e le nostre ossa hanno bisogno di luce, nel piatto.

Ho un amico contadino che la sera, in novembre, accende una candela di cera d’api e sorseggia mezzo bicchiere di vino novello, rosso. Perché tradizione vuole che a San Martino si assaggi il vino nuovo… Io sono sicurissima che lui non abbia nessuna conoscenza di medicina spagirica o cinese e, in effetti, forse, è solo un caso che i colori di novembre, per queste tradizioni antiche, fossero l’amaranto (rosso vino), il verde e l’arancione. Caso o non caso, io so che il mio corpo mi chiede a gran voce zuppe di zucca (Hokkaido, di quell’arancione che più arancione non si può!) e cachi e porri e olio di oliva sul pane. E che, se lo accontento, è più felice.
A proposito di olio di oliva: novembre è anche il mese della raccolta delle olive. Questo, però, mi scombussola un poco, perché mi sa che nelle zone dove si produce olio non c’era tanto da riposarsi, in novembre… mmm… talvolta l’Italia è molto più complicata del resto d’Europa; e riaffiorano tutte le mie limitazioni nordiche. L’altro giorno, per chiudere il cerchio, pensavo ai Fiori di Bach e ad Olive, il rimedio consigliato contro l’affaticamento, la spossatezza e lo stress mentale e fisico. Sempre per un caso, chiaramente ;-).
Ci sarebbe un altro trucco, per non essere del tutto sopraffatti dal buio di questi giorni. Beh, è quasi come scoprire l’acqua calda, in effetti. Quando ero piccola, in autunno, andavo sempre volentieri in una stanza al piano di sopra, non abitato, dove mia madre teneva le marmellate e le conserve e mio padre attrezzi vari e bocce dell’albero di Natale. Ed io carabattole e vecchi libri e giochi che non usavo più (invece odiavo andare in cantina, dove c’era il vino e le patate ed il buio e la ghiaia. Mi sa che forse è tempo di rileggere “La poetica dello spazio”, di Gaston Bachelard…). Un’altra madeleine, in questo puzzle di ricordi sensoriali che si sta componendo da quando sono lontana. Bene, quella era la stanza dove si conservava la frutta per l’inverno. C’erano casse di mele, pere, cachi, kiwi, castagne e mandorle e noci. Ed un profumo forte e delicato allo stesso tempo.
Ora ho preso anch’io l’abitudine di tenere sempre un cesto, in cucina, con la frutta e la verdura di stagione. Ogni tanto tolgo qualcosa e aggiungo qualcos’altro. Mi sembra di essere in qualche modo ancora più in sintonia con quello che succede fuori, e mi regalo ogni giorno una seduta di aroma e cromo terapia gratuita (stimolando le difese immunitarie, peraltro, il che non guasta)! Qui lo fanno quasi tutti… nell’ingresso, soprattutto. Per noi ci pensa la bimbetta, che per lei è normale riempire il davanzale di quello che raccoglie durante le passeggiate: al momento ci sono foglie di tutti i colori e castagne e rametti di ogni tipo. E terra.
Allora, vediamo di tirare le somme: i cibi ideali, a novembre, sono quelli che portano luce nei nostri piatti. Luce arancione, antidepressiva, che è meglio, e verde, e amaranto (Izn, mi sa che qui non riesco a trattenermi a lungo: nel prossimo post voglio proprio scrivere di cromoterapia culinaria, deciso!): zucca, carote, cachi, alchechengi, olive, olio d’oliva, vino novello, verze, cavoli, porri, insalatine autunnali. Grazie all’avventura nel Pasto Nudo sto scoprendo alcuni blog veramente sorprendenti: quello di Salsadisapa è uno di questi, con tanto di lista dei cibi di stagione.
Sconsigliati, invece, i succhi di frutta, troppo acquosi. Meglio la frutta da mordere, polposa, ecco. Non esagerare nemmeno con latte e uova. E, se proprio vogliamo seguire i ritmi naturali, sarebbe opportuno evitare i cibi troppo piccanti ed i profumi troppo forti (naturali, come l’aceto o il pepe, ma anche artificiali). Il nostro corpo, in questo periodo, non trae molto giovamento dai cambi repentini, che preferisce le sfumature.
E, in un momento in cui la terra fermenta, macerando foglie, semi e resti di piante, si dovrebbe notare lo stesso fenomeno nella nostra, di terra, l’intestino. Pare che i monaci consigliassero di non interferire con il lavoro di… ehm… gorgoglìo intestinale tipico di questo periodo. Niente lassativi, insomma. Al limite grandi insalate di valerianella, che pare abbia notevoli proprietà depurative, rinfrescanti e anti-fermentative. Oltre a sali minerali e vitamine. È pure utile in caso di insonnia, per le sue proprietà leggermente sedative.
Mi sa che stasera, a cena, zuppa di zucca e insalata di valerianella. Poi un mezzo bicchiere di vino novello riscaldato dalla candela di cera d’api. E sogni d’oro a tutti!