In questo periodo si stanno susseguendo nella mia vita quel tipo di cose che ti fanno tornare indietro all’infanzia, e ricominciare a credere (ma quando mai ho smesso) che i maghi, le fate e il binario 9 e 3/4 di Harry Potter siano sempre esistiti e rimangano semplicemente intangibili a chi non vuole vederli.
leggero come una piuma
Una di queste cose è stata, attraverso il pasto nudo, conoscere tante persone che vivono in mondi simili al mio per tanti aspetti, ma con diverse sfumature che li rendono terribilmente attraenti e interessanti. Donne come Claudia, che come vedrete dalle righe che leggerete tra poco, ha seguito strade che costeggiano quel tipo di sana incoscienza che ti porta a vivere esistenze diverse dal normale, per intensità, varietà… magia.

Con questo non voglio certamente dire che una vita vissuta “normalmente” sia meno speciale. Credo però fermamente che non conti cosa si vive, ma sempre *come* lo si vive. Taglio subito corto, perché voglio lasciare la parola a Claudia e alle cose stupende che scrive; dopo qualche mail che ci siamo scambiate ho intuìto che se lei avesse acconsentito a condividere le sue esperienze e il suo coraggio, avrei dato al pasto nudo la possibilità di espandere la sua energia verso di voi. Come al solito mi sento a disagio se non posso comunicare le mie scoperte (quelle che facevo leggendo le sue mail) al mondo, e sapevo che non avrei mai saputo farlo come lei, che lei era *la* scoperta :-)

Così, dopo un po’ di subdole manovre psicologiche da parte mia, Claudia ha acconsentito ad aprire una finestrella sul suo mondo incredibile, ed è nata la rubrica “il cibo nudo”, che è una figlia naturale del pasto nudo, solo più incentrata sul cibo, sulla sua stagionalità, sulla sua influenzabilità da parte della luna e degli altri pianeti, e su altre informazioni che vi lasceranno piacevolmente stupiti, e che hanno come denominatore la semplicità, la leggerezza, anzi, come dice Claudia, la levità.

Eccomi!
Un paio di mesi fa, per caso (e sul fatto che le cose succedano per caso ci si potrebbe intrattenere per ore, magari sorseggiando bevande calde e smangiucchiando croccantezze, ma non ora…), ho bussato alla porta della cucina di Izn, perché volevo a tutti i costi preparare delle crocchette di zucchine e cercavo nuove idee. Sono rimasta quasi “stregata”, per la strana energia che si muove, in queste stanze. Davvero.
Chiacchiera che ti chiacchiera, Izn mi ha invitata a venire a trovarla piú o meno regolarmente. Insomma: io ci ho pensato, e ripensato, e ripensato. Perché certe volte non ci si sente all’altezza.
Poi, la settimana scorsa mi é venuta voglia di rileggere un vecchio libro. Appena preso in mano, ne é uscito un biglietto, tutto stropicciato ma ancora leggibile:
“Chi manda rose illumina i volti.
Chi dorme coi cani si sveglia con le pulci.
Solo il cattivo nutrimento porta stanchezza,
arte della vita anche si chiama, non provare sorpresa
quando raccogliamo quel che abbiamo seminato.”

Ron Fischer
Io non so chi sia questo Ron Fischer. Peró, eccomi qui. Izn mi ha chiesto anche di presentarmi. Io sono negata.
Che, quando hanno distribuito il dono della sintesi, stavo sicuramente parlando con qualcuno… e poi mi viene sempre una leggera ansia, quando devo mettermi una “etichetta” (era Kierkegaard, il danese che diceva “Mettetemi un etichetta e mi avrete annullato”? Qualcuno lo sa?)
Ecco. Fino alla laurea é facile, ci riesco.
Geografia della percezione di un territorio (turistico, la tesi, ma poi non solo).
Che, tradotto per come mangio, significa: ognuno si forma un’immagine diversa di un luogo, influenzata da parecchi fattori (culturali, di solito).
Imparare a conoscere la complessitá dei luoghi. Vedere cosa manca e proporlo. Migliorare quello che giá esiste e creare nuove possibilitá. E comunicarlo, con progetti adatti, soprattutto ai bambini, perché se crescono amando il loro territorio (e tutto quello che ci dona), difficilmente, da adulti, ne faranno scempio. Questa era la vita precedente. Sempre di corsa. In Italia.
Da quattro anni a questa parte, una vita nuova. In un posto lontano, umido, che negli ultimi vent’anni la storia ha reso particolarmente complesso; nel Nord Europa, un poco ad Est. Una specie di contrappasso, perché qui, se c’é una cosa alla quale sono refrattari, è proprio la “Qualità Dinamica”, per dirla alla maniera di Robert Pirsig. In confronto all’Italia, qui non c’é niente. O, meglio, niente di quello che nel nostro Paese viene considerato “di valore”.
Niente cellulari, niente vestiti di marca, niente “alla moda” (la prima cosa che ho notato, appena arrivata, sono state le toppe sui pantaloni dei bambini, e nemmeno collegate alle possibilitá economiche della famiglia di provenienza). Ma anche niente traffico, niente fretta, niente code, niente smog.
E, per la maggior parte della gente che qui è nata, niente soldi.

Il vuoto. A molti genera orrore, specialmente quelli cresciuti come me, a Pan di Stelle e SuperTelegattone. La crisi, e la scoperta che non avrei avuto l’energia necessaria per affrontare degnamente queste latitudini cibandomi come se fossi in Italia. La mia dieta mediterranea non mi avrebbe reso felice. Anzi. Così, oltre al vuoto culturale, anche il vuoto alimentare.
E, dal vuoto, per non cadere in depressione come l’80% dei miei concittadini, sono uscite le mie passioni di sempre: la cucina ed il territorio; ma stavolta ho fatto un passettino in avanti, che le ho messe assieme. Da qui allo studio del perché valga la pena cibarsi di quello che la natura produce nella regione dove si vive e, soprattutto, quando lo produce, il passo é brevissimo. Anzi, si é giá arrivati. Beh, sempre senza integralismi, che a me quelli proprio non piacciono. Figuriamoci poi quelli alimentari (che ogni tanto mi prende una voglia di pesto, qui al nord…)!

L’idea del “tutt’uno” tra uomo e natura, del microcosmo e del macrocosmo, non è nuova. L’unica differenza credo stia nel fatto che adesso ha un altro nome, “olistica”. Ma tutte le culture, anticamente, l’hanno sempre saputo. Indiani d’America, Ayurveda, Medicina Tradizionale Cinese, medicina spagyrica di Paracelso, alchimia, tradizioni alpine, testi sacri. Pare che sempre piú persone del mondo “sviluppato” sentano il bisogno (anche e soprattutto fisico, visto l’aumento incredibile di malattie “da stress”) di abbandonare molto di quello che per anni ci hanno convinti fosse indispensabile. Ma se siete finiti su questo blog, è inutile che vi spieghi cosa penso al proposito… ehm… andate direttamente all’introduzione di izn ;-))
Fino a pochi decenni fa erano conoscenze normali, che si tramandavano di padre in figlio (madre, figlia, zia, nonna, genero…). I ritmi delle stagioni, soprattutto, che mi hanno fatto vedere il luogo in cui vivo sotto un’altra luce, che hanno ampliato a dismisura la percezione del territorio in cui vivo, e con sempre maggior stupore-misto-meraviglia.
“Scoprire” una nuova verdura, regalare al cervello (e al corpo) un profumo o un sapore mai provato prima, invece di lasciarlo lì a impigrirsi sempre con gli stessi alimenti (vivi? morti? così così?), cambiare la propria alimentazione in modo da trovare il nesso tra ciò che si mangia e la stagione, il clima, il luogo in cui si vive… beh, io credo mi abbia reso piú ricca.
Alcuni paragonano il corpo umano ad una macchina perfetta. Ecco, sarà ben importante quale benzina ci mettiamo? O usiamo l’antigelo e le gomme da neve in agosto? Io ho avuto la fortuna di avere dei genitori pseudo-contadini, e molto di questo sapere, involontariamente, l’ho respirato fin da piccola (è sempre stata una cosa normale osservare in che fase si trovasse la luna prima di far legna o prima della semina). Ma credo che sia in qualche modo “saltata una generazione” (o due). Che molti nonni o genitori non abbiano ritenuto necessario trasmettere questo tipo di conoscenze ai loro figli o nipoti. In effetti, per come si stava sviluppando la società del dopoguerra, con il boom economico e tutto il resto… quantomeno non è stata un’omissione fatta in malafede, ecco.
A me, però, sembra sia un peccato che queste conoscenze vadano perse. C’è così tanto…
Che dire? Iniziamo con ottobre?